Non fece forse la volontà del Padre la vergine Maria, la
quale per la fede credette, per la fede concepì, fu scelta perché da lei la
salvezza nascesse per noi tra gli uomini, e fu creata da Cristo prima che
Cristo fosse creato nel suo seno? Santa Maria fece la volontà del Padre e la
fece interamente; e perciò vale di più per Maria essere discepola di Cristo
anziché madre di Cristo; vale di più, è una prerogativa più felice essere
stata discepola anziché madre di Cristo. (Serm. 72/A, 7)
La Chiesa assomiglia a Maria che partorì il Signore.
Forse che santa Maria non partorì da vergine, e vergine rimase? Così anche la
Chiesa partorisce ed è vergine. E se consideri bene, essa partorisce il
Cristo, perché son membra di Cristo quelli che vengono battezzati ... E se
partorisce membra di Cristo, essa è somigliantissima a Maria. (Serm.
213, 8)
Se Maria fu beata per aver concepito il corpo di Cristo,
lo fu maggiormente per aver accettato la fede nel Cristo ... Di nessun valore
sarebbe stata per lei la stessa divina maternità, se lei il Cristo non
l'avesse portato nel cuore, con una sorte più fortunata di quando lo concepì
nella carne. (De s. virg. 3, 3)
Santa è Maria, beata è Maria, ma più importante è la
Chiesa che non la vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della
Chiesa, un membro santo, eccellente, superiore a tutti gli altri, ma tuttavia
un membro di tutto il corpo. Se è un membro di tutto il corpo, senza dubbio
più importante d'un membro è il corpo. (Serm. 72/A, 7)
Chi infatti non vuole farsi vincere dalla verità, resta
vinto dall'errore. Oh, se si lasciassero vincere dalla carità invece che dalla
collera passionale! Risulterebbero vincitori proprio per il fatto di essersi
lasciati vincere. (Serm. 358, 1)
Pertanto ogni uomo è separato da Dio fino a quando per la
mediazione del Cristo non è riconciliato con Dio; e nessuno può essere
separato da Dio se non a causa dei peccati che lo tengano lontano da Dio, e
può essere riconciliato solo con la remissione dei peccati, in virtù
dell'unica grazia del misericordiosissimo Salvatore, in virtù dell'unica
vittima offerta dal verissimo Sacerdote. (De praed. sanct. 1, 28,
56)
L'anima del Mediatore ha provato che non era la pena del
peccato che lo conduceva alla morte del corpo, perché egli non lo ha
abbandonato contro la sua volontà ma perché lo ha voluto, quando lo ha voluto,
come lo ha voluto. (De Trin. 4, 13, 16)
Egli ci riconcilia con Dio per mezzo del suo sacrificio
di pace, rimanendo egli tutt'uno con Dio a cui si offriva, facendo tutt'uno in
sé coloro per i quali l'offriva, tutt'uno essendo lui che offriva con ciò che
offriva. (De Trin. 4, 14, 19)
Ignoranza e debolezza sono i vizi che impediscono alla
volontà di determinarsi a fare un'opera buona e ad astenersi da un'opera
cattiva. Ma che diventi noto quello che era nascosto e soave quello che non
dilettava è dono della grazia di Dio, la quale aiuta le volontà degli uomini.
(De pecc. mer. et rem. 2, 17, 26)
Il Signore, Dio buono, non dona talvolta nemmeno ai suoi
santi o la scienza certa o la dilettazione vittrice di qualche giusta azione,
perché sappiano che non da se stessi, ma da lui ricevono la luce che illumina
le loro tenebre e la soavità che fa dare alla loro terra il suo frutto. (De
pecc. mer. et rem. 2, 19, 32)
Quanto ci amasti, Padre buono, che non risparmiasti il
tuo unico Figlio, consegnandolo agli empi per noi! Quanto amasti noi, per i
quali egli, non giudicando un'usurpazione la sua uguaglianza con te, si fece
suddito fino a morire in croce, lui, l'unico a essere libero fra i morti,
vittorioso e vittima per noi al tuo cospetto, e vittorioso in quanto vittima;
sacerdote e sacrificio per noi al tuo cospetto, e sacerdote in quanto
sacrificio; che ci rese, da servi, tuoi figli, nascendo da te e servendo noi!
A ragione è salda in lui la mia speranza che guarirai tutte le mie debolezze
grazie a chi siede alla tua destra e intercede per noi presso di te.
(Confess. 10, 43, 69)
Dunque non giustificati per la legge, non giustificati
per la propria volontà, ma giustificati gratuitamente per la sua grazia. Non
che ciò avvenga senza la nostra volontà, ma la nostra volontà si dimostra
inferma davanti alla legge, perché la grazia guarisca la volontà, e la volontà
guarita osservi la legge, non più soggetta alla legge, né bisognosa della
legge. (De spir. et litt. 9, 15)
Essere significa esistere sempre nel medesimo modo ...
Tutto ciò che può cambiare, una volta cambiato non è più ciò che era ... lì è
intervenuta come una morte ... È morto il nero sul capo dell'uomo canuto, è
morta la bellezza nel corpo del vecchio stanco ... "fu" e "sarà"; pensa a Dio
e troverai che egli "è" ... Se anche tu vuoi essere, trascendi il tempo.
(In Io. ev. tr. 38, 10)
Nel tempo di quaggiù davvero ogni giorno viene, perché
poi non sia: è così di ogni ora, di ogni mese, di ogni anno; nessuna di queste
cose è stabile: prima che venga, sarà; e dopo che è venuta, non sarà più ...
Gli anni di Dio sono l'eternità di Dio, e questa eternità è la stessa sostanza
di Dio, che non conosce mutazioni di sorta ... Tutto quanto lì esiste è
semplicemente il presente ... Questa eternità ci ha chiamato e dall'eternità è
balzato fuori il Verbo. Già esisteva l'eternità, e con essa il Verbo, quando
il tempo ancora non era! (Ep. 101, 2, 10)
Per te Cristo è comparso nel tempo, proprio perché tu
divenissi eterno. Si è inserito nel tempo, ma senza staccarsi dall'eternità.
Tu invece sei nato nel tempo, e sei diventato schiavo del tempo a causa del
peccato ... egli invece si è sottomesso al tempo, per esercitare la
misericordia nel perdono dei peccati. Quale differenza tra il reo e chi è
venuto in carcere a visitarlo. (In Io. ep. tr. 2, 10)
Per la legge si ha la cognizione del peccato, per la fede
l'interpretazione della grazia contro il peccato, per la grazia la sanazione
dell'anima dal vizio del peccato, per la sanazione dell'anima la libertà
dell'arbitrio, per il libero arbitrio l'amore della giustizia, per l'amore
della giustizia l'osservanza della legge. Come dunque la legge non si elimina
ma si conferma per la fede, perché la fede impetra la grazia di poter
praticare la legge, così il libero arbitrio non si elimina per la grazia ma si
conferma, perché la grazia risana la volontà con la quale si ama liberamente
la giustizia. (De spir. et litt. 30, 52)
Mi è noto che già vai dicendo interiormente: "Ecco, in
epoca cristiana, Roma è nella desolazione", o anche: "Roma è stata devastata e
data alle fiamme: perché in epoca cristiana?" Chi sei che parli in tal modo?
Un cristiano. Allora, se sei cristiano, rispondi tu a te stesso: perché Dio lo
ha voluto. Ma che dico al pagano? mi accusa. Che ti dice? di che ti accusa?
"Ecco, quando offrivamo sacrifici ai nostri dèi, Roma era sicura. Al presente,
poiché è diventato più importante e più frequente il sacrificio al vostro Dio
e sono impediti e vietati i sacrifici ai nostri dèi, ecco in quali sventure si
trova Roma" ... Rispondi subito. Come fatto storico, questo è il terzo
incendio della città di Roma ... È stata data alle fiamme solo una volta al
tempo dei sacrifici dei cristiani, già due volte è stata preda del fuoco al
tempo dei sacrifici dei pagani ... Bruciò pertanto una, due, tre volte: che
gusto prendi a mormorare contro Dio per una città che è abituata a bruciare?
(Serm. 296, 9)
Coloro che affermano che la dottrina di Cristo è nemica
dello Stato, ci diano tali sudditi quali prescrive che siano la dottrina
cristiana, e poi osino chiamarla nemica dello Stato: dovrebbero piuttosto
confessare che, se essa fosse osservata, sarebbe la potente salvezza dello
Stato. (Ep. 138, 2, 15)
Un ottimo Stato non si fonda né si conserva senza il
fondamento e il vincolo della fede e della salda concordia, cioè se non quando
si ama il bene comune, ossia Dio che è il sommo e verissimo bene, e in lui gli
uomini si amano scambievolmente con la massima sincerità allorché si vogliono
bene per amor di Lui, al quale non possono nascondere l'animo con cui amano.
(Ep. 137, 5, 17)
Due amori hanno dunque fondato due città: l'amore di sé
fino al disprezzo di Dio ha generato la città terrena, l'amore di Dio fino al
disprezzo di sé ha generato la città celeste. Una - la città terrena - si
gloria in se stessa, l'altra - la città di Dio - si gloria in Dio; una è
dominata dalla libidine di dominare, l'altra dal compito di servire; una nei
suoi potenti ama la propria forza, l'altra la ripone in Dio; una, stolta
mentre si crede sapiente, non ama Dio, l'altra, dotata della vera sapienza,
rende il culto dovuto al vero Dio. (De civ. Dei 14, 28)
Due amori, dei quali uno puro e l'altro immondo, uno
sociale e l'altro privato, uno sollecito di servire all'utilità comune in
vista della città superna e l'altro pronto a subordinare anche il bene comune
al proprio potere in vista di un'arrogante dominazione, uno suddito e l'altro
rivale a Dio, uno tranquillo e l'altro turbolento, uno pacifico e l'altro
sedizioso, uno che preferisce la verità alle lodi degli erranti e l'altro
avido di lodi in qualsiasi modo, l'uno amichevole e l'altro invidioso, uno che
vuole al prossimo ciò che vuole a se stesso e l'altro che vuole sottomettere
il prossimo a se stesso, uno che governa il prossimo per l'utilità del
prossimo e l'altro che governa per la sua utilità ... hanno fondato e distinto
le due città. (De Gen. ad litt. 11, 15, 20)
Ho inteso difendere la gloriosissima città di Dio ... sia
mentre essa in questo fluire dei tempi, vivendo di fede, è esule fra gli
infedeli, sia nella quiete della patria celeste che ora attende nella
perseveranza ... e che poi conseguirà mediante la supremazia con la vittoria
ultima e la pace finale. (De civ. Dei 1, proemio)
Ormai siamo salvati nella speranza e siamo figli della
luce e figli del giorno, non figli della notte e delle tenebre come un tempo.
Fra questi e noi tu solo, nella perdurante incertezza della scienza umana,
operi la separazione, poiché vagli i nostri cuori. (Confess. 13, 14,
15)
Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli stati
se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che
cosa sono se non dei piccoli stati? È pur sempre un gruppo di individui che è
retto dal comando di un capo, è vincolato da un patto sociale e il bottino si
divide secondo la legge della convenzione. (De civ. Dei 4, 4)
La pace del corpo è l'ordinata proporzione delle parti,
la pace dell'anima irragionevole è l'ordinata pacatezza delle inclinazioni, la
pace dell'anima ragionevole è l'ordinato accordo del pensare e dell'agire, la
pace del corpo e dell'anima è la vita ordinata e la salute del vivente, la
pace tra l'uomo soggetto alla morte e Dio è l'obbedienza ordinata nella fede
in dipendenza alla legge eterna, la pace degli uomini è l'ordinata concordia,
la pace della casa è l'ordinata concordia del comandare e obbedire dei suoi
abitanti, la pace dello stato è l'ordinata concordia del comandare e obbedire
dei cittadini, la pace della città celeste è l'unione sommamente ordinata e
concorde di coloro che godono di Dio e vicendevolmente in Dio, la pace
dell'universo è la tranquillità dell'ordine. (De civ. Dei 19, 13.
1)
Anche la città terrena che non vive di fede desidera la
pace terrena e stabilisce l'accordo del comandare e obbedire dei cittadini in
modo che vi sia un certo consenso dell'uman volere nei confronti dei beni
pertinenti alla vita soggetta a morire. Invece la città celeste o piuttosto
quella parte di essa, che è in esilio in questa soggezione alla morte e vive
di fede, necessariamente deve trar profitto da questa pace fino a che cessi la
soggezione al morire, alla quale è indispensabile questa pace. Perciò, mentre
nella città terrena trascorre la vita prigioniera della sua dimora in esilio,
ricevuta ormai la promessa del riscatto e il dono della grazia spirituale come
caparra, non dubita di sottomettersi alle leggi della città terrena, con cui
sono amministrati i beni messi a disposizione per il sostentamento della vita
soggetta a morire. Così, essendo comune la soggezione a morire, nei beni che
la riguardano è mantenuta la concordia fra le due città. (De civ. Dei
19, 17)
Così in tutte le cose umane nulla è caro all'uomo senza
un amico. Ma quanti se ne trovano di così fedeli, da poterci fidare con
sicurezza riguardo all'animo e alla condotta in questa vita? Nessuno conosce
un altro come se stesso: eppure nessuno è tanto noto a se stesso da poter
essere sicuro della propria condotta del giorno dopo. (Ep. 130, 2,
4)
Questi e altri simili segni di cuori innamorati l'uno
dell'altro espressi dalla bocca, dalla lingua, dagli occhi e da mille gesti
gradevolissimi, sono l'esca, direi, della fiamma che fonde insieme le anime e
di molte ne fa una sola. (Confess. 4, 8. 13)
Quando uno vede il suo amico fare qualcosa di male, lo
ritrae da ciò: se non lo ascolta, pronuncia anche parole di riprensione,
sgrida, litiga. A volte è costretto proprio a litigare. Ma è l'amore che
litiga. Non badare all'apparente severità di chi rimprovera: guarda alla
sorgente, cerca la radice da dove viene quell'atteggiamento. (In Io. ep.
tr. 10, 7)
L'amicizia non dev'essere circoscritta in limiti angusti.
Essa abbraccia tutti quelli cui son dovuti affetto e amore, quantunque si
rivolga con più propensione verso alcuni e con più esitazione verso altri.
Essa si estende sino ai nemici, per i quali siamo tenuti anche a pregare.
(Ep. 130, 6, 13)
Se è la virtù a condurci alla vita beata, posso affermare
che la virtù non è altro che il sommo amore di Dio. Infatti la ripartizione
della virtù in altre quattro, da quel che posso capire, dipende da una
modulazione dello stesso amore. (De mor. Eccl. Cath. 1, 15,
25)
Animato dalla carità ti sarà facile tutto ciò che prima
era assai faticoso, sorretto da essa ti sarà leggero tutto ciò che giudicavi
pesante. Prendi questo carico: non ti opprimerà, ti solleverà, sarà per te
come le ali. (Serm. 68, 13)
Tanto infatti può il sentimento dell'animo solidale, che
quando (i discepoli) si lasciano influenzare da noi che parliamo e noi da loro
che imparano, abitiamo l'uno negli altri: così è come se quelli dicessero a
noi ciò che ascoltano e noi imparassimo da loro ciò che insegniamo. Non accade
forse di solito che, quando mostriamo a chi non li ha mai visti prima, luoghi
belli e ameni, di città o di campagna (che noi, avendoli già visti,
attraversiamo senza alcun interesse), si rinnovi il nostro piacere nel loro
piacere della novità? E tanto più, quanto più sono amici! Perché attraverso il
legame dell'amore, quanto più noi viviamo in essi, tanto più le cose vecchie
diventano nuove anche per noi. (De cath. rud. 12, 17)
Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve
precetto: ama e fa' ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che
tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che tu
perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell'amore, poiché da questa
radice non può procedere se non il bene. (In Io. ep. tr. 7,
8)
Pur dovendosi a tutti la stessa carità, non a tutti
dev'essere somministrata la stessa medicina: così la stessa carità alcuni li
genera, con altri si fa debole; si preoccupa di edificare alcuni, mentre teme
di offendere altri; verso alcuni si china, verso altri si erge; con alcuni è
tenera, con altri severa; ma di nessuna è nemica, a tutti è madre. (De
cath. rud. 15, 23)
Non guardare ciò che fiorisce di fuori, ma quale sia la
radice che sta nascosta in terra. Ha preso radici in te la cupidità del
denaro? Può darsi che ci sia un'apparenza di opere buone, ma opere veramente
buone non potranno esserci. Ha preso radici dentro di te la carità? Sta'
sicuro, nessun male ne può derivare. (In Io. ep. tr. 8, 9)
Potrà darsi che uno sia caldo e un altro freddo. Ebbene,
chi è caldo infiammi chi è freddo, e chi arde poco desideri vivamente che il
suo calore cresca e preghi per ottenere aiuto. Il Signore è pronto a dare, noi
dilatiamo il cuore e desideriamo di ricevere. (Serm. 234, 3)
Ora, che è ormai giorno, sebbene ancora notte, cerchiamo
di notte Dio con le nostre mani. Cerchiamo Dio! Non sia sterile il nostro
desiderio ... Anche se è notte quando cerchiamo colui che cerchiamo con le
mani, non resteremo delusi perché la nostra ricerca si compie davanti a lui.
(En. in ps. 76, 4)
Sia dinanzi a lui il tuo desiderio; ed il Padre, che vede
nel segreto, lo esaudirà. Il tuo desiderio è la tua preghiera; se continuo è
il desiderio, continua è la preghiera. Il desiderio è la preghiera interiore
che non conosce interruzione. Qualunque cosa tu faccia, se desideri quel
sabato, non smetti mai di pregare ... Il tuo desiderio continuo sarà la
tua continua voce. Tacerai se cesserai di amare ... Il gelo della carità è il
silenzio del cuore; l'ardore della carità è il grido del cuore. Se sempre
permane la carità, tu sempre gridi; se sempre gridi, sempre desideri; e se
desideri, ti ricordi della pace ... Se dentro al cuore c'è il desiderio, c'è
anche il gemito; non sempre giunge alle orecchie degli uomini, ma mai resta
lontano dalle orecchie di Dio (En. in ps. 37, 14).
Noi preghiamo sempre con desiderio continuo sgorgato
dalla fede, speranza e carità. Ma a intervalli fissi di ore e in date
circostanze preghiamo Dio anche con parole, affinché mediante quei segni delle
cose stimoliamo noi stessi e ci rendiamo conto di quanto abbiamo progredito in
questo desiderio e ci sproniamo più vivamente ad accrescerlo in noi ... Una
cosa è un parlare a lungo, altra cosa un intimo e durevole desiderio.
(Ep. 130, 9-10).
Il desiderio è il recesso più intimo del cuore. Quanto
più il desiderio dilata il nostro cuore, tanto più diventeremo capaci di
accogliere Dio. Ad accendere in noi il desiderio contribuiscono la S.
Scrittura, l'assemblea del popolo, la celebrazione dei misteri, il Santo
Battesimo, il canto delle lodi a Dio, la nostra stessa predicazione: tutto è
destinato a far dilatare sempre più questo desiderio. Vogliate, perciò, amare
con me (In Io. Ev. tr. 40, 10)
Qualunque cosa tu faccia, se desideri quel sabato (il
riposo eterno), non smetti mai di pregare. Se non vuoi interrompere la
preghiera, non cessar mai di desiderare. Il tuo desiderio continuo sarà la tua
continua voce. Tacerai se cesserai di amare ... Il gelo della carità è il
silenzio del cuore, l'ardore della carità è il grido del cuore. Se sempre
permane la carità, tu sempre gridi. Se sempre gridi, sempre desideri; e se
desideri, ti ricordi della pace. (En. in ps. 37, 14)
I benefici eterni cerchiamo di desiderarli con tutto
l'ardore dell'anima, di chiederli con perseveranza completa nella preghiera ma
senza molte parole, manifestandoli con gemiti sinceri. Il desiderio prega
sempre, anche se tace la lingua. Quand'è che sonnecchia la preghiera? Quando
si raffredda il desiderio. (Serm. 80, 7)
Il Signore Dio nostro non desidera che noi gli facciamo
conoscere qual è il nostro volere ch'egli non può non conoscere, ma desidera
che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, onde diventiamo capaci di
prendere ciò che prepara di darci.
Ecco che Egli quasi intona per te il canto: non cercare
le parole, quasi che tu potessi dare forma a un canto per cui Dio si diletti.
Canta nel giubilo. Che significa giubilare? Intendere senza poter spiegare a
parole ciò che con il cuore si canta. (Ep. 32, II, 1, 8)
Non sia soltanto la tua voce a cantare le lodi divine ma
alla tua voce s'accordino anche le opere. Se infatti canterai solo con la
voce, a un certo momento dovrai tacere: canta invece con la vita, affinché mai
debba tacere. (Ep. 146, 2)
Se dunque vuoi lodare degnamente Dio, canta non soltanto
con la lingua ma prendendo in mano il salterio delle opere buone. Lo lodi
quando sbrighi gli affari, lo lodi quando mangi e bevi, lo lodi quando riposi
nel tuo letto, lo lodi quando dormi: quand'è che non lo lodi? Ma la lode di
Dio sarà in noi perfetta quando saremo giunti nella città superna. (Ep.
146, 2)
La somma opera dell'uomo è soltanto lodare Dio. Nella sua
bellezza egli vuole esserti gradito, e a te spetta lodarlo rendendogli grazie.
Se la tua preoccupazione non sarà lodare Dio, allora cominci ad amare te
stesso. Sii sgradito a te stesso, ti sia gradito colui che ti ha fatto; perché
così ti sarà sgradito ciò che tu hai fatto a te medesimo. (Serm.
9)
Quando parliamo a Dio e preghiamo, non dobbiamo separare
da lui il Figlio, e quando prega il corpo del Figlio, esso non ha da
considerarsi staccato dal suo capo; per cui la stessa persona, l'unico
salvatore del corpo mistico, il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è
colui che prega per noi, che prega in noi e che è pregato da noi. Prega per
noi come nostro sacerdote; prega in noi come nostro capo; è pregato da noi
come nostro Dio. Riconosciamo dunque in lui la nostra voce, e in noi la sua
voce. (Ep. 85, 1)
Chi dice cose che non abbiano attinenza con questa
preghiera evangelica, anche se non prega illecitamente, prega in modo carnale
e non so come quelle cose non si dicano in modo illecito, dal momento che ai
rinati nello Spirito conviene pregare solo in modo spirituale. (Ep.
130, 12, 22)
Nella preghiera avviene la conversione del cuore verso
Colui che è sempre pronto a dare se noi siamo in grado di ricevere quanto ha
dato. Nella conversione poi avviene la purificazione dell'occhio interiore,
quando si escludono le cose che si bramavano temporalmente, e ciò affinché la
pupilla del cuore possa sopportare la luce semplice che risplende senza
tramonto o mutazione; e non solo sopportarla ma anche abitare in essa; e
abitarvi non solo senza fastidio ma anche con ineffabile gaudio, nel quale
consiste la vita veramente e genuinamente beata. (De serm. Dom. in m.
2, 3, 14)
L'amore della verità cerca la quiete della
contemplazione, il dovere dell'amore accetta l'attività dell'apostolato. Se
questo peso nessuno ce l'impone, dobbiamo attendere alla ricerca e
all'acquisto della verità; se ci viene imposto, dobbiamo accettarlo per il
dovere della carità. Ma neppure in questo caso dobbiamo abbandonare il diletto
della verità, perché non avvenga che, sottrattaci questa dolcezza, ci opprima
quel dovere. (De civ. Dei 19, 19)
Buone sono le opere fatte a favore dei poveri, e
soprattutto i servigi dovuti e le cure religiose per i fedeli servi di Dio ...
Alle volte alcuni, senza sapere chi accoglievano, ospitarono degli angeli.
Buone sono queste occupazioni; migliore tuttavia quella scelta da Maria; la
prima infatti comporta l'affaccendarsi per necessità, la seconda apporta la
dolcezza derivante dalla carità ... A te sarà portato via un giorno il peso
della necessità, mentre eterna è la dolcezza della verità. Non le sarà tolta
la parte che si è scelta; non le sarà tolta ma accresciuta. In questa vita
infatti le sarà aumentata, le sarà resa perfetta nell'altra vita, ma non le
sarà tolta giammai. (Serm. 103, 4, 5)
Chiunque chiede al Signore e cerca di ottenere l'unica
cosa, senza la quale non giova nulla, la chiede con certezza e sicurezza.
Questa cosa infatti è l'unica vera vita e la sola beata: contemplare le
delizie di Dio nell'immortalità dell'anima e nell'incorruttibilità del corpo.
Chi l'otterrà, possiede tutto ciò che vuole né potrà chiedere cosa che non
sarà conveniente. In essa è la sorgente della vita, di cui ora dobbiamo aver
sete nella preghiera, finché viviamo nella speranza, sotto la protezione di
Colui al cui cospetto è tutto intero il nostro desiderio di saziarci al fiume
delle sue delizie. In Lui il nostro desiderio sarà saziato e non vi sarà più
da chiedere con gemiti, ma solo da possedere con gaudio. (Ep. 130, 14,
27)
Pertanto una carità incipiente è una giustizia
incipiente, una carità progredita è una giustizia progredita, una carità
grande è una giustizia grande, una carità perfetta è una giustizia perfetta.
Perfetta però è la carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza
e da una fede sincera. La carità è somma in questa vita, quando per lei si
disprezza la stessa vita. (De nat. et gr. 70, 84)
Nella casa del Signore eterna è la festa. Non vi si
celebra una festa che passa. Il festoso coro degli angeli è eterno; il volto
di Dio presente dona una letizia che mai viene meno. Questo giorno di festa
non ha né inizio né fine. Da quella eterna e perpetua festa risuona un non so
che di canoro e di dolce alle orecchie del cuore; purché non sia disturbata
dai rumori del mondo. Il suono di quella festa accarezza le orecchie di chi
cammina nella tenda e osserva i miracoli di Dio nella redenzione dei fedeli, e
rapisce il cervo alle fonti delle acque. (Ep. 41, 9)
Ricado sotto i pesi tormentosi della terra. Le solite
occupazioni mi riassorbono, mi trattengono, e molto piango, ma molto mi
trattengono, tanto è considerevole il fardello dell'abitudine. Ove valgo, non
voglio stare; ove voglio, non valgo, e qui e là sto infelice. (Confess.
10, 40, 65)
Conversavamo soli con grande dolcezza. Dimentichi delle
cose passate e protesi verso quelle che stanno innanzi, cercavamo fra noi alla
presenza della verità, che sei tu, quale sarebbe stata la vita eterna dei
santi, che occhio non vide, orecchio non udì, né sorse in cuore d'uomo.
Aprivamo avidamente la bocca del cuore al getto superno della tua fonte, la
fonte della vita, che è presso di te, per esserne irrorati secondo il nostro
potere e quindi concepire in qualche modo una realtà così alta. (Confess.
9, 10, 23)
Elevandoci con più ardente impeto d'amore verso l'Essere
stesso, percorremmo su su tutte le cose corporee e il cielo medesimo, onde il
sole, la luna e le stelle brillano sulla terra. E ancora ascendendo in noi
stessi con la considerazione, l'esaltazione, l'ammirazione delle tue opere,
giungemmo alle nostre anime e anch'esse superammo per attingere la plaga
dell'abbondanza inesauribile, ove pasci Israele in eterno col pascolo della
verità, ove la vita è Sapienza, per cui si fanno tutte le cose presenti e che
furono e che saranno, mentre essa non si fa, ma tale è oggi quale fu e quale
sempre sarà ... E mentre ne parlavamo e anelavamo verso di lei, la cogliemmo
un poco con lo slancio totale della mente, e sospirando vi lasciammo avvinte
le primizie dello spirito, per ridiscendere al suono vuoto delle nostre
bocche, ove la parola ha principio e fine. (Confess. 9, 10,
24)
Poiché è vero che tutti gli uomini vogliono essere beati,
che questo è il solo fine cui aspirano con un amore ardentissimo e in vista di
questo desiderano anche tutte le cose, e, d'altra parte, nessuno può amare ciò
di cui ignora del tutto la natura e la qualità e nessuno può ignorare la
natura di ciò che sa di volere, ne consegue che tutti sanno che cos'è la vita
beata. (De Trin. 13, 5, 8)
L'essere ragionevole è creato in un grado tanto alto che,
sebbene sia nel divenire, tuttavia, unendosi al bene che non diviene, cioè a
Dio sommo, raggiunge la felicità e colma la propria insoddisfazione soltanto
se è felice, e Dio soltanto può colmarla. (De civ. Dei 12, 1.
3)
La beatitudine, che può rendere beata l'anima stessa, non
si realizza se non mediante la partecipazione a quella vita sempre viva, a
quella sostanza immutabile ed eterna che è Dio ... E così come l'anima, che è
inferiore a Dio, comunica la vita a ciò che è inferiore ad essa, cioè al
corpo, così non può, l'anima, ricevere la vita che la rende felice, se non da
ciò che è superiore all'anima stessa ... L'anima è superiore al corpo, e Dio è
superiore all'anima. L'anima arricchisce ciò che è inferiore e riceve da chi
le è superiore. Si ponga al servizio del suo Signore, se non vuol essere
calpestata dal suo servo. Non c'è che il solo Dio che può rendere beata
l'anima ... L'anima diventa beata partecipando alla vita di Dio. ... Tu non
troverai la beatitudine nell'angelo, ma dove la trova l'angelo, lì la troverai
anche tu. (In Io. ev. tr. 23, 5)
A noi dunque, che crediamo, lo Sposo si presenti bello.
Bello è Dio, Verbo presso Dio; bello nel seno della Vergine, dove non perdette
la divinità e assunse l'umanità; bello il Verbo nato fanciullo, perché mentre
era fanciullo, succhiava il latte ed era portato in braccio, i cieli hanno
parlato, gli angeli hanno cantato lodi, la stella ha diretto il cammino dei
magi, è stato adorato nel presepio, cibo per i mansueti. È bello in cielo,
bello in terra, bello nel seno, bello nelle braccia dei genitori; bello nei
miracoli e nei supplizi; bello nell'invitare alla vita e nel non curarsi della
morte; bello nell'abbandonare la vita e nel riprenderla; bello nella croce,
nel sepolcro, in cielo... Suprema e vera bellezza è la giustizia; se ovunque è
giusto, ovunque è bello. Venga a noi per farsi contemplare con gli occhi dello
spirito (En. in ps. 44, 3)
In ciò consiste, o miei fratelli, la religione cristiana,
che viene predicata in tutto il mondo suscitando la reazione degli avversari,
i quali protestano quando sono vinti e infieriscono quando prevalgono. Questa
è la religione cristiana, che consiste nel rendere onore ad un solo Dio, non a
molti dèi. (In Io. ev. tr. 23, 5)
Dio è tutto per te, è tutto quello che ami ... Di Dio
tutto si può dire, e niente si riesce a dire degnamente. Non c'è una ricchezza
così grande come questa povertà. Cerchi un nome adeguato e non lo trovi;
cerchi di esprimerti in qualche maniera, e ogni parola serve. (In Io. ev.
tr. 13, 5)
Oh se il nostro cuore in qualche modo sospirasse verso
quella gloria ineffabile! Se sentissimo fino a gemere la nostra condizione di
pellegrini e non amassimo il mondo, se con animo filiale non cessassimo di
bussare alla porta di colui che ci ha chiamati! (In Io. ev. tr. 40,
10)
I beati posseggono la Gerusalemme celeste, senza
preoccupazioni né molestie, senza discriminazione né delimitazione di confini.
La posseggono tutti e ciascuno la possiede per intero. Grandi ricchezze sono
quelle! (En. in ps. 83, 8)
Vi scongiuro, fratelli, amate con me, correte credendo
con me, desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso quella patria,
sentiamoci pellegrini quaggiù ... Giungerai alla fonte da cui sei stato appena
irrorato, vedrai la luce di cui ... appena un raggio ha colpito il tuo cuore
immerso nelle tenebre. (In Io. ev. tr. 35, 9)
Desiderare le cose celesti, anelare alle cose eterne,
aspirare alla patria che sta in alto e non teme nemici: dove non si perde
l'amico e non si deve temere il nemico, dove si vive in perfetta concordia
senza alcuna privazione, dove nessuno nasce perché nessuno muore, dove nessuno
deve progredire e nessuno viene meno, dove non si ha né fame né sete, perché
si è saziati dall'immortalità e nutriti dalla verità. (In Io. ev. tr.
30, 7)
Egli sarà il porto dove termineranno le nostre fatiche:
vedremo Dio e loderemo Dio ... Non ci saranno le opere di misericordia poiché
non ci sarà alcuna miseria ... là tutti vivono nella loro patria ... là tutti
sono eternamente sani ... là tutti sono rivestiti di eterna luce ... là tutti
vivranno senza fine. Eppure non starai senza far niente. Vedrai infatti colui
che per lungo tempo hai desiderato e lo loderai senza interruzione. (Serm.
37, 30)
Non vuoi lasciare il mondo, ma il mondo lascia te, anche
se vuoi seguirlo ... La fatica passa, viene il riposo. Passano le false
letizie, viene il bene che l'anima fedele ha desiderato, il bene verso il
quale sospira con ardore ogni pellegrino in questo mondo. Viene la patria
beata, la patria celeste, la patria popolata dagli angeli, la patria dove
nessun cittadino muore, dove non può entrare alcun nemico, la patria dove per
l'eternità Dio ti sarà amico e dove non temerai alcun avversario. (Serm.
38,11)
Dimora beata! O patria sicura! Lì non c'è nemico, lì non
c'è sofferenza, lì vivremo sicuri ... lì l'acqua non gocciola, ma vi precipita
la sorgente inesausta della verità. Quella però è acqua che dà letizia ...
perché è la sorgente stessa della vita. (Serm. 217, 5)
In quella città vi sarà una volontà libera unica in tutti
i suoi membri, inseparabile da ciascuno, libera da ogni male, ricca di ogni
bene. Essa godrà ininterrottamente della soavità delle gioie eterne, dimentica
delle colpe, dimentica delle pene, e tuttavia non dimentica della sua
liberazione sì da essere ingrata verso il suo Liberatore ... Quello sarà il
sabato supremo, il sabato che non avrà sera ... Là, nel riposo, vedremo che
Lui è Dio, quello cioè che noi avremmo voluto essere quando siamo caduti
lontani da Lui per aver dato ascolto al seduttore ... Infatti senza di Lui che
cosa abbiamo fatto, se non andare in rovina sotto la sua ira? Invece, da Lui
rifatti e resi perfetti da una grazia più grande, riposeremo per sempre,
vedendo che egli è Dio, del quale saremo pieni quando Egli sarà tutto in
tutti. (De civ. Dei 22, 30. 4)
La settima età sarà il nostro sabato, il cui termine non
sarà la sera, ma il giorno del Signore, come un ottavo giorno eterno, che fu
consacrato dalla resurrezione di Cristo, prefigurando il riposo eterno non
solo dello spirito, ma anche del corpo. Là riposeremo e contempleremo,
contempleremo ed ameremo, ameremo e loderemo. (De civ. Dei 22, 30.
5)
Ci sarà infatti lassù un'assoluta stabilità e il nostro
corpo stesso, conseguita l'immortalità, si librerà in alto contemplando Dio.
Che se anche adesso la parola che vi sto dispensando ha la forza di mantenere
in piedi per tanto tempo chi è appesantito da un fragile corpo, cosa non avrà
a produrre in noi quella beatitudine? Come non ci trasformerà? Saremo infatti
simili a lui. (En. in ps. 83, 8)
Divenuti simili a lui, potremo forse venir meno? potremo
forse volgerci altrove? Stiamone certi, o fratelli! La lode e l'amore di Dio
non ci sazieranno mai completamente. Se ti stancassi d'amare, verresti meno
anche nella lode; ma, se è vero che l'amore sarà eterno, poiché la bellezza di
lui sarà inesauribile, allora (non temere!) nulla ti impedirà di lodare per
sempre colui che per sempre potrai amare. (En. in ps. 83, 8)
Non ci sarà nulla che ti opponga resistenza, nulla che ti
si ribelli ... Tutte queste guerre allora non ci saranno più: ci sarà la pace,
la pace perfetta. Andrai dove vorrai, ma non ti allontanerai da Dio ... Di lui
sarai beato, e sarai sempre con lui. (Serm. 242, 8. 11)
Riconosciamo cosa è riservato in alto a chi onora Dio,
lassù dove ci viene raccomandato di tenere i nostri cuori e noi rispondiamo
che sono rivolti al Signore. E Dio non voglia che non mentiamo almeno in
quell'ora, in quel momento, in quell'attimo di tempo, quando così rispondiamo
... Che c'è per me lassù? La vita eterna, l'incorruzione, il regno con Cristo,
la società con gli angeli, dove non sarà nessun turbamento, nessuna ignoranza,
nessun pericolo, nessuna tentazione: ci sarà invece la vera, sicura, stabile
tranquillità ... Non vi stupiscono le bellezze del creato? E che cosa sarà chi
le ha create? È lui la ricompensa della vostra fede. Avari, che cosa potrà mai
bastarvi, se Dio stesso non vi basta? (Serm. 19, 5)
Dio sarà tutto in tutti, perché, essendo Dio carità, per
effetto di questa carità ciò che ognuno possiede diventa comune a tutti. In
questo modo, infatti, quando uno ama, possiede nell'altro ciò che egli non ha.
La diversità dello splendore non susciterà invidia perché regnerà in tutti
l'unità della carità. (In Io. ev. tr. 67, 2)
Si amano gratuitamente questi uomini scalmanati, e da Dio
si pretende un premio per amarlo! Ama Dio gratuitamente! Non invidiare Dio a
nessuno. Appropriatevi di lui quanti potete farlo, quanti desiderate
possederlo! Egli non rimpicciolisce, né voi riuscirete a porgli dei limiti.
Ciascuno di voi lo possederà tutto intero; e tutto intero lo avrete tutti.
(En. in ps. 72, 34)
Quanto sarà grande quella felicità in cui non vi sarà più
nessun male, non mancherà nessun bene e si loderà Dio che sarà tutto in tutti!
... Lui sarà la fine dei nostri desideri: lo contempleremo senza fine, lo
ameremo senza saziarcene, lo loderemo senza stanchezza. E questo dono, questo
affetto, questa occupazione sarà comune a tutti come a tutti sarà comune la
vita eterna ... Uno dei grandi beni di quella città beata sarà che nessuno
invidierà coloro che si trovano in un grado superiore ... Ognuno possederà il
proprio dono: l'uno l'avrà più grande, l'altro più piccolo, ma ognuno avrà
insieme al proprio dono anche quello di non desiderare niente di più. (De
civ. Dei 22, 30. 1-2)
Godremo, fratelli, di una visione mai contemplata dagli
occhi, mai udita dalle orecchie, mai immaginata dalla fantasia: una visione
che supererà tutte le bellezze terrene, quella dell'oro, dell'argento, dei
boschi e dei campi, del mare e del cielo, del sole e della luna, delle stelle
e degli angeli. La ragione è questa: che essa è la fonte di ogni altra
bellezza. (In Io. ep. tr. 4, 5)
Dove l'anima potrà essere saziata? Dove si trova il sommo
bene, la verità totale, l'abbondanza piena. Qui in terra, anche se ci sostiene
l'autentica speranza, è più facile aver fame che esser saziati ... Dice il
Signore: Gli do ciò che ama, e gli rendo ciò che spera: vedrà ciò che senza
vedere ha creduto, mangerà ciò di cui adesso ha fame e sarà saziato con ciò di
cui adesso ha sete. Dove? Nella resurrezione dei morti. (In Io. ev. tr.
26, 6)
Quando saremo giunti alla presenza di Dio, come non ci
infiammerà quell'amore senza inquietudine che proveremo dinanzi al suo volto,
che ora desideriamo e a cui aneliamo? Se ora aneliamo a lui senza vederlo,
quando lo avremo raggiunto, come ci illuminerà! Come ci muterà! E che cosa
farà di noi? E noi, o fratelli, di che cosa ci occuperemo? Questa sarà la
nostra occupazione: lodare Dio. Amerai e loderai. Potrai smettere di lodare se
potrai smettere di amare. Ma non cesserai di amare perché colui che vedrai è
tale che non ingenera in te alcun fastidio. Ti sazia e non ti sazia. È strano
ciò che dico ... Cosa dirò dunque, se non ciò che può, sì, esser detto a
parole ma solo a stento può esser pensato? Ti sazia e non ti sazia; perché
ambedue le cose trovo nella Scrittura ... Avranno fame anche mentre ti
mangiano; e coloro che ti bevono, anche durante il bere avranno sete. Che vuol
dire "aver sete pur mentre si beve"? Vuol dire: non stancarsi mai di bere. Se,
dunque, ci sarà data un giorno questa dolcezza ineffabile ed eterna, che cosa,
o fratelli, essa esige ora da noi se non una fede sincera, una speranza salda,
una carità pura, e che ognuno cammini nella via che Dio gli assegna, sopporti
le tentazioni e accolga le consolazioni? (Ep. 85, 24)
Non temere di averti a stancare: tale sarà il godimento
di quella bellezza, che sempre sarà dinanzi a te e mai te ne sazierai; o
meglio, ti sazierai sempre e non ti sazierai mai. Se dicessi: non ti sazierai
mai, potresti pensare che patirai la fame; se dicessi: ti sazierai, potresti
pensare che finirai per annoiarti. Non so come esprimermi: non ci sarà noia e
non ci sarà fame; ma Dio ha di che offrire a coloro che non riescono ad
esprimersi, e tuttavia credono a quello che da lui possono ricevere. (In
Io. ev. tr. 3, 21)
Mi chiuderò nella mia stanza segreta, ove cantarti
canzoni d'amore fra gemiti, gli inenarrabili gemiti che durante il mio
pellegrinaggio suscita il ricordo di Gerusalemme nel cuore proteso in alto
verso di lei, Gerusalemme la mia patria, Gerusalemme la mia madre, e verso di
te, il suo sovrano, il suo illuminatore, il suo padre e tutore e sposo, le sue
caste e intense delizie, la sua solida gioia e tutti i suoi beni ineffabili, e
tutti simultanei perché Tu sei unico, sommo, vero Bene. Non me ne distoglierò,
fino a che nella pace di quella madre carissima, dove stanno le primizie del
mio spirito, donde traggo queste certezze, tu non abbia adunato tutto ciò che
sono da questa deforme dispersione, per uniformarlo definitivamente in eterno,
o Dio mio, misericordia mia. (Confess. 12, 16, 23)
Il salmista, pur ammirando le parti del tabernacolo, si
sentiva attirato da una misteriosa soavità interiore e segreta; e mentre
camminava nel tabernacolo, rapito da questa musica interiore, imponeva
silenzio in lui a tutto il chiasso della carne e del sangue, e arrivava sino
alla casa di Dio ... Nella casa del Signore eterna è la festa. Il volto di Dio
presente dona una letizia che mai viene meno. Il suono di quella festa
accarezza le orecchie di chi cammina nella tenda e osserva i miracoli di Dio
nella redenzione dei fedeli, e rapisce il cervo alle fonti delle acque.
(En. in ps. 41, 9)
Il tuo dono ci accende e ci porta verso l'alto. Noi
ardiamo e ci muoviamo. Saliamo la salita del cuore cantando il cantico dei
gradini. Del tuo fuoco, del tuo buon fuoco ardiamo e ci muoviamo, salendo
verso la pace di Gerusalemme. Quale gioia per me udire queste parole: Andremo
alla casa del Signore! Là collocati dalla buona volontà, nulla desidereremo,
se non di rimanervi in eterno. (Confess. 13, 9, 10)
Quale intimo segreto è mai questo dal quale mai si è
allontanati? Mirabile intimità e dolce solitudine! O segreto senza tedio, non
amareggiato da pensieri inopportuni, non turbato da tentazioni e da dolori!
Non è forse quell'intimo segreto dove entrerà colui al quale il Signore dirà,
come a servo benemerito: Entra nel gaudio del tuo Signore? (In Io.
ev. tr. 25,14)
Quando arriveremo alla tua presenza, cesseranno queste
molte parole che diciamo senza giungere a Te; Tu resterai, solo, tutto in
tutti, e senza fine diremo una sola parola, lodandoti in un solo slancio e
divenuti anche noi una sola cosa in Te. (De Trin. 15, 28, 15)
Ormai però il salmo è finito; e poi sento un certo qual
odore che mi fa pensare d'aver tenuto un lungo discorso. Ma non si riuscirebbe
mai a soddisfare i vostri desideri. Siete troppo prepotenti! Oh, se almeno con
codesta vostra violenza rubaste il regno dei cieli! (En. in ps. 72,
34)
Bisognava dunque convincere l'uomo della grandezza
dell'amore di Dio per noi e dello stato in cui eravamo quando ci ha amati: di
questa grandezza perché non disperassimo, di questo stato perché non
insuperbissimo. (De Trin. 4, 1, 2)
Dio corona non i tuoi meriti, ma i suoi doni, se i tuoi
meriti ti provengono da te stesso e non da lui ... Se dunque i tuoi meriti nel
bene sono doni di Dio, Dio non corona i tuoi meriti come tuoi meriti, ma come
suoi doni. (De gr. et l. arb. 6, 14-15)