Tempo
dello Spirito Santo
Canto in lingue e
"Interferenze angeliche" di Padre Matteo La Grua
Nei
nostri incontri di preghiera ci sono momenti in cui
dall'assemblea si leva come un mormorio di voci, che somiglia al
mormorio delle acque di un ruscello, al fruscio delle foglie
degli alberi del bosco solcati da una brezza, e la preghiera
vocale si trasforma in un canto, in cui ognuno dei partecipanti
interviene con una sua melodia, e tutti insieme concorrono a
produrre un'armonia strana ma bella.
Il canto può assumere la forma del giubilo, noto alle prime
generazioni cristiane di cui parla anche S. Agostino,
commentando il salmo 32 (33), versetto 3: " Cantate al Signore
un canto nuovo", o " in iubilatione ", come legge nella sua
traduzione spiega quella " iubilatio " (o giubilo) come
l'immagine dei lavoratori dei campi, I quali, quando mietono o
quando vendemmiano o quando sono occupati in qualsiasi altro
lavoro, cominciano ad esultare usando le parole dei canti, ma
poi, inondati di letizia incontenibile, e non potendo esprimersi
in parole, lasciano cadere le sillabe delle parole e si
abbandonano al suono del giubilo, intendendo così spiegare senza
parole quello che sentono nel cuore.
Allora la gioia si dilata al
di là dei limiti delle sillabe.
Questo canto improvvisato senza parole lo troviamo nelle antiche
liturgie, soprattutto pasquali, fino al IX secolo, quando la
melodia spontanea e libera che seguiva l'ultima nota del canto
venne sostituita dalla sequenza, con parole fisse e melodia
prestabilita.
Nella preghiera privata la pratica del giubilo, ossia del canto
improvvisato senza parole, o con fonemi propri la ritroviamo nel
Medio Evo e nell' Età Moderna, come ci testimoniano le vite dei
santi: S. Francesco d'Assisi, S. Teresa d'Avila, S. Giovanni
della Croce.
Il giubilo, oggi, nel risveglio dei carismi, è comune nei Gruppi
di Rinnovamento e nella preghiera privata di molti carismatici.
E forse quel " prego nello Spirito " di S. Paolo può essere
inteso in questo senso.
Oltre che la forma del giubilo, il canto in lingue può assumere
forme di un canto polifonico con parole articolate come se
fossero vere lingue, e non è escluso che a tratti, lo siano.
Le persone, quasi
ascoltandosi tra di loro, convergono nell'esprimere un unico
sentimento di lode o di ringraziamento o anche di implorazione
di perdono.
Succede talvolta, durante questi canti, di udire altre voci,
come voci di un coro lontano che si avvicina e si unisce al
canto dell'assemblea; succede anche di sentire il suono di altri
strumenti, diversi da quelli usati dall'assemblea, che
potenziano la musica e danno la sensazione di una deliziosa
armonia celeste che integra quella terrena.
La percezione di questi suoni (arpe, flauti, campane) talvolta è
avvertita da alcuni dei partecipanti; a volte invece sembra
captata da tutti o quasi tutti I presenti. Che si tratti, in
questo caso, non di un fatto soggettivo personale, di una forma
di suggestione collettiva, ma di un fenomeno reale oggettivo,
trova conferma nella registrazione delle cassette. Riascoltando
I nastri sonori, rileviamo con meraviglia queste " interferenze
", che convenzionalmente chiamiamo " interferenze angeliche " o
" canti degli angeli ".
Pensiamo che ci siano presenze celesti che si uniscono a noi nel
lodare l'unico Signore del cielo e della terra.
Ma gli angeli effettivamente cantano e suonano strumenti, se
sono puri spiriti?
Nell'Apocalisse assistiamo a solenni liturgie, in cui gli
angeli, nei diversi ordini, intervengono con canti e suoni di
arpe e di altri strumenti musicali. Si parla anche di trombe, di
voci possenti, di tuoni come il fragore di molte acque, di cori
angelici, di canti particolari.
Si tratta evidentemente di
visioni o di audizioni dell'autore dell'Apocalisse. Però
attraverso questi segni, Dio narra la storia della Chiesa,
il passato, il presente, il futuro, e fa intendere I
misteri del Regno; osteggiato dal malvagio, che alla fine sarà
distrutto con la vittoria definitiva dell'Agnello.
Il canto degli angeli è la traduzione, in termini comprensibili
a noi, di quella lode che gli spiriti celesti e tutte le
creature rivolgono a Dio; una partecipazione del cielo alla lode
che sale dalla terra, una condiscendenza di Dio alla nostra
preghiera, facendo usare agli angeli il nostro linguaggio...
Possiamo anche formulare un'altra ipotesi, almeno in alcuni
casi. Nessuna voce, nessun canto isolato o corale si perde
nell'universo.. Dio, con un particolare suo intervento, può
farci riudire tratti di cori liturgici di altre epoche, o suoni
di strumenti di altri tempi, effettivamente eseguiti, lembi di
lode corale del passato, per dire che tutto, passato e presente,
si fonde in un'unica lode.
Qualsiasi spiegazione è buona se l'accettiamo col cuore di
bambini, grati a Dio di quello che fa per attirare l'attenzione
sulla sua presenza in mezzo a noi.
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