Parola di Cristo |
Capitolo I° Con quanta venerazione sai debba accogliere Cristo |
Capitolo II° Nel sacramento si manifestano all'uomo l'amore di Dio | Capitolo III° Utilità della comunione frequente |
Capitolo IV° Molti sono i benefici concessi a coloro che si comunicano... | Capitolo V° Grandezza del sacramento e condizione del sacerdote |
Capitolo VI° Invocazione per prepararsi alla comunione | Capitolo VII° L'esame di coscienza e il proposito di correggersi |
Capitolo VIII° L'offerta di Cristo sulla croce e la donazione di noi stessi | Capitolo IX° Offrire noi stessi a Dio, con tutto quello che è in noi ... |
Capitolo X° La santa comunione non va tralasciata con leggerezza | Capitolo XI° Il corpo di Cristo e la sacra scrittura necessaria all'anima... |
Capitolo XII° Chi si appresta a comunicarsi vi si deve preparare con... | Capitolo XIII° Nel sacramento l'anima tenda all'unione con Cristo |
Capitolo XIV° L'ardente brama del corpo di Cristo in alcuni devoti |
Capitolo XV° Umiltà e rinnegamento di sè e i mezzi per ottenere la grazia.. |
Capitolo XVI° Manifestare a Cristo le nostre manchevolezze e chiedere... | Capitolo XVII° L'ardente amore e l'intenso desiderio di ricevere Cristo |
Capitolo XVIII° L'uomo non si ponga ad indagare, con animo curioso, introno al sacramento, ma si facciaumile imitatore di Cristo e sottometta i suoi sensi alla santa fede |
Libro
IV°
INCOMINCIANO I CONSIGLI DEVOTI PER LA SANTA COMUNIONE
Parola
di Cristo
"Venite a me tutti, voi che siete affaticati e oppressi; ed io vi ristorerò",
dice il Signore (Mt 11,28).
"Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv
6,52). "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo, che sarà dato per
voi: fate questo in memoria di me" (1Cor 11,24).
"Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me, ed io in
lui" (Gv 6,57).
"Le parole che vi ho dette sono spirito e vita" (Gv 6,64).
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Capitolo
I "CON QUANTA VENERAZIONE SI DEBBA ACCOGLIERE CRISTO"
Parola del
discepolo
1. O Cristo, verità eterna. Sono queste, parole tue, anche se non pronunciate
in un solo momento, né scritte in un sol punto. E poiché sono parole tue, e
veritiere, esse devono essere accolte tutte da me con gratitudine e con fede.
Sono parole tue, pronunciate da te; ma sono anche mie, giacché le hai proferite
per la mia salvezza. E dalla tua bocca le prendo con gioia, per farle penetrare
più profondamente nel mio cuore. Parole di così grande misericordia, piene di
dolcezza e di amore, mi sollevano; ma mi atterriscono i miei peccati, e la mia
coscienza non pura mi impedisce di ricevere sì grandi misteri. La dolcezza
delle tue parole mi spinge, ma poi mi attarda il cumulo dei miei difetti. Tu mi
comandi di accostarmi a te con fiducia, se voglio stare intimamente in te; tu mi
comandi di ricevere il cibo dell'immortalità, se voglio conquistare la vita
eterna e la gloria.
"Venite tutti a me - dici - voi che siete faticati e oppressi, ed io vi
ristorerò" (Mt 11,28).
Dolce all'orecchio del peccatore, e piena d'intimità, questa parola; una parola
con la quale tu, o Signore Dio mio, inviti me, misero e povero, alla comunione
del tuo corpo santissimo.
1. Ma chi sono io, o Signore, per credermi degno di accostarmi a te? Gli immensi
cieli non ti contengono, e tu dici: "Venite a me tutti". Che cosa vuol
dire una degnazione così misericordiosa, un invito così pieno di amicizia?
Come oserò venire, io che so bene di non avere nulla di buono, per cui possa
credermene degno? Come ti farò entrare nella mia casa, io che molte volte ho
offeso il tuo volto tanto benigno? Gli angeli e gli arcangeli ti venerano; ti
temono i santi e i beati; e tu dici: "Venite tutti a me". Se non fossi
tu a dirlo, o Signore, chi lo crederebbe; e se non fossi tu a comandarlo, chi
avrebbe il coraggio di avvicinarsi?
Ecco, Noè, uomo giusto, lavorò cent'anni nella costruzione dell'arca, per
trovare salvezza con pochi suoi; e come potrò io, solo in un'ora, prepararmi a
ricevere con religioso timore il costruttore del mondo? Mosè, il servo tuo
grande, a te particolarmente caro, fece un'arca con legni non soggetti a marcire
e la rivestì d'oro purissimo, per riporvi le tavole della legge; ed io, putrida
creatura, oserò ricevere con tanta leggerezza te, autore della legge e datore
della vita? Salomone, il sapientissimo re d'Israele, costruì, con un lavoro di
sette anni, un tempio grandioso a lode del tuo nome; ne celebrò la dedicazione
con una festa di otto giorni e con l'offerta di mille vittime pacifiche; e
collocò solennemente, tra gioiosi suoni di tromba, l'arca dell'alleanza nel
luogo per essa predisposto. E come ti introdurrò nella mia casa, io, infelice,
il più miserabile tra gli uomini; io che, a stento, riesco a passare
devotamente una mezz'ora? E fosse almeno, una volta, una mezz'oretta passata
come si deve!
2. O mio Dio, quanto si sforzarono di fare costoro per piacerti! Ahimé! Come è
poco quello che faccio io.
Come è breve il tempo che impiego quando mi preparo a comunicarmi: raramente
tutto raccolto; ancor più raramente libero da ogni distrazione. Mentre, alla
presenza salvatrice della tua essenza divina, non dovrebbe, di certo,
affacciarsi alcun pensiero non degno di te; ed io non dovrei lasciarmi prendere
da alcuna creatura, giacché sto per ricevere nella mia casa, non un angelo, ma
il Signore degli angeli. Eppure c'è un abisso tra l'arca dell'alleanza, con le
cose sante che custodisce, e il corpo tuo purissimo, con la sua forza
indicibile; tra i sacrifici legali di allora, immagine dei sacrifici futuri, e
il tuo corpo, vittima vera, che porta a compimento tutti gli antichi sacrifici.
Perché dunque non mi infiammo di più alla tua adorabile presenza; perché non
mi preparo con cura più grande a nutrirmi della tua santità, quando quei santi
dell'Antico Testamento - patriarchi e profeti, e anche re e principi, in unione
con tutto il popolo - dimostrarono un così grande slancio devoto verso il culto
divino? Danzò il piissimo re Davide, con tutte le sue forze, la danza sacra
dinanzi all'arca di Dio, riandando col pensiero alle prove d'amore date, in
passato, da Dio ai patriarchi; apprestò strumenti vari, compose salmi e li fece
cantare in letizia, e più volte cantò lui stesso sulla cetra, mosso dalla
grazia dello Spirito Santo; istruì il popolo d'Israele a lodare Iddio con tutto
il cuore, a benedire ed esaltare ogni giorno il nome di Dio, d'una sola voce. Se
allora si viveva in così grande devozione; se di quel tempo restò il ricordo
delle lodi date a Dio davanti all'arca dell'alleanza, quanta venerazione e
quanta devozione devono essere ora in me, e in tutto il popolo cristiano, di
fronte al sacramento e nell'atto di nutrirsi del corpo di Cristo, cosa più di
ogni altra sublime?
3. Corrono molti, fino a luoghi lontani, per vedere le reliquie dei santi e
stanno a bocca aperta a sentire le cose straordinarie compiute dai santi stessi;
ammirano le grandi chiese; osservano e baciano le sacre ossa, avvolte in sete
intessute d'oro. Mentre qui, accanto a me, sull'altare, ci sei tu, mio Dio,
santo dei santi, il creatore degli uomini e il signore degli angeli. Spesso è
la curiosità umana che spinge a quelle visite, un desiderio di cose nuove, non
mai viste; ma se ne riporta scarso frutto di miglioramento interiore,
specialmente quando il peregrinare è così superficiale, privo di una vera
contrizione. Mentre qui, nel sacramento dell'altare, sei interamente presente
tu, mio Dio, "uomo Cristo Gesù" (1Tm 2,5); qui si riceve frutto
abbondante di salvezza eterna, ogni volta che ti accoglie degnamente e con
devozione. Non una qualunque superficialità, né la smania curiosa di vedere
con i propri occhi, ci porta a questo sacramento, ma una fede sicura, una pia
speranza, un sincero amore. O Dio, invisibile creatore del mondo, come è
mirabile quello che tu fai con noi; come è soave e misericordioso quello che
concedi ai tuoi eletti, ai quali offri te stesso, come cibo nel sacramento.
Sacramento che oltrepassa ogni nostra comprensione, trascina in modo del tutto
particolare il cuore delle persone devote e infiamma il loro amore. Anche coloro
che ti seguono con pia fedeltà, coloro che regolano tutta la loro vita al fine
del perfezionamento spirituale, ricevono spesso da questo eccelso sacramento
aumento di grazia nella devozione e nell'amore della virtù. Mirabile e
nascosta, questa grazia del sacramento, che soltanto i seguaci di Cristo
conoscono, mentre non la sentono coloro che non hanno la fede e sono asserviti
al peccato. In questo sacramento è data la grazia spirituale, è restaurata
nell'anima la virtù perduta e torna l'innocenza, che era stata deturpata dal
peccato. Tanto grande è talora questa grazia che, per la pienezza della
devozione conferita, non soltanto lo spirito, ma anche il fragile corpo sente
che gli sono state date forze maggiori.
4. Rammarichiamoci altamente e lamentiamo la nostra tiepidezza e negligenza,
poiché non siamo tratti da un ardore più grande a ricevere Cristo, nel quale
consiste tutta la speranza e il merito della salvezza.
E' lui, infatti, "la nostra santificazione e la nostra redenzione"
(1Cor 1,30); è lui il conforto di noi che siamo in cammino; è lui l'eterna
gioia dei santi. Rammarichiamoci, dunque, altamente che tanta gente si renda così
poco conto di questo mistero di salvezza, letizia del cielo e fondamento di
tutto il mondo. Cecità e durezza del cuore umano, non curarsi maggiormente di
un dono così grande, o, godendone tutti i giorni, finire persino col non
badarvi! Se questo sacramento santissimo si celebrasse soltanto in un certo
luogo, e fosse consacrato da un solo sacerdote in tutto il mondo, pensa da quale
desiderio sarebbero tutti presi di andare in quel luogo, a quel sacerdote, per
veder celebrare i divini misteri. Ma, ecco, i sacerdoti sono moltissimi, e
Cristo viene immolato in molti luoghi; e così quanto più è diffusa nel mondo
la sacra comunione, tanto più è manifesta la grazia e la carità di Dio verso
l'uomo. Che tu sia ringraziato, o Gesù buono, pastore eterno, che con il tuo
corpo prezioso e con il tuo sangue ti sei degnato di ristorare noi poveri ed
esuli, invitandoci a ricevere questi misteri con queste parole, uscite dalla tua
stessa bocca: "venite tutti a me, voi che siete faticati ed oppressi, ed io
vi ristorerò" (Mt 11,28).
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Capitolo
II "NEL SACRAMENTO SI MANIFESTANO ALL'UOMO LA GRANDE BONTA' E L'AMORE DI
DIO"
Parola del discepolo
1. O Signore, confidando nella tua bontà e nella tua grande misericordia, mi
appresso infermo al Salvatore, affamato e assetato alla fonte della vita, povero
al re del cielo, servo al Signore, creatura al Creatore, desolato al pietoso mio
consolatore. Ma "per qual ragione mi è dato questo, che tu venga a
me?" (Lc 1,43).
Chi sono io, perché tu ti doni a me; come potrà osare un peccatore di
apparirti dinanzi; come ti degnerai di venire ad un peccatore? Ché tu lo
conosci, il tuo servo; e sai bene che in lui non c'è alcunché di buono, per
cui tu gli dia tutto ciò. Confesso, dunque, la mia pochezza, riconosco la tua
bontà, glorifico la tua misericordia e ti ringrazio per il tuo immenso amore.
Infatti non è per i miei meriti che fai questo, ma per il tuo amore: perché mi
si riveli maggiormente la tua bontà, più grande mi si offra il tuo amore e
l'umiltà ne risulti più perfettamente esaltata. Poiché, dunque, questo ti è
caro, e così tu comandasti che si facesse, anche a me è cara questa tua
degnazione. E voglia il Cielo che a questo non sia di ostacolo la mia iniquità.
1. Gesù, pieno di dolcezza e di benignità, quanta venerazione ti dobbiamo, e
gratitudine e lode incessante,
per il fatto che riceviamo il tuo santo corpo, la cui grandezza nessuno può
comprendere pienamente.
Ma quali saranno i miei pensieri in questa comunione con te, in questo
avvicinarmi al mio Signore; al mio Signore che non riesco a venerare nella
misura dovuta e che tuttavia desidero accogliere devotamente?
Quale pensiero più opportuno e più salutare di quello di abbassarmi totalmente
di fronte a te, esaltando, su di me la tua bontà infinita? Ti glorifico, o mio
Dio, e ti esalto in eterno; disprezzo me stesso, sottoponendomi a te, dal
profondo della mia pochezza. Ecco, tu sei il santo dei santi, ed io una sozzura
di peccati.
Ecco, tu ti abbassi verso di me, che non sono degno neppure di rivolgerti lo
sguardo.
Ecco, tu vieni a me, vuoi stare con me, mi inviti al tuo banchetto; tu mi vuoi
dare il cibo celeste, mi vuoi dare da mangiare il pane degli angeli:
nient'altro, veramente, che te stesso, "pane vivo, che sei disceso dal
cielo e dai la vita al mondo (Gv 6,33.51). Se consideriamo da dove parte questo
amore, quale degnazione ci appare; quanto profondi ringraziamenti e quante lodi
ti si debbono!
2. Quanto fu utile per la nostra salvezza il tuo disegno, quando hai istituito
questo sacramento; come è soave e lieto questo banchetto, nel quale hai dato in
cibo te stesso! Come è ammirabile questo che tu fai; come è efficace la tua
potenza e infallibile la tua verità. Infatti, hai parlato "e le cose
furono" (Sal 148, 5); e fu anche questo sacramento, che tu hai comandato.
Mirabile cosa, degna della nostra fede; cosa che oltrepassa la umana
comprensione che tu, o Signore Dio mio, vero Dio e uomo, sia tutto sotto quella
piccola apparenza del pane e del vino; e che tu sia mangiato senza essere
consumato. "Tu, o Signore di tutti", che, di nessuno avendo bisogno,
hai voluto, per mezzo del Sacramento, abitare fra noi (2 Mac 14,35), conserva
immacolato il mio cuore e il mio corpo, affinché io possa celebrare sovente i
tuoi misteri, con lieta e pura coscienza; e possa ricevere, a mia salvezza
eterna, ciò che tu hai stabilito e istituito massimamente a tua glorificazione
e perenne memoria di te.
3. Rallegrati, anima mia, e rendi grazie a Dio per un dono così sublime, per un
conforto così straordinario, lasciato a te in questa valle di lacrime. In verità,
ogni qualvolta medito questo mistero e ricevi il corpo di Cristo, lavori alla
tua redenzione e ti rendi partecipe di tutti i meriti di Cristo. Mai non viene
meno, infatti, l'amore di Cristo; né si esaurisce la grandezza della sua
intercessione. E' dunque con animo sempre rinnovato che ti devi disporre a
questo Sacramento; è con attenta riflessione che devi meditare il mistero della
salvezza.
E quando celebri la Messa, o l'ascolti, ciò deve apparirti un fatto così
grande, così straordinario e così pieno
di gioia, come se, in quello stesso giorno, scendendo nel seno della Vergine,
Cristo si facesse uomo, patisse
e morisse pendendo dalla croce.
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Capitolo
III "UTILITA' DELLA COMUNIONE FREQUENTE"
Parola del discepolo
1. Ecco, io vengo a te, o Signore, per trarre beneficio dal tuo dono e ricevere
allegrezza al banchetto santo, "che, nella tua bontà, o Dio, hai preparato
al misero" (Sal 67,11). Ecco, quanto io posso e debbo desiderare sta tutto
in te; tu sei la mia salvezza, la redenzione, la speranza, la fortezza, la maestà
e la gloria.
"Ricolma dunque oggi di letizia l'anima del tuo servo, perché, o Signore
Gesù, a te ho innalzato l'anima mia" (Sal 85,4). Ardentemente desidero ora
riceverti, con devozione e venerazione; desidero introdurti nella mia casa, per
meritare, come Zaccheo, di essere da te benedetto e di essere annoverato tra i
figli d'Abramo. L'anima mia ha fame del tuo corpo; il mio cuore arde di farsi
una cosa sola con te.
Dammi in dono te stesso, e mi basta; poiché non c'è consolazione che abbia
valore, fuori di te.
Non posso stare senza di te; non riesco a vivere senza la tua presenza. E così
occorre che io mi accosti frequentemente a te, ricevendoti come mezzo della mia
salvezza. Che non mi accada di venir meno per strada, se fossi privato di questo
cibo celeste. Tu stesso, o Gesù tanto misericordioso, predicando alle folle e
guarendo varie malattie, dicesti una volta: "non li voglio mandare alle
loro case digiuni, perché non vengano meno per strada" (Mt 15,32). Fa',
dunque, la stessa cosa ora con me; tu, che, per dare conforto ai fedeli, hai
lasciato te stesso in sacramento. Sei tu, infatti, il soave ristoro dell'anima;
e chi ti mangia degnamente sarà partecipe ed erede della gloria eterna. Poiché,
dunque, io cado tanto spesso in peccato, e intorpidisco e vengo meno tanto
facilmente, è veramente necessario che, pregando, confessandomi frequentemente
e prendendo il santo cibo del tuo corpo, io mi rinnovi, mi purifichi e mi
infiammi; cosicché non avvenga che, per una prolungata astinenza, io mi
allontani dal mio santo proposito. In verità, "i sensi dell'uomo, fin
dall'adolescenza, sono proclivi al male" (Gn 8,21); tosto egli cade in mali
peggiori, se non lo soccorre la medicina celeste.
Ed è appunto la santa Comunione che distoglie l'uomo dal male e lo rafforza nel
bene. Che se ora sono così spesso svogliato e tiepido nella Comunione o nella
celebrazione della Messa, che cosa sarebbe di me, se non prendessi questo
rimedio e non cercassi un così grande aiuto? Anche se non mi sento sempre degno
e pienamente disposto a celebrare, farò in modo di ricevere, in tempi
opportuni, questi divini misteri e di rendermi partecipe di una grazia così
grande. Giacché la principale, anzi l'unica, consolazione dell'anima fedele -
finché va peregrinando, lontana da te, entro il corpo mortale - consiste
proprio in questo, nel ricordarsi frequentemente del suo Dio e nel ricevere, in
spirito di devozione, il suo diletto.
1. Oh!, meravigliosa degnazione della tua misericordia verso di noi, che tu,
Signore Dio, creatore e vivificatore di tutti gli spiriti celesti, ti abbassi a
venire in questa anima poveretta, saziando la sua fame con la tua divinità e
insieme con la tua umanità. Felice quello spirito, beata quell'anima che merita
di ricevere devotamente te, Signore e Dio, colmandosi in tal modo di gioia
interiore. Quale grande signore essa accoglie; quale amato ospite, qual
piacevole compagno riceve; quale fedele amico accetta; quale nobile e bello
sposo essa abbraccia, degno di amore più di ogni persona cara e di ogni cosa
che si possa desiderare.
Tacciano dinanzi a te, o dolcissimo mio diletto, il cielo e la terra, con tutte
le loro bellezze; giacché dalla degnazione della tua munificenza cielo e terra
ricevono quanto hanno di grande e di nobile, pur non arrivando essi alla
grandezza del tuo nome, "immenso nella sua sapienza" (Sal 146,5).
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Capitolo
IV "MOLTI SONO I BENEFICI CONCESSI A COLORO CHE SI COMUNICANO
DEVOTAMENTE"
Parola del discepolo
1. Signore Dio mio, "con la dolcezza delle tue benedizioni" (Sal 20,4)
vieni in soccorso a me, tuo servo, affinché io possa accostarmi degnamente e
devotamente al tuo grande sacramento.
Muovi il mio cuore verso di te e scuotimi dal mio grande torpore. "Vieni a
me con la tua forza salvatrice"
(Sal 105,4), cosicché io possa gustare in ispirito la tua dolcezza, insita
tutta in questo sacramento, quasi sua fonte. Apri i miei occhi, cosicché io
possa intravvedere un così grande mistero; dammi la forza di credere in esso,
con fede sicura. Tutto ciò è infatti opera delle tue mani, non opera
dell'uomo; tua sacra istituzione, non invenzione umana. Quindi non v'è alcuno
che possa da sé solo comprendere pienamente queste cose, che superano anche
l'intelligenza degli angeli. Ed io, indegno peccatore, polvere e cenere, come
potrò mai sondare e comprendere, un così profondo e santo mistero? O Signore,
nella semplicità del mio cuore, in pienezza e sicurezza di fede e in adesione
al tuo comando, mi accosto a te con sentimenti di speranza e di devozione: credo
veramente che tu sia presente qui nel Sacramento, Dio e uomo.
Tu vuoi che io ti accolga in me, in unione d'amore. Perciò domando alla tua
clemenza ed imploro il dono di questa grazia speciale, di essere totalmente
immedesimato in te, in sovrabbondanza d'amore e di non più ricercare altra
consolazione. Giacché questo Sacramento, così alto e prezioso, è salvezza
dell'anima e del corpo e rimedio ad ogni infermità dello spirito. Per mezzo di
questo Sacramento vengono curati i miei vizi;
le passioni sono frenate; le tentazioni sono sconfitte o almeno diminuite; viene
aumentata la grazia, rafforzata la virtù cui si è posto mano, rinsaldata la
fede, rinvigorita la speranza e l'amore fatto più ardente e più grande.
1. O mio Dio, "tu che innalzi l'anima mia" (Sal 53,6), e ripari
all'umana fragilità con il dono di ogni consolazione interiore, tu hai concesso
e ancora spesso concedi nel Sacramento grandi benefici ai tuoi diletti che
devotamente si comunicano. Tu infondi in essi grande conforto nelle varie
tribolazioni, innalzandoli dal fondo della loro prostrazione alla speranza del
tuo aiuto; tu li ricrei interiormente e li fai risplendere con una grazia
rinnovata. Così, mentre prima della Comunione si sentivano angosciati e privi
d'amore, poi, ristorati dal cibo e dalla bevanda celeste, si trovano trasformati
e migliori. E questo tu fai generosamente con i tuoi eletti, affinché essi
conoscano in verità, ed esperimentino chiaramente, quanto siano deboli per se
stessi e quale bontà e grazia ottengano da te. Giacché, per se stessi, sono
freddi, duri e mancanti di devozione; invece, per tuo dono, sono fatti degni di
essere fervorosi, alacri e pieni di devozione. Chi mai, essendosi accostato
umilmente alla fonte stessa della soavità, non riporta anche solo un poco di
dolcezza; chi mai, stando accanto a un grande fuoco, non ne risente un po' di
calore? Ora, tu sei la fonte sempre piena, straboccante; tu sei il fuoco sempre
vivo, che mai non si estingue. Perciò, anche se non posso attingere alla
pienezza di questa fonte e bere a sazietà, metterò ugualmente la bocca
all'orlo della celeste cannella, per prendere almeno una piccola goccia, a
saziare la mia sete, onde non inaridire del tutto. Anche se non posso essere
ancora nella pienezza della beatitudine celeste, né posso essere ardente come
un cherubino o un serafino, mi sforzerò tuttavia di perseverare nella devozione
e di predisporre l'anima mia ad impadronirsi di una, sia pur piccola, fiamma del
divino incendio, nutrendosi umilmente al sacramento della salvezza. A quello che
mi manca, supplisci tu, con benignità e misericordia, o buon Gesù, salvatore
santissimo; tu che ti sei degnato di chiamare tutti a te, dicendo: "venite
a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò (Mt 11,28).
In verità io mi affatico, e suda il mio volto; il mio cuore è tormentato da
sofferenze interiori; sono oppresso dai peccati, legato e schiacciato da molte
passioni perverse. "E non c'è nessuno che possa aiutarmi" (Sal
21,12), non c'è nessuno "che possa liberarmi e soccorrermi" (Sal
7,3), all'infuori di te, "Dio mio salvatore" (Sal 24,5), al quale
affido me stesso e ogni mia cosa, perché tu mi custodisca e mi conduca alla
vita eterna.
Accettami a lode e gloria del tuo nome; tu che hai apprestato il tuo corpo e il
tuo sangue quale cibo e bevanda. O "Signore Dio, mia salvezza" (Sal
26,9), fa' che nella dimestichezza del tuo mistero s'accresca lo slancio della
mia devozione.
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Capitolo
V "GRANDEZZA DEL SACRAMENTO E CONDIZIONE DEL SACERDOTE"
Parola del Diletto
1. Anche se tu avessi la purezza degli angeli e la santità di San Giovanni
Battista, non saresti degno di ricevere o anche solo di toccare questo
sacramento. Non dipende infatti dai meriti degli uomini che si consacri e si
tocchi il sacramento di Cristo, e ci si nutra del pane degli angeli. Grande è
l'ufficio, grande la dignità dei sacerdoti, ai quali è dato quello che non è
concesso agli angeli; giacché soltanto i sacerdoti, ordinati regolarmente nella
Chiesa, hanno il potere di celebrare e di consacrare il corpo di Cristo.
Il sacerdote, invero, è servo di Dio: si vale della parola di Dio, per comando
e istituzione di Dio.
Nel sacramento, attore primo, invisibilmente operante, è Dio, al quale è
sottoposta ogni cosa, secondo il suo volere, in obbedienza al suo comando. In
questo sublime sacramento, devi dunque credere più a Dio onnipotente che ai
tuoi sensi o ad alcun segno visibile; a questa realtà, istituita da Dio, ti
devi accostare con reverenza e con timore. "Rifletti su te stesso" e
considera di chi sei stato fatto ministro, con l'imposizione delle mani da parte
del vescovo (1Tm 4,16.14). Ecco, sei stato fatto sacerdote e consacrato per
celebrare. Vedi, dunque, di offrire il sacrificio a Dio con fede, con devozione,
e al tempo conveniente; vedi di offrire te stesso, irreprensibile. Non si è
fatto più leggero il tuo carico; anzi sei ormai legato da un più stretto
vincolo di disciplina e sei tenuto a una maggiore perfezione di santità.
1. Il sacerdote deve essere ornato di ogni virtù e offrire agli altri l'esempio
di una vita santa; abituale suo rapporto non sia con la gente volgare secondo
modi consueti a questo mondo, ma con gli angeli in cielo o con la gente santa,
in terra. Il sacerdote, rivestito delle sacre vesti, fa le veci di Cristo,
supplichevolmente e umilmente pregando Iddio per sé e per tutto il popolo. Egli
porta, davanti e dietro, il segno della croce del Signore, perché abbia
costante ricordo della passione di Cristo; davanti, sulla casula, porta la
croce, perché guardi attentamente a quelle che sono le orme di Cristo, e abbia
cura di seguirla con fervore; dietro è pure segnato dalla croce, perché sappia
sopportare con dolcezza ogni contrarietà che gli venga da altri.
Porta davanti la croce, perché pianga i propri peccati; e la porta anche
dietro, perché pianga compassionevolmente anche i peccati commessi da altri, e
sappia di essere stato posto tra Dio e il peccatore, non lasciandosi
illanguidire nella preghiera e nell'offerta, fin che non sia fatto degno di
ottenere grazia e misericordia. Con la celebrazione, il sacerdote rende onore a
Dio, fa lieti gli angeli, dà motivo di edificazione
ai fedeli, aiuta i vivi, appresta pace ai defunti e fa di se stesso il
dispensatore di tutti i benefici divini.
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Capitolo
VI "INVOCAZIONE PER PREPARARSI ALLA COMUNIONE"
Parola del discepolo
Quando considero, o Signore, la tua grandezza e la mia miseria, mi metto a
tremare forte e mi confondo.
Ché, se non mi accosto al sacramento, fuggo la vita; e se lo faccio
indegnamente, cado nello scandalo.
Che farò, o mio Dio, "mio aiuto" (Is 50,7) e mia guida nella mia
miseria? Insegnami tu la strada sicura; mettimi dinanzi una opportuna, breve
istruzione per la santa Comunione; giacché è buona cosa conoscere
con quale devozione e reverenza io debba preparare il mio cuore a ricevere con
profitto il tuo sacramento e a celebrare un così grande, divino sacrificio.
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Capitolo
VII "L'ESAME DI COSCIENZA E IL PROPOSITO DI CORREGGERSI"
Parola del Diletto
1. Sopra ogni cosa è necessario che il sacerdote di Dio si appresti a
celebrare, a toccare e a mangiare questo sacramento con somma umiltà di cuore e
supplice reverenza, con piena fede e devota intenzione di dare gloria a Dio.
Esamina attentamente la tua coscienza; rendila, per quanto ti è possibile, pura
e luminosa per mezzo del sincero pentimento e dell'umile confessione dei tuoi
peccati, cosicché nulla di grave tu abbia, o sappia di avere, che ti sia di
rimprovero e ti impedisca di accedere liberamente al Sacramento. Abbi dispiacere
di tutti i tuoi peccati in generale; e maggiormente, in particolare, abbi dolere
e pianto per le tue colpe di ogni giorno.
Se poi ne hai il tempo, confessa a Dio, nel segreto del tuo cuore, tutte le
miserie delle tue passioni.
Piangi e ti rincresca di essere ancora così legato alla carne e al mondo; così
poco mortificato di fronte alle passioni e così pieno di impulsi di
concupiscenza; così poco vigilante su ciò che percepiscono di fuori i sensi,
così spesso perduto dietro a vane fantasie; così fortemente inclinato verso le
cose esteriori e così poco attento a ciò che è dentro di noi; così facile al
riso e alla dissipazione e così restio al pianto e alla compunzione; così
pronto alla rilassatezza e alle comodità materiali, così pigro, invece, al
rigore e al fervore; così avido di udire o vedere cose nuove e belle, e così
lento ad abbracciare ciò che è basso e spregevole; così smanioso di molto
possedere e così tenace nel tenere per te; così sconsiderato nel parlare e così
incapace di tacere;
così disordinato nella condotta e così avventato nell'agire; così profuso nel
cibo; così sordo alla parola di Dio; così sollecito al riposo e così tardo al
lavoro; così attento alle chiacchiere, così pieno di sonno nelle sacre veglie,
compiute distrattamente affrettandone col desiderio la fine; così negligente
nell'adempiere alle Ore,
così tiepido nella celebrazione della Messa, così arido nella Comunione; così
facilmente distratto, così di rado pienamente raccolto in te stesso; così
subitamente mosso all'ira, così facile a far dispiacere agli altri; così
proclive a giudicare, così severo nell'accusare; così gioioso quando le cose
ti vanno bene e così poco forte nelle avversità; così facile nel proporti di
fare molte cose buone, ma capace, invece, di realizzarne ben poche.
1. Confessati e deplorati, con dolore e con grande amarezza per la tua fragilità,
questi e gli altri tuoi difetti, fa' il fermo proponimento di correggere per
sempre la tua vita e di progredire maggiormente.
Dopo di che, rimettendo a me completamente ogni tua volontà, offri te stesso
sull'altare del tuo cuore, a gloria del mio nome, sacrificio perpetuo, affidando
a me con fede il tuo corpo e la tua anima; cosicché tu ottenga di accostarti
degnamente ad offrire a Dio la Messa e a mangiare il sacramento del mio corpo,
per la tua salvezza. Non v'è dono più appropriato; non v'è altro modo per
riscattare e cancellare pienamente i peccati, all'infuori della totale e
perfetta offerta di se stessi a Dio, nella Messa e nella Comunione, insieme con
l'offerta del corpo di Cristo. Se uno farà tutto quanto gli è possibile e si
pentirà veramente, ogni volta che verrà a me per ottenere il perdono e la
grazia, "Io vivo, dice il Signore, e non voglio la morte del peccatore, ma
che si converta e viva" (Ez 33,11): "giacché più non mi ricorderò
dei suoi peccati" (Eb 10,17), ma tutti gli saranno rimessi.
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Capitolo
VIII "L'OFFERTA DI CRISTO SULLA CROCE E LA DONAZIONE DI NOI STESSI"
Parola del Diletto
Con le braccia stese sulla croce, tutto nudo il corpo, io offersi liberamente me
stesso a Dio Padre, per i tuoi peccati, cosicché nulla fosse in me che non si
trasformasse in sacrificio, per placare Iddio.
Allo stesso modo anche tu devi offrire a me volontariamente te stesso, con tutte
le tue forze e con tutto il tuo slancio, dal più profondo del cuore, in
oblazione pura e santa. Che cosa posso io desiderare da te più di questo, che
tu cerchi di offrirti a me interamente? Qualunque cosa tu mi dia, fuor che te
stesso, l'ho per un nulla, perché io non cerco il tuo dono, ma te. Come non ti
basterebbe avere tutto, all'infuori di me, così neppure a me potrebbe piacere
qualunque cosa tu mi dessi, senza l'offerta di te. Offriti a me; da te stesso
totalmente a Dio: così l'oblazione sarà gradita. Ecco, io mi offersi tutto al
Padre, per te; diedi persino tutto il mio corpo e il mio sangue in cibo, perché
io potessi essere tutto tuo e perché tu fossi sempre con me.
Se tu, invece, resterai chiuso in te, senza offrire volontariamente te stesso
secondo la mia volontà, l'offerta non sarebbe piena e la nostra unione non
sarebbe perfetta. Perché, se vuoi giungere alla vera libertà e avere la mia
grazia, ogni tuo atto deve essere preceduto dalla piena offerta di te stesso
nelle mani di Dio.
Proprio per questo sono così pochi coloro che raggiungono la luce e l'interiore
libertà, perché non sanno rinnegare totalmente se stessi. Immutabili sono le
mie parole: se uno non avrà rinunciato a "tutto, non potrà essere mio
discepolo" (Lc 14,33). Tu, dunque, se vuoi essere mio discepolo, offriti a
me con tutto il cuore.
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Capitolo
IX " OFFRIRE NOI STESSI A DIO, CON TUTTO QUELLO CHE E' IN NOI, PREGANDO PER
TUTTI"
Parola del discepolo
1. Tue sono le cose, o Signore, quelle del cielo e quelle della terra: a te
voglio, liberamente, offrire me stesso e restare tuo per sempre. O Signore, con
cuore sincero, oggi io mi dono a te in perpetuo servizio, in obbedienza e in
sacrificio di lode perenne. Accettami, insieme con questa offerta santa del tuo
corpo prezioso, che io - alla presenza e con l'assistenza invisibile degli
angeli - ora ti faccio, per la mia salvezza e per la salvezza di tutto il
popolo, O Signore, sull'altare della tua espiazione offro a te tutti i miei
peccati e le colpe da me commesse al cospetto tuo e dei tuoi santi angeli, dal
giorno in cui fui capace di peccare fino ad oggi; affinché tutto tu accenda e
consumi nel fuoco del tuo amore, cancellando ogni macchia dei miei peccati;
affinché tu purifichi la mia coscienza da ogni colpa; affinché tu mi ridia la
tua grazia, che ho perduta col peccato, tutto perdonando e misericordiosamente
accogliendomi nel bacio della pace. Che posso io fare per i miei peccati, se non
confessarli umilmente nel pianto e pregare senza posa per avere la tua
intercessione?
Ti scongiuro, dammi benevolo ascolto, mentre mi pongo dinanzi a te, o mio Dio.
Grande disgusto io provo per tutti i miei peccati; non voglio più commetterne,
anzi di essi mi dolgo e mi dorrò per tutta la vita, pronto a fare penitenza e,
per quanto io possa, a pagare per essi. Rimetti, o Signore, rimetti i miei
peccati, per il tuo santo nome: salva l'anima mia, che tu hai redenta con il tuo
sangue prezioso. Ecco, io mi affido alla tua misericordia; mi metto nelle tue
mani. Opera tu con me secondo la tua bontà, non secondo la mia perfidia e la
mia iniquità.
1. Anche tutto quello che ho di buono, per quanto sia molto poco e imperfetto,
lo offro a te, affinché tu lo perfezioni e lo santifichi; affinché ti sia
gradito e tu voglia accettarlo, accrescendone il valore; affinché tu voglia
portarmi - inoperoso e inutile piccolo uomo, qual sono - a un termine beato e
glorioso.
Offro parimenti a te tutti i buoni desideri delle persone devote e le necessità
dei parenti e degli amici, dei fratelli e delle sorelle, di tutti i miei cari e
di coloro che, per amor tuo, fecero del bene a me o ad altri; infine di tutte le
persone - quelle ancora in vita e quelle che già hanno lasciato questo mondo -
che da me desiderarono e chiesero preghiere e sante Messe, per loro e per tutti
i loro cari. Che tutti sentano venire sopra di sé l'aiuto della tua grazia,
l'abbondanza della consolazione, la protezione dai pericoli, la liberazione
dalle pene!
Che tutti, liberati da ogni male, ti rendano in letizia grazie solenni. Ancora,
e in modo speciale, ti offro preghiere e sacrifici di espiazione per quelli che
mi hanno fatto qualche torto, mi hanno cagionato dolore, mi hanno calunniato o
recato danno, mi hanno messo in difficoltà; e anche per tutti quelli ai quali
io ho dato talora motivo di tristezza e di turbamento, di dolore o di scandalo,
con parole o con fatti, consciamente oppure no, affinché tu perdoni parimenti a
tutti noi i nostri peccati e le offese vicendevoli.
O Signore, strappa dai nostri cuori ogni sospetto, ogni sdegno, ogni collera,
ogni contesa e tutto ciò che possa ferire la carità e affievolire l'amore
fraterno. Abbi compassione, o Signore, di noi che imploriamo la tua
misericordia; concedi la tua grazia a noi che ne abbiamo bisogno; fa che noi
siamo fatti degni di godere della tua grazia e che possiamo avanzare verso la
vita eterna.
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Capitolo
X "LA SANTA COMUNIONE NON VA TRALASCIATA CON LEGGEREZZA"
Voce del Diletto
1. A questa sorgente della grazia e della misericordia divina, a questa sorgente
della bontà e di ogni purezza devi ricorrere frequentemente, fino a che tu non
riesca a guarire dalle tue passioni e dai tuoi vizi; fino a che tu non ottenga
di essere più forte e più vigilante contro tutte le tentazioni e gli inganni
del diavolo. Questi, il nemico, ben sapendo quale sia il beneficio e il rimedio
grande insito nella santa Comunione, tenta in ogni modo e in ogni momento di
ostacolare, per quanto può, le anime fedeli e devote, distogliendole da essa.
Taluni, infatti, quando vogliono prepararsi alla santa Comunione, subiscono i più
forti assalti del demonio.
Lo spirito del male - come è detto nel libro di Giobbe (1,6; 2,1) - viene in
mezzo ai figli di Dio, per turbarli, con la consueta sua perfidia, e per
renderli troppo timorosi e perplessi, finché non abbia affievolito il loro
slancio o abbia loro strappato, di forza, la fede: nella speranza che essi
lascino del tutto la Comunione o vi si accostino con poco fervore. Ma non ci si
deve curare per nulla delle sue astuzie e delle sue suggestioni, per quanto
turpi e terrorizzanti, Su di lui bisogna ritorcere le immaginazioni che
provengono da lui. Va disprezzato e deriso, quel miserabile. Per quanti assalti
egli compia e per quante agitazioni egli susciti, la santa Comunione non deve
essere tralasciata. Talora avviene che siano di ostacolo alla Comunione persino
una eccessiva preoccupazione di essere sufficientemente devoti e una certa
angustia dubbiosa sul confessarsi.
Ma tu agisci secondo il consiglio dei saggi, tralasciando ansie e scrupoli, che
costituiscono impedimento alla grazia divina e distruggono lo spirito di
devozione. Non lasciare la santa Comunione, per ogni piccola difficoltà o
stanchezza. Ma va subito a confessarti e perdona di cuore agli altri ogni offesa
ricevuta; che se tu hai offeso qualcuno e chiedi umilmente scusa, il Signore
prontamente avrà misericordia di te.
1. Che giova ritardare tanto la confessione o rimandare la santa Comunione?
Purificati al più presto; sputa subito il veleno; corri a prendere il rimedio:
ti sentirai meglio che se tu avessi differito tutto ciò.
Se oggi, per una piccola cosa, rinunci, domani forse accadrà qualcosa di più
grave: così ti potrebbe essere impossibile per lungo tempo, la Comunione e
potresti diventare ancora più indegno. Scuotiti al più presto dalla stanchezza
e dall'inerzia, in cui oggi ti trovi: non serve a nulla restare a lungo
nell'ansietà e tirare avanti nel turbamento, separandoti, in tal modo, per
questi quotidiani ostacoli, dalle cose divine.
Anzi è molto dannoso rimandare tanto la Comunione, perché ciò suole anche
ingenerare grave torpore.
Avviene persino - cosa ben dolorosa - che taluni, nella loro tiepidezza e
leggerezza, accettino di buon grado questi ritardi della confessione, e
desiderino di ritardare così la santa Comunione, proprio per non essere
obbligati a una più severa custodia di sé. Oh!, come è scarso l'amore, come
è fiacca la devozione di coloro che rimandano tanto facilmente la Comunione. E
come è felice e caro a Dio colui che vive in modo da custodire la sua coscienza
in una tale limpidezza da essere pronto e pieno di desiderio di comunicarsi
anche ogni giorno, se gli fosse consentito e se potesse farlo senza essere
criticato. Se uno qualche volta si astiene dalla Comunione per umiltà, o per un
giusto impedimento, gli va data lode, a causa del suo rispettoso timore.
Se invece fa questo per una sorta di torpore, che si è insinuato in lui, deve
scuotersi e agire, quanto gli è possibile: il Signore aderirà al suo
desiderio, grazie alla buona volontà, alla quale Dio guarda in modo speciale.
2. Se, invece, uno è trattenuto da ragioni valide, ma avrà la buona volontà e
la devota intenzione di comunicarsi, costui non mancherà dei frutti del
Sacramento. Giacché ognuno che abbia spirito di devozione può, in ogni giorno
e in ogni ora, darsi salutarmente, senza che alcuno glielo impedisca, alla
comunione spirituale con Cristo; pur dovendo, in certi giorni e nel tempo
stabilito, con reverente affetto, prendere sacramentalmente in cibo il corpo del
suo Redentore, mirando più a dare lode e onore a Dio che ad avere consolazione
per sé.
Infatti questo invisibile ristoro dell'anima, che è la comunione spirituale, si
ha ogni volta che uno medita con devozione il mistero dell'incarnazione e della
passione di Cristo, accendendosi di amore per lui.
Chi si prepara soltanto perché è imminente il giorno festivo, o perché la
consuetudine lo sospinge, è per lo più tutt'altro che pronto. Beato colui che
si offre a Dio in sacrificio ogni qualvolta celebra la Messa o si comunica.
3. Nel celebrare, non essere né troppo prolisso né troppo frettoloso; ma
osserva il ragionevole uso, comune a coloro con i quali ti trovi a vivere. Non
devi, infatti, ingenerare in altri fastidio e noia; devi mantenere invece la via
consueta, secondo la volontà dei superiori, e badare più all'utile degli
altri, che alla tua devozione e al tuo sentimento.
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Cap.XI
"IL CORPO DI CRISTO E LA SACRA SCRITTURA MASSIMAMENTE NECESSARI ALL'ANIMA
DEVOTA"
Parola del discepolo
1. O soave Signore Gesù, quanto è dolce all'anima devota sedere alla tua
mensa, al tuo convito, nel quale le viene presentato come cibo nient'altro
all'infuori di te, unico suo amato, desiderabile più di ogni desiderio del suo
cuore. Anche per me sarebbe cosa soave sciogliermi in pianto, con profonda
commozione, dinanzi a te, e, con la Maddalena amorosa, bagnare di lacrime i tuoi
piedi. Ma dove è tanto slancio di devozione; dove è una tale profusione di
lacrime sante? Eppure, alla tua presenza e alla presenza dei tuoi angeli, dovrei
ardere tutto nell'intimo e piangere di gioia; giacché nel Sacramento ti
possiedo veramente presente, per quanto nascosto sotto altra apparenza. Infatti
i miei occhi non ti potrebbero sostenere, nella tua luce divina; anzi neppure il
mondo intero potrebbe sussistere, dinanzi al fulgore della tua maestà. Tu vieni
incontro, dunque, alla mia debolezza, nascondendoti sotto il Sacramento.
Possiedo veramente ed adoro colui che gli angeli adorano in cielo. Io lo adoro
per ora nella fede; gli angeli, invece, faccia a faccia, senza alcun velo. Io
devo starmene nel lume della fede, e camminare in essa, finché appaia il giorno
dell'eterna luce e venga meno il velo delle figure simboliche (cf. Ct 2,17;
4,6). "Quando poi verrà il compimento di tutte le cose" (1Cor 13,10),
cesserà l'uso dei segni sacramentali. Nella gloria del cielo, i beati non hanno
bisogno infatti del rimedio dei sacramenti: il loro gaudio non ha termine,
essendo essi alla presenza di Dio, vedendo essi, faccia a faccia, la sua gloria.
Passano di luce in luce fino agli abissi della divinità, e gustano appieno il
verbo di Dio fatto carne, quale fu all'inizio e quale rimane in eterno. Conscio
di queste cose meravigliose, trovo molesta persino ogni consolazione spirituale:
infatti tutto ciò che vedo e odo quaggiù lo considero un niente, fino a che
non veda manifestamente il mio Signore, nella sua gloria. Tu mi sei testimone, o
Dio, che non c'è cosa che mi possa dare conforto, non c'è creatura che mi
possa dare contentezza, all'infuori di te, che bramo contemplare in eterno. Ma
ciò non è possibile mentre sono in questa vita mortale; e perciò occorre che
mi rassegni a una grande pazienza e mi sottometta a te in tutti i miei desideri.
Anche i tuoi santi, o Signore, che ora esultano in te nel regno dei cieli,
aspettarono l'evento della tua gloria, mentre erano in questa vita, con fede e
con pazienza grande. Ciò che essi credettero, credo anch'io; ciò che essi
sperarono, spero anch'io; dove essi giunsero, confido, per la tua grazia, di
giungere anch'io. Frattanto, camminerò nella fede, irrobustito dagli esempi dei
santi. Terrò poi, "come conforto" (1Mac 12,9) e specchio di vita, i
libri santi; soprattutto terrò, come unico rimedio e come rifugio, il tuo Corpo
santissimo.
1. In verità, due cose sento come massimamente necessarie per me, quaggiù;
senza di esse questa vita di miserie mi sarebbe insopportabile. Trattenuto nel
carcere di questo corpo, di due cose riconosco di avere bisogno, cioè di
alimento e di luce. E a me, che sono tanto debole, tu hai dato, appunto come
cibo il tuo santo corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi "la
tua parola" (Sal 118,105). Poiché la parola di Dio è luce dell'anima e il
tuo Sacramento è pane di vita, non potrei vivere santamente se mi mancassero
queste due cose. Le quali potrebbero essere intese come le "due mense"
(Ez 40,40) poste da una parte e dall'altra nel prezioso tempio della santa
Chiesa; una, la mensa del sacro altare, con il pane santo, il prezioso corpo di
Cristo; l'altra la mensa della legge di Dio, compendio della santa dottrina,
maestra di vera fede, e sicura guida, al di là del velo del tempio, al sancta
sanctorum (Eb 6,19s; 9,3).
2. Ti siano, dunque, rese grazie, o Signore Gesù, che brilli di eterna luce,
per questa mensa della santa dottrina, che ci hai preparato per mezzo dei tuoi
servi, i profeti, gli apostoli e gli altri dottori. Ti siano rese grazie,
Creatore e Redentore degli uomini, che, per dimostrare al mondo intero il tuo
amore, hai preparato la grande cena, in cui disponesti come cibo, non già il
simbolico agnello, ma il tuo corpo santissimo e il tuo sangue, inebriando tutti
i tuoi fedeli al calice della salvezza e colmandoli di letizia al tuo convito:
il convito che compendia tutte le delizie del paradiso e nel quale banchettano
con noi, e con più dolce soavità, gli angeli santi. Quale grandezza, quale
onore, nell'ufficio dei sacerdoti, ai quali è dato di consacrare, con le sacre
parole, il Signore altissimo; di benedirlo con le proprie labbra, di tenerlo con
le proprie mani; di nutrirsene con la propria bocca e di distribuirlo agli
altri. Quanto devono essere pure quelle mani; quanto deve essere pura la bocca,
e santo il corpo e immacolato il cuore del sacerdote, nel quale entra tante
volte l'autore della purezza. Non una parola, che non sia santa, degna e buona,
deve venire dalle labbra del sacerdote, che riceve così spesso il Sacramento;
semplici e pudichi devono essere gli occhi di lui, che abitualmente sono fissi
alla visione del corpo di Cristo; pure ed elevate al cielo devono essere le mani
di lui, che sovente toccano il Creatore del cielo e della terra. E' proprio per
i sacerdoti che è detto nella legge: "siate santi, perché io, il Signore
Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). Onnipotente Iddio, venga in nostro
soccorso la tua grazia, affinché noi, che abbiamo assunto l'ufficio
sacerdotale, sappiamo stare intimamente vicini a te, in modo degno, con
devozione, in grande purezza di cuore e con coscienza irreprensibile. Che se non
possiamo mantenerci in così piena innocenza di vita, come dovremmo, almeno
concedi a noi di piangere sinceramente il male che abbiamo compiuto; concedi a
noi di servirti, per l'avvenire, più fervorosamente, in spirito di umiltà e
con proposito di buona volontà.
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Capitolo
XII "CHI SI APPRESTA A COMUNICARSI VI SI DEVE PREPARARE CON SCRUPOLOSA
DILIGENZA"
Voce del Diletto
1. Io sono colui che ama la purezza; io sono colui che dona ogni santità. Io
cerco un cuore puro: là è il luogo del mio so. Allestisci e "apparecchia
per me un'ampia sala ove cenare (Mc 14,15; Lc 22,12), e farò la Pasqua presso
di te con i miei discepoli". Se vuoi che venga a te e rimanga presso di te,
espelli "il vecchio fermento" (1Cor 5,7) e purifica la dimora del tuo
cuore. Caccia fuori tutto il mondo e tutto il disordine delle passioni; sta
"come il passero solitario sul tetto" (Sal 101,8) e ripensa, con
amarezza di cuore, ai tuoi peccati. Invero, colui che ama prepara al suo caro,
da cui è amato, il luogo migliore e più bello: di qui si conosce l'amorosa
disposizione di chi riceve il suo diletto. Sappi tuttavia che, per questa
preparazione - anche se essa durasse un intero anno e tu non avessi altro in
mente - non potresti mai fare abbastanza con le tue sole forze.
E' soltanto per mia benevolenza e per mia grazia, che ti viene concesso di
accostarti alla mensa: come se un poveretto fosse chiamato al banchetto di un
ricco e non avesse altro modo per ripagare quel beneficio che farsi piccolo e
rendere grazie. Fa' dunque tutto quello che sta in te; fallo con tutta
attenzione, non per abitudine, non per costrizione. Il corpo del tuo Diletto
Signore Dio, che si degna di venire a te, accoglilo con timore, con venerazione,
con amore. Sono io ad averti chiamato; sono io ad aver comandato che così fosse
fatto; sarò io a supplire a quel che ti manca. Vieni ed accoglimi. Se ti
concedo la grazia della devozione, che tu ne sia grato al tuo Dio; te la
concedo, non già per il fatto che tu ne sia degno, ma perché ho avuto
misericordia di te.
Se non hai questa devozione, e ti senti piuttosto arido, insisti nella
preghiera, piangi e bussa, senza smettere finché non avrai meritato di ricevere
almeno una briciola o una goccia della grazia di salvezza.
Sei tu che hai bisogno di me, non io di te. Sono io che vengo a santificare te e
a farti migliore, non sei tu che vieni a dare santità a me. Tu vieni per
ricevere da me la santità, nell'unione con me; per ricevere nuova grazia, nel
rinnovato, ardente desiderio di purificazione. "Non disprezzare questa
grazia" (1Tm 4,14); prepara invece il tuo cuore con ogni cura e fa' entrare
in te il tuo diletto.
1. Ancora, occorre, non solo che tu ti disponga a pietà, avanti la Comunione,
ma anche che tu ti conservi in essa, con ogni cura, dopo aver ricevuto il
Sacramento. La vigilanza di poi non deve essere inferiore alla devota
preparazione di prima; ché tale attenta vigilanza è a sua volta la migliore
preparazione per ottenere una grazia più grande. Taluno diventa assai mal
disposto, proprio per essersi subito abbandonato a consolazioni esteriori.
Guardati dal molto parlare; tieniti appartato, a godere del tuo Dio. E' lui che
tu possiedi; neppure il mondo intero te lo potrà togliere. Io sono colui al
quale devi darti interamente, così che tu non viva più in te, ma in me, fuori
da ogni affanno.
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Cap.XIII
"NEL SACRAMENTO L'ANIMA DEVOTA TENDA CON TUTTO SE STESSA ALL'UNIONE CON
CRISTO"
Voce del discepolo
1. "Chi mi darà, o Signore, di trovare te solo", di aprirti tutto il
mio cuore e di godere di te, secondo il desiderio dell'anima mia? "Allora
nessuno potrebbe offendermi" (Ct 8,1), nessuna creatura potrebbe scuotermi,
e neppure sfiorarmi con uno sguardo; ma sarai tu solo a parlarmi, ed io a te,
come colui che ama suole parlare con la persona amata, e come l'amico suole
stare a mensa con l'amico. Questo io chiedo, questo io desidero: unirmi tutto a
te, distogliere il mio cuore da tutto ciò che è creato e apprendere a gustare
sempre più le cose celesti ed eterne, grazie alla santa Comunione e alla
frequente celebrazione della Messa. Ah, Signore Dio, quando sarò interamente
unito e assunto in te, dimenticando del tutto me stesso? Tu in me ed io in te.
Fa' che possiamo rimanere uniti così. Veramente tu sei "il mio diletto
scelto tra mille" (Ct 5,10), con il quale piacque all'anima mia di restare
per tutti i giorni della vita. Veramente tu sei colui che mi dà la pace; colui
nel quale consiste la pace suprema, il riposo vero, e fuori del quale tutto è
fatica e dolore e miseria senza fine. "Veramente tu sei il Dio
nascosto" (Is 45,15); la tua conversazione non è con i malvagi; la tua
parola si
rivolge agli umili e ai semplici. "Oh, quanto è soave, o Signore, il tuo
Spirito" (Sap 12,1): tu vuoi mostrare la tua benevolenza ai tuoi figli e ti
degni di ristorarli "con il pane sommamente soave che scende dal
cielo"
(Sap 16,20s).
1. Davvero "non c'è altro popolo così grande, a cui i propri dei si siano
fatti così vicini, come sei vicino tu, o Dio nostro" (Dt 4,7), a tutti i
tuoi fedeli. A questi, infatti, tu doni te stesso in salutare nutrimento, quale
quotidiano conforto e quale mezzo per volgere il cuore verso il cielo. C'è
un'altra gente così gloriosa, come il popolo cristiano? C'è, sotto il nostro
cielo, una creatura da te così amata come l'anima devota, nella quale entra Dio
stesso, per nutrirla del suo corpo di Gloria? Oh!, grazia ineffabile, degnazione
meravigliosa, oh!, amore incommensurabile, privilegio concesso agli uomini. Ma
che cosa darò io al Signore in cambio di tale grazia, di un amore così
straordinario? Nulla io posso offrire, che sia più gradito del dono totale del
mio cuore al mio Dio e dell'intima unione con lui. Allora esulterò nel
profondo, quando l'anima mia sarà perfettamente unita a Dio. Allora Dio stesso
mi dirà: se tu vuoi essere con me, io voglio essere con te. Ed io a lui
risponderò: degnati, o Signore, di restare con me; mi piace, e lo voglio,
essere con te. Qui è tutto il mio desiderio, che il mio cuore sia unito al tuo.
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Capitolo
XIV "L'ARDENTE BRAMA DEL CORPO DI CRISTO IN ALCUNI DEVOTI"
Parola del discepolo
1. "Quanto è grande, o Signore, la ricchezza della tua bontà, riservata a
coloro che ti temono" (Sal 30,20).
O Signore, quando penso a certe anime devote, che si accostano al tuo Sacramento
con grandissima devozione ed amore, spesso mi sento in colpa ed arrossisco. Al
tuo altare e alla mensa della santa Comunione io vengo infatti con tanta
tiepidezza e freddezza, restando così arido e senza slancio del cuore, non
totalmente infiammato dinanzi a te, o mio Dio, e non così fortemente attratto
d'amore verso di te, come lo furono molte anime devote. Nel loro grande
desiderio della Comunione e nel palpitante loro amore, queste anime devote non
potevano trattenersi dal pianto; con la bocca del cuore, e insieme con quella
del corpo, anelavano dal profondo a te, fonte viva, non potendo calmare o
saziare la propria sete in altro modo che ricevendo il tuo corpo, con piena
letizia e con spirituale avidità. Veramente ardente, la loro fede; tale da
costituire essa stessa motivo di prova della tua presenza. Questi devoti
riconoscono davvero il loro Signore nello spezzare il pane, e il loro cuore arde
tutto per quel Gesù, che sta camminando con loro (Lc 24,30s). Da me sono spesso
ben lontani un tale slancio devoto, un amore così ardente.
1. Usami misericordia, o buon Gesù, dolce e benigno. Al poveretto tuo, che va
implorando, concedi di sentire, almeno qualche volta, nella santa Comunione, un
poco dell'impeto amoroso del tuo cuore; così si irrobustirà la mia fede, si
dilaterà la speranza nella tua bontà, e in me non verrà mai meno un amore che
già arde pienamente e che ha potuto gustare la manna del cielo. Ben può la tua
misericordia concedermi almeno la grazia del desiderio e venire a me donandomi
ardore di spirito, finché non giunga il giorno da te stabilito. In verità,
benché io non sia acceso da una brama così grande come quella delle persone
particolarmente a te devote, tuttavia sento, per grazia sua, di desiderare quel
desiderio, grande e ardente; prego e sospiro di essere unito a tutti coloro che
ti amano con fervore e di essere considerato della loro santa schiera.
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Capitolo
XV "UMILTA' E RINNEGAMENTO DI SE', MEZZI PER OTTENERE LA GRAZIA DELLA
DEVOZIONE"
Parola del Diletto
1. La grazia della devozione devi cercarla senza posa, chiederla con gran
desiderio, aspettarla con fiduciosa pazienza; devi riceverla con gratitudine e
umilmente conservarla; con essa devi diligentemente operare;
devi poi rimetterti a Dio per il tempo e il modo di questa visita dall'alto.
Quando dentro di te non senti alcuna devozione, o ne senti ben poca, ti devi
fare particolarmente umile, ma senza abbatterti troppo, senza rattristarti oltre
misura. Quello che per lungo tempo non aveva concesso, spesso Dio lo concede in
un breve istante; quello che al principio della preghiera non aveva voluto dare,
talvolta Dio lo dà alla fine.
Se questa grazia venisse data sempre prontamente e si presentasse ogni volta che
la si desidera, l'uomo,
nella sua fragilità, non la saprebbe portare. Perciò la grazia della devozione
la si deve attendere con totale fiducia e con umile pazienza. Quando non ti
viene data, oppure ti viene tolta senza che tu ne veda la ragione, danne la
colpa a te stesso e ai tuoi peccati. Talvolta è una piccola cosa che fa
ostacolo alla grazia e la nasconde: se pur piccola, e non grande cosa, possa
chiamarsi ciò che impedisce un bene così eccelso.
E se questa piccola, o, meglio, grande cosa riuscirai a rimuoverla e a vincerla
del tutto, ciò che chiedevi si avvererà. In verità, non appena ti sarai dato
a Dio con tutto il tuo cuore; non appena, anziché chiedere questo
o quest'altro, ti sarai rimesso interamente a lui, ti troverai tranquillo e in
pace con te stesso, giacché nulla avrà per te sapore più gradito di ciò che
vuole Iddio.
1. Perciò colui che, con semplicità di cuore, avrà elevato la sua intenzione
a Dio, liberandosi da qualsiasi attaccamento non retto e da un distorto amore
per le cose di questo mondo, sarà veramente degno di ricevere la grazia e
meriterà il dono della devozione. Giacché dove trova un terreno sgombro, là
il Signore concede la sua benedizione. E tanto più rapida scende la grazia,
tanto più copiosa si riversa, tanto più in alto trasporta un cuore libero,
quanto più uno rinuncia del tutto alle cose di quaggiù, morendo a se stesso e
disprezzando se stesso. Allora, "il cuore di costui vedrà e sarà
traboccante, e contemplerà e si allargherà in Dio" (Is 60,5), poiché
"con lui è la potenza del Signore" (Ez 3,14; Lc 1,66), nelle mani del
quale egli si è messo, interamente e per sempre. "Ecco, così sarà
benedetto" (Sal 127,4), colui che cerca il Signore con tutto il cuore, e
"non ha ricevuto invano la sua vita" (Sal 23,4). Della grazia grande
di essere unito a Dio egli si rende degno proprio qui, nel ricevere la santa
Eucarestia; perché non mira alla propria devozione e alla propria consolazione,
e mira invece, di là di ogni devozione o consolazione, a glorificare e ad
onorare Iddio.
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Capitolo
XVI "MANIFESTARE A CRISTO LE NOSTRE MANCHEVOLEZZE E CHIEDERE LA SUA
GRAZIA"
Parola del discepolo
O dolcissimo e amorosissimo Signore, che ora desidero devotamente ricevere, tu
conosci la mia debolezza e la miseria che mi affligge; sai quanto siano grandi
il male e i vizi in cui giaccio e come io sia frequentemente oppresso, provato,
sconvolto e pieno di corruzione. Io vengo a te per essere aiutato, consolato e
sollevato. Parlo a colui che tutto sa e conosce ogni mio pensiero; a colui che
solo mi può pienamente confortare e soccorrere. Tu ben sai di quali beni io ho
massimamente bisogno e quanto io sono povero di virtù. Ecco che io mi metto
dinanzi a te, povero e nudo, chiedendo grazia e implorando misericordia. Ristora
questo tuo misero affamato; riscalda la mia freddezza con il fuoco del tuo
amore; rischiara la mia cecità con la luce della tua presenza. Muta per me in
amarezza tutto ciò che è terreno; trasforma in occasione di pazienza tutto ciò
che mi pesa e mi ostacola; muta in oggetto di disprezzo e di oblio ciò che è
bassa creatura. Innalza il mio cuore verso il cielo, a te, e non lasciare che mi
perda, vagando su questa terra. Sii tu solo, da questo momento e per sempre, la
mia dolce attrazione, ché tu solo sei mio cibo e mia bevanda, mio amore e mia
gioia, mia dolcezza e sommo mio bene. Potessi io infiammarmi tutto, dinanzi a
te, consumarmi e trasmutare in te, così da diventare un solo spirito con te,
per grazia di intima unione, in struggimento di ardente amore. Non permettere
che io mi allontani da te digiuno e languente, ma usa misericordia verso di me,
come tante volte l'hai usata mirabilmente con i tuoi santi. Qual meraviglia se
da te io prendessi fuoco interamente, venendo meno in me stesso, poiché tu sei
fiamma sempre viva, che mai si spegne, amore che purifica i cuori e illumina le
menti?
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Capitolo
XVII "L'ARDENTE AMORE E L'INTENSO DESIDERIO DI RICEVERE CRISTO"
Parola del discepolo
1. Con devozione grandissima e con ardente amore, con tutto lo slancio di un
cuore appassionato, io desidero riceverti, o Signore, come ti desiderarono,
nella Comunione, molti santi e molti devoti, a te massimamente graditi per la
santità della loro vita e per la loro infiammata pietà. O mio Dio, amore
eterno che sei tutto il mio bene, la mia felicità senza fine, io bramo
riceverti con intenso desiderio e con venerazione grandissima, quale mai poté
avere o sentire santo alcuno. Anche se non sono degno di sentire tutta quella
devozione, tuttavia ti offro tutto lo slancio del mio cuore, come se io solo
avessi tutti quegli accesi desideri, che tanto ti sono graditi. Ché anzi, tutto
quel che un animo devoto può concepire e desiderare, tutto questo io lo porgo e
lo offro a te, con estrema venerazione in pio raccoglimento. Nulla voglio tenere
per me, ma voglio immolarti me stesso e tutto quello che ho, con scelta libera e
altamente gioiosa.
1. Signore, mio Dio, mio creatore e redentore, io desidero riceverti oggi con
quella amorosa venerazione, con quei sentimenti di lode e di onore, di giusta
gratitudine e d'amore, con quella fede e speranza e purità di cuore, con i
quali ti desiderò e ti ricevette la santissima Madre tua, la gloriosa Vergine
Maria, quando, all'Angelo che le annunciava il mistero dell'Incarnazione,
rispose, in devota umiltà: "Ecco la schiava del Signore; sia fatto a me
secondo la tua parola" (Lc 1,38). E come il tuo precursore Giovanni
Battista, il più grande tra tutti i santi, alla tua presenza, sobbalzò di
gioia, nel gaudio dello Spirito Santo, mentre era ancora nel grembo della madre;
e come di poi, scorgendo Gesù camminare tra la gente, disse con slancio devoto,
abbassando grandemente se stesso: "l'amico dello sposo, che gli sta accanto
e lo ascolta, gioisce profondamente alla sua voce" (Gv 3,29), così anch'io
bramo di essere acceso di santo e grande desiderio e di darmi a te con tutto il
mio cuore.
Per questo ti presento e ti offro i sentimenti di giubilo, gli ardenti moti del
cuore, gli alti pensieri, le luci superne e le visioni celesti di tutte le anime
devote; e mi unisco - per me stesso e per coloro che a me si raccomandano nella
preghiera - alle lodi perfette che tutte le creature ti rendono e ti renderanno,
in cielo e in terra, affinché da tutti tu sia giustamente celebrato e
glorificato per sempre. Accetta, o Signore Dio mio, i miei voti e il mio
desiderio di darti infinite lodi e copiose benedizioni, quali giustamente a te
si debbono, per la grandezza della tua ineffabile potenza. Tutto questo io ti
dono ora, e voglio donarti ogni giorno e in ogni tempo, invocando con caloroso
preghiera tutti gli spiriti celesti e tutti i tuoi fedeli a unirsi a me nel
renderti grazie e nel darti lode. Tutti i "popoli, le stirpi e le
nazioni" diano lode a te (Dn 7,14), esaltino il nome tuo, santo e soave,
con sommo giubilo ed ardente devozione. E quanti celebrano il tuo altissimo
Sacramento con venerazione e pietà, e lo ricevono con pienezza di fede, possano
trovare grazia e misericordia presso di te.
Che essi si degnino di ricordarsi di questo poveretto, quando, raggiunta la
desiderata devozione e nutriti della salutare unione con te, lasciano la sacra
mensa celeste, piene di consolazione e mirabilmente ristorati.
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Capitolo
XVIII
L'UOMO NON SI PONGA AD INDAGARE, CON ANIMO CURIOSO, INTRONO AL SACRAMENTO, MA SI
FACCIA UMILE IMITATORE DI CRISTO E SOTTOMETTA I SUOI SENSI ALLA SANTA FEDE
Parola del Diletto
1. Se non vuoi essere sommerso nell'abisso del dubbio, devi guardarti
dall'indagare, con inutile curiosità intorno a questo altissimo Sacramento.
"Colui che pretende di conoscere la maestà di Dio, sarà schiacciato dalla
grandezza di lui" (Pro 25,27). Dio può fare cose più grandi di quanto
l'uomo possa capire All'uomo è consentita soltanto una pia ed umile ricerca
della verità, sempre pronta ad essere illuminata, e desiderosa di muoversi
entro i salutari insegnamenti dei Padri. Beata la semplicità, che tralascia le
ardue strade delle disquisizioni e prosegue nel sentiero piano e sicuro dei
comandamenti di Dio. Sono molti quelli che, volendo indagare cose troppo
sublimi, perdettero la fede. Da te si esigono fede e schiettezza di vita, non
altezza d'intelletto e capacità di penetrare nei misteri di Dio. Tu, che non
riesci a conoscere e a comprendere ciò che sta più in basso di te, come
potresti capire ciò che sta sopra di te? Sottomettiti a Dio, sottometti i tuoi
sensi alla fede, e ti sarà dato lume di conoscenza, quale e quanto potrà
esserti utile e necessario. Taluni subiscono forti tentazioni circa la fede e il
Sacramento; sennonché, non a loro se ne deve fare carico, bensì al nemico. Non
soffermarti su queste cose; non voler discutere con i tuoi stessi pensieri, né
rispondere ai dubbi insinuati dal diavolo.
Credi, invece alle parole di Dio; affidati ai santi e ai profeti (2Cor 20,20), e
fuggirà da te l'infame nemico.
Che il servo di Dio sopporti tali cose, talora è utile assai. Il diavolo non
sottopone alle tentazioni quelli che non hanno fede, né i peccatori, che ha già
sicuramente in sua mano; egli tenta, invece, tormenta, in vario modo, le persone
credenti e devote.
1. Procedi, dunque, con schietta e ferma fede; accostati al Sacramento con umile
venerazione.
Rimetti tranquillamente a Dio, che tutto può, quanto non riesci a comprendere:
Iddio non ti inganna; mentre si inganna colui che confida troppo in se stesso.
Dio cammina accanto ai semplici, si rivela agli umili, "dà lume
d'intelletto ai piccoli" (Sal 118,130), apre la mente ai puri di cuore; e
ritira la grazia ai curiosi e ai superbi.
La ragione umana è debole e può sbagliare, mentre la fede vera non può
ingannarsi. Ogni ragionamento, ogni nostra ricerca deve andare dietro alla fede;
non precederla, né indebolirla. Ecco, predominano allora la fede e l'amore,
misteriosamente operanti in questo santissimo ed eccellentissimo Sacramento. Il
Dio eterno,
immenso ed onnipotente, fa cose grandi e imperscrutabili, in cielo e in terra; e
a noi non è dato investigare le meravigliose sue opere. Ché, se le opere di
Dio fossero tali da poter essere facilmente comprese dalla ragione umana, non si
potrebbero dire meravigliose e ineffabili.
FINISCE IL LIBRO DEI CONSIGLI DEVOTI PER LA SANTA COMUNIONE.