Questo termine non è soltanto sinonimo di krònos (Gr. « tempo »)
con cui si indica il susseguirsi storico degli eventi (2 Tm 4,3), ma
sottolinea anche gli interventi speciali di Dio nelle svolte decisive
della storia della salvezza (Mc 1,15). In particolare, kairós (al
singolare e al plurale) denota le azioni decisive di Dio verso gli
esseri umani mediante Cristo nella pienezza dei tempi (Ef 1,10; 1 Ts
5,1‑2; Ap 1,3; 22,10). Cf Escatologia; Parusìa; Storia della salvezza;
Tempo.
L'auto‑abbassamento a cui si sottopose la seconda Persona della Trinità
nell'Incarnazione (Fil 2,5‑11, cf 2 Cor 8,9). Ciò non significa (e non
poteva significare) l'abbandono della natura o sostanza divina. Comportò
piuttosto l'accettare i limiti dell'esistenza umana che di fatto
raggiunsero il culmine con l'umiliazione suprema della morte di croce.
Cf Croce; Gloria; Incarnazione; Pre‑esistenza; Sofferenza di Dio.
Il messaggio centrale che annuncia l'azione e l'offerta decisiva di Dio
di salvare con la morte e risurrezione di Gesù (Rm 16,25; 1 Cor 1,21;
15,3‑5), e che precede l'istruzione dettagliata intorno a Gesù e al
Cristianesimo. Nei « Settanta », la parola « kèrigma » può
essere un annuncio ufficiale da parte di un presbitero (cf Es 32,5), o
la parola ispirata di un profeta (cf Is 61,1). I Vangeli sono
eminentemente kerigmatici, in quanto sviluppano l'annuncio della buona
novella (per es., Mc 1,1.14). Cf Omelia; Predicazione; Settanta;
Teologia kerigmatica.
Una dossologia ebraica usata per la preghiera quotidiana nella Sinagoga.
Glorifica il nome di Dio per la sua grandezza e santità e riecheggia Ez
38,23: « Io mostrerò la mia potenza e la mia santità e mi rivelerò
davanti a genti numerose e sapranno che io sono il Signore ». Cf Dossologia;
Doxa; Sinagoga.
Il nome dato al modo antichissimo con cui gli Ebrei osservano il Sabato
e altre feste di precetto. Nella cena della vigilia della festa (per es.,
per il Sabato, il venerdì sera), il capofamiglia offre una coppa di vino
a tutti i presenti e pronuncia una benedezione.
Termine usato nel NT per indicare la partecipazione alle sofferenze di
Cristo (Fil 3,10), l'aiuto a coloro che si trovano nel bisogno (Rm
15,26), la partecipazione all'Eucaristia (1 Cor 10,16), la comunione con
(o realizzata da) lo Spirito Santo (2 Cor 13,13). Usato come aggettivo,
significa la partecipazione dei credenti alla vita genuina di Dio (2 Pt
1,3‑4). Oggi, koinonìa indica spesso l'unione che esiste e che
dovrebbe esistere tra le Chiese, unite dall'amore di Gesù Cristo
presente mediante il suo Spirito. Cf Conciliarità; Deificazione;
Sobornost.
Una delle forme più antiche e più importanti degli inni liturgici nella
Chiesa Orientale, che risale al V o VI secolo. Probabilmente si chiama
così a motivo del breve bastoncino di legno attorno a cui era avvolto il
testo. Però, il nome potrebbe anche venire dal fatto che la composizione
stabilisce succintamente il tono per la celebrazione liturgica che
segue. Un kondàkion può contenere da 18 a 30 (o anche più) strofe.
La composizione ha un titolo, seguito da un incisivo « proiomion »,
o introduzione che sintetizza lo spirito della festa e l'apogeo nell'« ephymnion »
o ritornello. Segue poi una serie di « oikòi » (case) o stanze,
la prima delle quali è chiamata « hirmos », e ognuna termina con
il ritornello. Gli « oikòi » sono spesso collegati acrosticamente,
in quanto ogni strofa comincia con una lettera differente dell'alfabeto.
San Romano il Melode, nato a Oms, vicino a Edessa, verso la fine del V
secolo e che servì come diacono a Costantinopoli, è il compositore più
famoso di kondakia. Il kondàkion più celebre è l'inno Akathistos.
Cf Akathistos; Cantillazione.
Triplice invocazione per chiedere misericordia, rivolta in origine a
Cristo Signore (quantunque in seguito sia stata intesa come rivolta alle
tre Persone della Trinità), intonata dal celebrante (o dal coro) e
ripetuta dall'assemblea. Nella Messa latina, viene dopo l'antifona
d'ingresso e il rito penitenziale (se non è inserita in quest'ultimo) e
prima del Gloria e della Colletta. Nelle liturgie
orientali, è il responso più comune usato nelle litanie. Il Kyrie si
trova nella liturgia di Antiochia‑Gerusalemme almeno prima del 350. Cf Colletta;
Gloria; Preghiera di Gesù.
a) È uno che ha diritti sovrani e pieni poteri su qualcuno o qualcosa.
b) È una formula cortese che si rivolge a qualcuno. Nell'AT, Dio è
chiamato « Signore » e (specialmente nei libri profetici) « Signore
degli eserciti ». Quando Gesù riceve il titolo di « Signore » (Mc 12,36;
Lc 19,31; Gv 20,18; 1 Cor 12,3; Fil 2,11; 2 Pt 2,20; Ap 22,20‑21), è
chiaramente riconosciuto come uno che non è un semplice uomo. Che questo
titolo cristologico abbia un'origine veterotestamentaria e ebraica o
un'origine ellenistica‑pagana (dove si chiamava così l'imperatore
ritenuto divino), è ancora oggetto di dibattito. Cf Cristologia;
Geova. |