C /
È il
racconto colorito di come Adamo e Eva disobbedirono deliberatamente a
Dio e così perdettero la loro esistenza innocente e ideale (Gn 3,1‑24;
cf Sap 2,23‑24; Rm 5,12‑18). La dottrina della caduta insegna che furono
i primi esseri umani (non Dio) a portare il male morale nel nostro
mondo. Questa situazione di peccato ha intaccato tutte le generazioni
susseguenti e siamo stati redenti da Cristo. Cf Adamo; Eva; Peccato
originale; Redenzione.
Cf Chiese calcedonesi; Concilio di.
È la
riforma del calendario operata dal papa Gregorio XIII con cui si passò
dal 5 al 14 ottobre 1582. Il precedente calendario giuliano, stabilito
da Giulio Cesare nel 46 a.C., non aveva tenuto conto che la terra, per
fare il suo giro attorno al sole, oltre a 365 giorni, impiega sei ore di
più. Al tempo della riforma gregoriana, il calendario risultava indietro
di una decina di giorni. Per evitare errori in futuro, fu inserito un
anno bisestile di 366 giorni ogni quattro anni e si stabilì che gli anni
di ogni fine di secolo fossero
anch'essi bisestili se erano divisibili per 400. Mentre la riforma
gregoriana ebbe effetti immediati nei paesi cattolici dell'Europa
occidentale, l'Inghilterra e le
colonie d'America l'accettarono solo nel 1752. I cristiani
ortodossi cominciarono ad ammetterla solo nel 1924, ma continuarono a
seguire il calendario giuliano per la Pasqua e le feste collegate con
essa. Coloro che, come
i monaci del Monte Athos, seguono tuttora il calendario
giuliano, sono adesso indietro di tredici giorni. Cf Calendario
liturgico; Monte Athos.
Il
calendario usato dalle varie Chiese per regolare le celebrazioni
settimanali, le feste mobili e quelle che cadono sempre nella stessa
data. Cf Domenica; Liturgia; Liturgia delle ore; Natale; Pentecoste;
Triduo pasquale; Vecchi cattolici.
Specie di
bicchiere usato per contenere il vino che viene consacrato
nella celebrazione eucaristica. In Occidente, i calici sono diventati
più piccoli da quando l'assemblea ha cessato di ricevere la Comunione
sotto le due specie. Questo venne ratificato dal Concilio di Costanza
nel 1415 (cf DS 1198‑1200; FCC 9.091‑9.092). In Oriente, siccome i
fedeli continuano a comunicarsi sotto le due specie, i calici sono
rimasti più grandi. Cf Pisside.
Ramo del
Protestantesimo che risale al riformatore svizzero Giovanni Calvino
(1509‑1564). All'interno delle Chiese protestanti, la sua teologia
(caratterizzata dall'unità dell'Antico e del NT, dalla sottolineatura
della sovranità di Dio, dalla predestinazione degli eletti al cielo e
dei reprobi all'inferno, e dalla Chiesa come unità ben ordinata che vive
in solidarietà), esercita tuttora un influsso notevole, anche se la sua
teoria sulla duplice predestinazione è stata modificata. Cf Predestinazione;
Presbiterianesimo; Protestante; Puritani; Riforma; Teocrazia; Teologia
congregazionalista; Zwinglianesimo.
Termine
tradizionale in Occidente per designare la preghiera eucaristica o
anafora della Messa. Cf Anafora; Preghiera eucaristica.
Elenco dei
libri della Bibbia riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa come ispirati
e normativi per l'insegnamento e la condotta. Tra le varie denominazioni
cristiane, l'elenco differisce. Cf Apocrifi; Antico Testamento;
Bibbia; Nuovo Testamento.
Si chiamano
così quei sacerdoti ai quali « spetta assolvere alle funzioni liturgiche
più solenni nella chiesa cattedrale o collegiale », come anche «
adempiere i compiti... affidati dal diritto o dal vescovo diocesano »
(CIC 503; cf 503‑510). Cf Cattedrale; Giurisdizione; Ordinario;
Vescovo.
Dichiarazione solenne e definitiva della Chiesa secondo cui un suo
membro, defunto e già beatificato, fa parte dei santi del cielo e va
perciò pubblicamente invocato e venerato (cf CIC 1186‑1190). Questa
proclamazione è riservata alla Santa Sede. Cf Beatificazione;
Comunione dei santi; Santità; Santo.
Cantare o
recitare brani di poesia o di prosa (tolti spesso dalla Bibbia) durante
le cerimonie liturgiche. È una prassi che è stata ereditata
dall'ebraismo. Il Nuovo Testamento riporta inni cristiani (per es., Lc
1,46‑55; Fil 2,6‑11; 1 Tm 3,16) che sono anteriori agli scritti
neotestamentari. Sant'Efrem Siro (circa 306‑373) ha composto inni per
varie feste della Chiesa e per altre occasioni liturgiche per cui si è
meritato il nome di « arpa dello Spirito Santo ». Attraverso sant'Ilario
di Poitiers (circa 310‑367), la cantillazione sembra essersi diffusa
dall'Oriente all'Occidente. Nei riti d'Oriente, la liturgia è sempre
cantata e, in molti luoghi, per non dire tutti, sono ammessi solo gli
strumenti a percussione. Cf Canto gregoriano; Liturgia.
Musica del
rito latino attribuita tradizionalmente al papa san Gregorio Magno
(circa 540‑604), il quale ha forse contribuito al suo sviluppo a Roma.
Il canto gregoriano è chiamato anche « canto fermo » in quanto non ha un
ritmo complicato. È caratterizzato da una bellezza austera e da una
disciplina che crea un'atmosfera di preghiera. Cf Cantillazione.
Cf Padri Cappadoci.
Si dice di
un presbitero che non è addetto ad una parrocchia, ma compie i servizi
di chiesa per le Forze Armate, o per istituzioni, come, per esempio,
scuole, ospedali, prigioni... (cf CIC 564‑572). Cf Parrocchia.
Segno
spirituale e indelebile (DS 1303; 1609) che contrassegna tutti coloro
che diventano membri di Cristo (mediante il battesimo e la
confermazione) o suoi ministri (mediante l'ordinazione). Cf Res et
Sacramentum; Sacerdoti; Sacramento; Sphraghìs.
Termine
usato dai cristiani orientali per indicare le intuizioni del cuore umano
e nel cuore umano nelle sue aspirazioni verso Dio, il quale vede nei
cuori e non giudica secondo le apparenze esterne (cf 1 Sam 16,7; Ger
20,12). Gesù stesso conosceva i segreti del cuore umano (Mc 2,6‑8; Gv
2,25). Il penetrare nell'« interno dei cuori » (1 Pt 3,4) è compito del
direttore spirituale, conosciuto in Russia come starez e in
Grecia come gheron. Cf Cuore; Discernimento degli spiriti;
Staretz.
In senso
generale, si dice di ogni cristiano che è chiamato ed è favorito da Dio.
In senso più specifico, il termine si riferisce a coloro che ricevono
doni speciali dello Spirito Santo, come, per esempio, il celibato (1 Cor
7,7), il dono di compiere miracoli, il discernimento, il dono delle
lingue (1 Cor 12,10). Cf Grazia; Pentecostali.
Doni
speciali dello Spirito Santo, che vanno oltre a quelli strettamente
necessari per la salvezza. Sono dati a individui o a gruppi per il bene
della Chiesa e del mondo (cf 1 Cor 12; LG 10‑12) e devono sempre essere
animati dalla carità (1 Cor 13,1). Cf Glossolalia.
È la terza
virtù teologale; presuppone le altre due (fede e speranza) e dà vita a
tutte le virtù. Il suo oggetto primario è Dio; secondariamente, è
diretta a noi e agli altri esseri umani (cf Dt 6,5; Gv 13,34; 1 Gv
4,7-5,4; 1 Cor 13,1). Cf Agàpe; Amore; Fede; Speranza; Virtù
teologali.
Applicazione di principi morali generali nel giudicare casi particolari
nelle loro circostanze specifiche come ricerca della volontà di Dio. Cf Teologia
morale; Probabilismo.
È quella
virtù che rende gli esseri umani capaci di integrare la sessualità
all'interno della loro personalità completa secondo la loro vocazione
nella vita: per il celibato, mediante l'astensione completa; per gli
sposati, mediante la fedeltà; per i non sposati, mediante
l'autocontrollo. Cf Matrimonio; Vita religiosa.
Nome dato a
diverse sètte (specialmente sètte del Medioevo in Francia, Germania e
Italia) che ammettevano come membri soltanto quelli che fossero
moralmente e dottrinalmente puri (cf DS 127; 800‑802; FCC 9.041,
6.060‑6.062, 7.025). Cf Albigeismo; Bogomili.
Nella
Chiesa primitiva, indicava sia l'istruzione impartita a coloro che si
preparavano al battesimo, sia i libri usati con questo intento. Oggi, la
parola è applicata a qualsiasi istruzione intesa ad approfondire la fede
cristiana, anche se viene data a quanti sono già battezzati (CIC
773‑780). In ultima analisi, la responsabilità della catechesi spetta
all'intera comunità. Cf Catecumeni; RICA.
Istruzione
data ai candidati al battesimo come anche qualsiasi libro usato a questo
scopo. Spesso, però, il termine si riferisce a manuali popolari che
spiegano le verità fondamentali, gli insegnamenti morali e le preghiere,
come il Catechismo della Chiesa Cattolica (uscito nel 1992).
Nella
Chiesa primitiva, si chiamava così quel periodo di preparazione al
battesimo che culminava con gli scrutini o preghiere di unzioni nella
terza, quarta e quinta domenica di Quaresima e con l'amministrazione
effettiva del battesimo durante la Veglia Pasquale. In senso largo,
questa prassi è stata rimessa in vigore per gli adulti (cf SC 64‑66) Cf Neocatecumenato;
RICA; Triduo Pasquale.
Si
chiamavano così nella Chiesa primitiva quelli che si preparavano a
ricevere i sacramenti dell'iniziazione cristiana. Occupavano un posto
particolare durante la Liturgia della Parola. Poi, il diacono li
congedava solennemente prima della preghiera dei fedeli. Cf Iniziazione;
Liturgia della Parola; Messa dei catecumeni.
Trono del
vescovo nella sua cattedrale; è il segno più antico del suo ufficio,
prima ancora che esistessero (in Occidente) gli emblemi episcopali come
la mitra e l'anello. Con a fianco due sedie più basse per i presbiteri
concelebranti, il trono del vescovo era posto dietro l'altare. Di lì,
egli predicava e presiedeva l'Eucaristia. L'espressione « ex cathedra »
si applica ai pronunciamenti solenni fatti dal Papa in forza della sua
autorità suprema. La parola « sede » per una diocesi indica che essa
possiede una sua « cattedra » episcopale. Cf Diocesi; Infallibilità;
Insediamento; Ordinario; Vescovo.
La Chiesa
principale di una diocesi dove il vescovo ha il suo trono. Cf Diocesi;
Insediamento; Vescovo.
L'unità
universale nella fede e nella prassi che viene spesso identificata con
la Chiesa Cattolica Romana e che è rivendicata anche dagli Anglicani e
dagli Ortodossi. Cf Chiese; Ecumenismo.
Cf Cattolicesimo.
Il
carattere universale della Chiesa vera e indivisa che riunisce in un
unico Popolo di Dio uomini di differenti razze, lingue e culture (cf LG
13). Cf Inculturazione; Note (segni) della Chiesa; Sobornost.
È
l'influsso esercitato da un essere o da una parte di esso su un altro
essere. La causa efficiente produce i suoi effetti su un essere che
esiste già o porta all'esistenza un altro essere. La causa materiale è
la « materia » con cui è fatta una cosa. La causa formale forma e
organizza qualcosa, rendendola quello che è. La causa finale è il fine
per cui è fatta una cosa. La causa esemplare serve da modello che va
imitato nella produzione di un essere. Per indicare che l'attività
divina e quella umana sono poste su piani differenti, Dio è chiamato Causa
prima, nel senso che tutte le altre realtà dipendono da lui nel
venire all'esistenza, nel continuare ad essere e nel loro agire. Le
creature sono chiamate cause seconde, in quanto è solo nella loro
radicale dipendenza da Dio che possono influire le une sulle altre. Cf Analogia;
Argomenti per l'esistenza di Dio; Aristotelismo; Creazione; Materia e
forma; Ontologismo.
È la
rinuncia al matrimonio per motivi religiosi. Le monache, i monaci e
altri uomini e donne nella vita religiosa esprimono questo impegno con
voto. Nella tradizione Latina, il celibato è richiesto ai candidati al
sacerdozio; ai diaconi permanenti non è permesso sposarsi dopo
l'ordinazione (CIC 247, 1037). Esiste anche un clero sposato tra i
Cattolici Orientali. I sacerdoti e diaconi Ortodossi sono generalmente
sposati, ma non possono sposarsi o risposarsi dopo l'ordinazione. In
Oriente, i vescovi devono essere celibi. Cf Diacono; Sacerdoti; Voto.
Nome usato
da alcuni Padri della Chiesa e comune fra i Protestanti per designare il
pasto eucaristico istituito da Cristo nell'ultima cena. Nell'unica
citazione neotestamentaria (1 Cor 11,20), « la cena del Signore »
comprende sia il sacrificio eucaristico sia l'agape o pasto
fraterno che seguiva. Cf Agape; Eucaristia; Liturgia; Messa;
Settimana Santa.
Sono i
religiosi professi d'Oriente che vivono in comunità e osservano la
stessa regola spirituale. Cf Monachesimo; Monte Athos; Vita
religiosa.
È la prassi
dello Stato che interferisce continuamente negli affari della Chiesa col
pretesto di difendere gli interessi dei fedeli. Gli imperatori romani
erano stati i pontefici massimi della religione pagana di stato. Quando
si convertirono al cristianesimo, vennero meno tante volte al rispetto
per l'autonomia del governo della Chiesa. Quando l'Impero sopravvisse
primariamente in Oriente, i principi bizantini dominarono i patriarchi,
specialmente nel periodo precedente alla crisi del 1054 tra l'Oriente e
l'Occidente. Cf Chiesa e Stato; Sinfonia.
Uno che ha
ricevuto un ministero ecclesiastico con precisi diritti e doveri,
superiori a quelli dei laici, ma differenti da quelli dei religiosi (cf
CIC 232). Si diventa chierici col ricevere il diaconato. Cf Laico;
Tonsura; Vita religiosa.
È la
Comunità fondata da Gesù Cristo e unta dallo Spirito Santo come il segno
decisivo della volontà di Dio di salvare l'intera famiglia umana. La
presenza di Dio che dimora tra gli uomini è espressa nella predicazione,
nella vita sacramentale, nel ministero pastorale e nell'organizzazione
di questa Comunità che consiste in una comunione di Chiese locali su cui
presiede la Chiesa di Roma. Cf Corpo di Cristo; Note (Segni) della
Chiesa; Popolo di Dio.
È quanto
rimane oggi della Chiesa persiana o caldea, separatasi dalla grande
Chiesa nel secolo V. È presente sia in Oriente che in Occidente. Questa
comunità non risentì molto dell'influsso greco, in quanto, fondata nei
primissimi tempi del cristianesimo, è con tutta probabilità originaria
dalla Palestina e da Edessa. Divenne indipendente al tempo del Concilio
di Efeso (431), da essa respinto, dopo aver già proclamato la propria
indipendenza dal patriarcato di Antiochia nel 424 e aver stabilito il
suo centro in Seleucia‑Ctesifone in Persia, fuori dell'Impero bizantino.
Questa Chiesa considerò Teodoro di Mopsuestia (circa 350‑428) come il
suo teologo guida. Il suo orientamento in cristologia fu elaborato da
teologi di uno stesso pensiero che vennero espulsi da Edessa nel 489
dall'imperatore Zenone e si portarono in Persia. Questa Chiesa è
denominata « Chiesa d'Oriente » per la sua posizione a Est dell'Impero
romano. In seguito, per aver respinto Efeso, fu largamente conosciuta
come « Chiesa nestoriana ». Oggi, i cattolici eredi di questa Chiesa
sono chiamati « Caldei », mentre quelli che non sono in unione con Roma
sono chiamati « Assiriani ». Cf Chiese Orientali; Concilio di Efeso;
Cristiani Malabarici; Edessa; Nestorianesimo; Teologia antiochena; Tre
Capitoli (I).
Con questo
binomio, si intende il rapporto tra questi due enti che sono autonomi
nel proprio ambito, ma che dovrebbero operare armoniosamente insieme per
realizzare il bene integrale della società umana e per conservare una
giusta libertà civile e religiosa. Mentre i membri della Chiesa in
quanto tali non hanno il diritto di dettare leggi in faccende politiche,
lo Stato e i suoi capi non dovrebbero pretendere di essere indipendenti
dalla legge morale sostenuta dalla Chiesa (cf DH passim). Cf Chiesa;
Fonti del Diritto Canonico Orientale; Libertà religiosa; Sinfonia.
La comunità
riunita attorno al suo vescovo può essere chiamata « Chiesa » in senso
pieno, finché è in comunione con le altre Chiese locali. Il NT applica
il termine « Chiesa » sia alle comunità locali (At 8,1; 11,2; Rm 16,1; 1
Cor 1,2), sia all'intero corpo dei cristiani (Mt 16,18; Ef 1,22). Il
Concilio Vaticano II insegna che mediante il vescovo della diocesi che
presiede la liturgia, il Popolo di Dio è manifestato più visibilmente
(cf SC 41‑42; LG 26; AG 19‑22). Cf Cattolicità; Chiesa; Eucaristia;
Rito.
Nome dato
alla Chiesa che fu aiutata da Severo (morto nel 538), Patriarca di
Antiochia e teologo, a organizzarsi e a opporsi al Concilio di
Calcedonia (451). Chiamata polemicamente « monofisita » per la sua
opposizione alla
formula del Concilio riguardante le due nature di Cristo (più che
le nature stesse), questa Chiesa prese il nome di « giacobita » dal
vescovo Giacobbe Baradaeus (circa 500‑578). Ordinato vescovo di Edessa
nel 542 dietro insistenza dell'imperatrice Teodora, Giacobbe andò in
giro predicando e ordinando vescovi. Si coprì di cenci per evitare di
essere catturato; di qui il soprannome di « Baradaeus » (« è rivestito
di cenci »). La designazione « giacobiti » si trova per la prima volta
nel Concilio di Nicea II (787), ma questa Chiesa ci tiene a denominarsi
Ortodossa Siriana. Il suo capo porta il titolo di « Patriarca ortodosso
siriano di Antiochia e di tutto l'Oriente » e risiede a Damasco, in
Siria. La liturgia di questa Chiesa, che costituisce uno dei sette riti
principali dell'Oriente, è conosciuta come « Siriana occidentale » (o «
Antiochena »). Il rito siriano occidentale è quanto mai ricco. Ha almeno
settanta anàfore eucaristiche e molti testi varianti per altre
cerimonie. La principale liturgia eucaristica è quella di san Giacomo,
che può risalire ai tempi degli Apostoli. Generalmente, la liturgia è
celebrata in lingua volgare: l'arabo è usato nel Medio Oriente, il
malayalam in India, e l'inglese negli Stati Uniti. Cf Anàfora; Chiese
Orientali; Edessa; Monofisismo; Settimana Santa.
È la Chiesa
visibile, pellegrina, di questa terra. È distinta dalla Chiesa
Sofferente (o Aspettante) costituita dalle Anime del Purgatorio, e dalla
Chiesa celeste, o dei santi che sono già in Paradiso. Cf Paradiso;
Purgatorio.
È quella
Chiesa che è chiamata spesso (con una punta polemica) Monofisita o
(tenendo conto delle sue origini) Giacobita. Però, essa preferisce
chiamarsi Chiesa Siriana Ortodossa Occidentale. Rappresenta una delle
quattro correnti principali della tradizione siriana, e tutte e quattro
hanno una forte tradizione monastica:
a) la
Chiesa siriana occidentale, col centro ad Antiochia;
b) la
Chiesa siriana orientale, col centro a Edessa;
c) la
Chiesa Melkita, che è unita a Roma e usa il greco nella liturgia;
d) la
Chiesa Maronita, unita a Roma e col suo centro nel Libano.
Liturgicamente, la Chiesa siriana occidentale è estremamente ricca,
nel senso che ha almeno settanta anafore eucaristiche e molti testi
varianti per altre cerimonie. La principale liturgia eucaristica è
quella di san Giacomo, che sembra risalire ai tempi apostolici. Le sue
principali caratteristiche sono la cerimonia dell'incenso dopo la
liturgia della Parola e una preghiera di congedo all'altare proprio alla
fine. Questa liturgia è di solito celebrata nella lingua volgare:
l'arabo è usato nel Medio‑Oriente; il malayalam in India; l'inglese
negli Stati Uniti. Cf Anafora; Chiesa Apostolica Assiriana d'Oriente;
Maroniti; Melkiti; Monofisismo; Settimana Santa.
Varie
comunità cristiane che possono differire in fatto di estensione, di
credenze, di liturgia e disciplina, ma hanno una certa unione fra di
loro in quanto professano « un solo Signore, una sola fede, un solo
battesimo » (Ef 4,5; cf AG 19‑22; LG 26; CIC 368‑572; e OE e UR passim).
Cf Chiesa; Chiesa locale; Ecumenismo.
Originariamente, si intendevano tutte quelle Chiese che avevano
accettato il Concilio di Calcedonia (451). Il termine è usato tuttora
per le Chiese ortodosse d'Oriente che non si sono separate da
Costantinopoli in seguito a questo Concilio. Cf Chiese Orientali;
Concilio di Calcedonia; Ortodossi Orientali.
Un
movimento sorto dopo la Seconda Guerra Mondiale e che intendeva rivivere
l'esperienza dei primi cristiani nella preghiera in comune e
nell'Eucaristia celebrata nelle case (cf At 1,12‑14; 2,42.46). In alcuni
casi, il movimento portò alla formazione di gruppi che si staccarono
dalle Chiese istituzionali. Questo è stato assai raro nella Chiesa
Cattolica in cui molti gruppi, regolari o spontanei, celebrarono con
gioia la Messa nelle case. Cf Carismatici; Culto; Pentecostali.
Quelle
Chiese che non accettarono il Concilio di Calcedonia (451). Cf Concilio
di Calcedonia; Ortodossi Orientali.
Sono quelle
Chiese che hanno subito una evoluzione graduale fino a diventare
comunità indipendenti dopo la morte di Teodosio I (395), quando l'Impero
romano si divise tra Oriente e Occidente. Ci sono quattro gruppi:
1) La
Chiesa Assiriana d'Oriente riconosce i primi due Concili generali, ma
non Efeso (431) che condanna Nestorio. Per questo, i suoi aderenti sono
chiamati comunemente Nestoriani.
2) Le
Chiese Ortodosse Orientali (« non‑calcedonesi ») riconoscono i primi tre
Concili generali, ma non Calcedonia (451). I loro aderenti sono soliti
essere chiamati « Monofisiti ». Questo gruppo comprende cinque Chiese
indipendenti: le Chiese armene, copte, etiopiche, siriane ortodosse,
come anche gli Ortodossi siriani dell'India, che sono a loro volta
suddivisi in Ortodossi siriani autocefali del Malankar e una Chiesa
autonoma sotto la direzione del patriarca siriano ortodosso di Damasco.
3) Le
Chiese Ortodosse Orientali la cui rottura con Roma risale
convenzionalmente al 1054. Sono tutte in comunione fra di loro e
riconoscono il Patriarca di Costantinopoli come il primo tra pari. Esse
comprendono gli antichi patriarcati di Costantinopoli, Alessandria,
Antiochia e Gerusalemme; i nuovi patriarcati di Russia, Serbia, Romania,
Bulgaria e Georgia; le Chiese autocefale di Cipro, Grecia, Polonia,
Albania e Cecoslovacchia; e la Chiesa Ortodossa d'America, la cui
autocefalia è riconosciuta da Mosca, ma non da Costantinopoli; le Chiese
autonome del Monastero di santa Caterina (Sinai); e le Chiese Ortodosse
di Filandia, Giappone e Cina. (Costantinopoli non riconosce la
situazione autocefala concessa da Mosca alla Chiesa Ortodossa in
Cecoslovacchia, ma riconosce questa Chiesa come autonoma. C'è un
problema del genere che riguarda le Chiese Ortodosse autonome del
Giappone e della Cina. Siccome furono fatte autonome da Mosca senza il
consenso di Costantinopoli, questo patriarcato non le riconosce come
tali).
4) Le
Chiese Cattoliche Orientali che sono in comunione con Roma. In
parallelismo con la Chiesa Assiriana d'Oriente, ci sono le Chiese
cattoliche Caldee e Malabariche. In parallelismo con le Chiese Ortodosse
Orientali, ci sono le Chiese armene, copte, etiopiche, siriane e del
Malankar. In parallelismo con le Chiese Ortodosse Orientali, abbiamo le
Chiese melkite, ucraine, rutene, rumene, greche, bulgare, slovache e
ungariche. Inoltre, ci sono i Cattolici bizantini nella ex‑Jugoslavia.
Le Chiese maronite e italo‑albanesi cattoliche non corrispondono a
nessun'altra Chiesa. Cf Autocefalo; Chiesa Ortodossa Siriana
Occidentale; Chiesa Siriana; Cristiani; Cristianità Armena; Cristianità
Copta; Cristianità Etiopica; Maroniti; Monofisismo; Nestorianesimo;
Ortodossi Orientali; Patriarca.
Movimento
all'inizio del cristianesimo ed anche in seguito che interpreta
Apocalisse 20,1‑5 come una promessa secondo cui, prima della fine del
mondo, Cristo stabilirà un regno di mille anni coi santi che saranno già
risorti dai morti (cf DS 3839). Cf Millenarismo.
Baldacchino
o conopeo che sovrasta l'altare in certe chiese antiche, come per
esempio, san Clemente a Roma. Cf Pisside.
Secondo la
concezione delle religioni primitive, è il luogo nel firmamento o al di
là di esso dove abitano gli dèi. La Bibbia rispecchia una cosmologia
primitiva quando concepisce la volta celeste che poggia su colonne (Gb
26,11). La Bibbia parla del cielo come del luogo dove Dio siede in trono
(Sal 11,4; 115,16) e dal quale scende (Es 19,18‑20), ma riconosce che «
i cieli e la terra » non possono contenere Dio (cf Gn 1,1; 1 Re 8,27).
Alla fine dei tempi, saranno creati cieli nuovi e una terra nuova (Is
65,17; 2 Pt 3,13; Ap 21,1-22,5). Il cielo è il « luogo », o meglio, lo
stato dove i Beati abiteranno per sempre con Dio mediante l'umanità
glorificata di Cristo (cf 1 Ts 4,17; Gv 14,3; 1 Pt 1,4). Cf Escatologia;
Paradiso; Risurrezione; Visione beatifica; Vita dopo morte.
Cinque
argomenti per l'esistenza di Dio che si trovano nella Summa
Theologiae di san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274). Dal fatto del
cambiamento (moto) nel mondo, la Prima Via deduce l'esistenza di un
Primo Motore Immobile. La Seconda Via risale dalla nostra esperienza
delle cause che producono effetti fino ad una Causa ultima non causata.
La Terza Via osserva la contingenza del nostro universo e ritiene la
necessità di una Causa Necessaria. La Quarta Via comincia coi gradi
limitati di perfezione che si trovano nell'universo e giunge ad una
prima Causa Illimitata. La Quinta Via osserva il disegno ordinato del
mondo che si può spiegare unicamente mediante l'attività finalizzata di
un divino Ordinatore. Le Cinque Vie sono state fortemente contestate da
David Hume (1711‑1776), Immanuel Kant (1724‑1804) e da altri filosofi,
ma offrono tuttora prospettive valide per la nostra conoscenza
(limitata) di Dio. Cf Argomenti per l'esistenza di Dio; Argomento
teleologico;. Causalità; Finalità.
Un concetto
sviluppato, alle volte diversamente, da Martin Heidegger (1889‑1976),
Rudolf Bultmann (1884‑1976), Hans‑Georg Gadamer (nato nel 1900) ed altri
riguardo alla ricerca di significato dell'interprete. In una situazione
storica particolare, e con una precomprensione di un dato testo,
l'interprete comincia un « dialogo ». Il testo modificherà le questioni
che gli sono poste, sfiderà le aspettative e perfino correggerà
radicalmente i nostri presupposti. Nel dialogo con l'interprete, il
testo e il suo messaggio conservano la loro priorità. Un documento del
1989 della Commissione Internazionale di Teologia (« L'interpretazione
dei dogmi ») propose una « ermeneutica metafisica » come soluzione al
pericolo di relativismo implicato nel circolo ermeneutico. Cf Ermeneutica.
Recisione
del prepuzio dei bambini per simboleggiare la loro ammissione nella
comunità religiosa. Gli Ebrei praticavano questo rito per significare la
loro alleanza con Dio (Gn 17,10‑14; Es 12,48; Lv 12,3). La Chiesa
primitiva non volle imporre la circoncisione ai convertiti, in quanto
questo rito è stato sostituito dal battesimo (At 15,5.28‑29; Gal 5,2‑6;
6,15; Col 2,11‑15). La Circoncisione di Nostro Signore viene ricordata
nel vangelo del 1o gennaio. Cf Battesimo; Ebraismo.
Cf Pericòresi.
Tentativo
del clero di far sentire la sua influenza sugli affari non
ecclesiastici; approccio ai problemi pastorali e teologici che cerca di
concentrare tutto nelle mani del clero. Cf Anticlericalismo.
Nome
collettivo per indicare i diaconi, sacerdoti e vescovi ordinati (cf CIC
232, 266). Cf Diacono; Sacerdoti; Vescovo.
Questo
Codice è stato promulgato dal papa Giovanni Paolo II (nato nel 1920) il
18 ottobre 1990. Come già nel 1927, dieci anni dopo la promulgazione
del Codex Juris Canonici (= CIC) da parte del papa Benedetto XV
(1914‑1922), la Congregazione per la Chiesa Orientale (oggi: Chiese
Orientali) propose che queste Chiese avessero il loro proprio Codice. La
proposta fu accettata dal papa Pio XI (1922‑1939) nel 1929. I primi
schemi premevano su un eccessivo centralismo di Roma e su modelli di
vita della Chiesa Latina. Dopo il Vaticano II, con la chiara
consapevolezza di speciali tradizioni, diritti, privilegi e della
disciplina sacramentale delle Chiese Orientali (OE 5‑23), Paolo VI
(1963‑1978) istituì la nuova commissione per il Codice di Diritto
Canonico delle Chiese Orientali. Nonostante l'ispirazione proveniente
dalle fonti orientali e la consultazione dei patriarchi cattolici
orientali, la principale fonte per questo Codice Orientale è rimasta il
Codice Latino promulgato nel 1983. Gli schemi hanno suscitato
discussioni circa il ruolo dei patriarchi e delle Chiese locali. È
significativo sottolineare come il primo codice per le Chiese Orientali,
il CCEO è stato generalmente recepito con rispetto. L'attuale Patriarca
di Costantinopoli, Bartholomaios I, ha studiato diritto canonico al
Pontificio Istituto Orientale (Roma), scrivendo la sua tesi dottorale
(sul bisogno di riordinare i canoni della Chiesa Bizantina) sotto la
direzione di P. Ivan _u_ek, che fu poi nominato segretario della
commissione che ha preparato il CCEO. Cf Chiesa locale; Chiese
Orientali; Patriarca.
È il codice
legislativo più importante per la Chiesa Latina. Una revisione era stata
prima annunciata dal papa Giovanni XXIII nel 1959, in vista del prossimo
Concilio Ecumenico Vaticano II (1962‑1965). Il Codice fu steso dopo
un'ampia consultazione collegiale di vescovi e conferenze episcopali (cf
LG 9, 48). Il CIC promulgato dal papa Giovanni Paolo II nel 1983
contiene 1752 canoni disposti in sette libri (il primo CIC promulgato da
Benedetto XV nel 1917 conteneva 2414 canoni divisi in cinque libri). Il
Codice del 1983 ha inteso esprimere in termini giuridici l'insegnamento
del Vaticano II e quello post‑conciliare. Cf Conferenza Episcopale;
Corpus Juris Canonici; Diritto Canonico.
Cf Fonti del Diritto Canonico
Orientale; Nomocanone.
La
responsabilità per l'intera Chiesa condivisa dai vescovi in comunione
tra di loro e con il capo del Collegio episcopale, il papa (LG 22‑23;
CIC 336‑341). Il posto primario per l'esercizio di questa collegialità
spetta ad un Concilio ecumenico, ma la collegialità è espressa anche,
sia pure in grado minore, dalle conferenze episcopali e dai Sinodi. Cf Concilio
Ecumenico; Conferenza Episcopale; Sinodo; Sobornost.
È la prima
preghiera variabile della Messa di rito latino, dopo il « Signore, pietà
», o, nelle domeniche e feste, dopo il « Gloria ». Esprime quello che
l'assemblea ha chiesto nella preghiera in silenzio. « Raccoglie »,
perciò, le preghiere e dà il tono alla festa particolare o al mistero
che viene celebrato. Cf Gloria; Kyrie.
Il fatto eo
la consapevolezza di aver fatto qualcosa di male e quindi di essere
colpevole. La colpa legale proviene dall'aver commesso un delitto (a cui
sono connesse certe pene); la colpa etica, dall'avere trasgredito certe
norme morali; quella religiosa, dall'aver offeso Dio col peccato. Gli
scrupolosi possono sentirsi colpevoli anche quando, di fatto, non hanno
peccato contro Dio. All'estremo opposto, i lassisti si ritengono
innocenti anche quando offendono Dio e recano danni reali al prossimo.
Cf Coscienza; Metànoia; Peccato.
È la colpa
attribuita ad una nazione intera, ad una famiglia, o ad un gruppo. Alle
volte, si può parlare veramente di peccati in cui è coinvolta la
stragrande maggioranza o praticamente un'intera società. Nondimeno solo
una decisione personale rende qualcuno partecipe di simili colpe
collettive che non possono essere imputate automaticamente agli
innocenti (cf Dt 24,16; Ger 31,29‑30; Ez 18,2‑4). Cf Peccato
originale.
(Lat. Gr. «
intercambiabilità di proprietà »).
Gli
attributi del Figlio di Dio incarnato sono intercambiabili a motivo
dell'unione della divinità e dell'umanità nell'unica persona divina del
Verbo Incarnato. Ciò vuol dire che gli attributi di una delle sue due
nature possono essere predicati di lui anche quando lo si nomina in
riferimento all'altra natura. Per esempio: « Il Figlio di Dio è morto
sulla croce », « Il Figlio di Maria ha creato l'universo » (cf DS 251).
Questo metodo di attribuzione richiede, però, alcune distinzioni per non
confondere le due nature. Propriamente parlando, il Figlio di Dio in
quanto Dio non è morto sulla croce; il Figlio di Maria in quanto uomo
non ha creato l'universo. Cf Concilio di Calcedonia; Concilio
Costantinopolitano II; Concilio di Efeso; Monofisismo; Unione
Ipostatica; Trisagio.
Partecipare
alla liturgia in una Chiesa diversa dalla propria. Da alcuni è chiamata
« ospitalità eucaristica » quando riguarda soltanto la condivisione
dell'Eucaristia. L'ecumenismo incoraggia a condividere la Parola di Dio,
ma i sacramenti, e specialmente l'Eucaristia, normalmente esprimono (e
promuovono) un'unione ecclesiale già presente (cf UR 8). In caso di
necessità e in assenza di clero cattolico, i Cattolici possono
confessarsi, comunicarsi e ricevere l'Unzione degli infermi da
presbiteri Ortodossi (cf OE 26‑27). Molte Chiese protestanti desiderano
estendere l'ospitalità eucaristica a ogni cristiano battezzato che crede
che Gesù Cristo è il Signore e si accosta alla mensa eucaristica con le
dovute disposizioni, in linea con la decisione espressa nel 1975 dalle
Chiese Luterane Tedesche. Gli Anglicani sono generalmente molto aperti
agli Ortodossi e ai Cattolici, poiché questi hanno una visione
eucaristica simile alla loro. Gli Ortodossi, tuttavia, ritengono che
ricevere l'Eucaristia implichi l'appartenenza alla loro Chiesa e perciò
tendono a limitare l'ospitalità eucaristica ai casi di emergenza
pastorale (per esempio, pericolo di vita), che deve essere giudicata su
base di « economia ». Quando nel 1933, in occasione di un incontro tra
Ortodossi e Anglicani, S. Bulgakov (1871‑1944) propose l'ospitalità
eucaristica occasionale tra quelli che condividevano le medesime vedute
eucaristiche, incontrò una forte opposizione. Tra la Chiesa Romana e la
Chiesa Ortodossa Siriaca esiste un accordo del 1984, firmato dal papa
Giovanni Paolo II e dal patriarca Ignazio Zakka I, che permette ai
membri delle rispettive Chiese di valersi dell'ospitalità eucaristica
quando sono impossibilitati di comunicarsi nelle loro proprie Chiese. Cf Chiese
Orientali; Comunione anglicana; Eucaristia; Ortodossia; Protestante;
Sacramento.
Il «
rimorso di coscienza » causato dalla consapevolezza dei propri peccati.
Dovrebbe portare ad un pentimento salutare e al perdono divino anziché
ad una scrupolosità morbosa per le proprie colpe. Cf Attrizione;
Contrizione; Metànoia; Virtù della Penitenza.
Partecipare
al Corpo di Cristo col ricevere l'ostia consacrata durante la Messa e
con la dovuta preparazione (per es., dopo aver confessato i peccati
gravi). Quando si riceve la Comunione in altre circostanze (per es., un
malato a casa), non si deve ignorare il nesso con la Messa. La legge
ecclesiastica prescrive che la Comunione sia ricevuta almeno una volta
all'anno, ma non necessariamente sotto le due specie (cf DS 1198‑1200;
FCC 9.091‑9.092; CIC 912‑923). Cf Eucaristia; Koinonia; Messa.
Il nome
viene usato almeno dopo la prima Conferenza di Lambeth del 1867 per
indicare la comunione delle Chiese governate episcopalmente come
province autonome, che sorse dalla riforma della Chiesa d'Inghilterra
nel XVI secolo e che riconobbe l'autorità dell'arcivescovo di
Canterbury. Essa comprese se stessa come la Chiesa dei Padri e mirò ad
essere una via intermedia tra l'autorità papale e la riforma luterana.
Dopo la « gloriosa rivoluzione » del 1688, i non‑giurati o membri della
Chiesa d'Inghilterra (compresi nove vescovi) che si rifiutarono di
giurare fedeltà ai nuovi governanti (Guglielmo e Maria) negoziarono
senza successo l'unione con i patriarchi dell'Oriente Ortodosso e con la
Chiesa russa (1716‑1725). Nel 1973 iniziò un dialogo ufficiale tra gli
Anglicani e gli Ortodossi. Dopo una serie di dichiarazioni comuni (che
espressero anche la volontà anglicana di togliere il « filioque » dal
credo), il dialogo fu sospeso nel 1977 sulla questione dell'ordinazione
delle donne. Nel 1980 iniziò una seconda fase di conversazioni
bilaterali e nel 1989, con il vescovo Giovanni Zizioulas come nuovo
presidente Ortodosso, è partita una terza fase in quella che ora è
chiamata Commissione Internazionale per il Dialogo tra Anglicani e
Ortodossi. L'enciclica del 1896 di Leone XIII, Apostolicae curae (che
respinse la validità degli Ordini anglicani), non impedì, tuttavia, che
venisse riaperto il dialogo tra Cattolici e Anglicani nelle
Conversazioni di Malines (1921‑1925) (DS 3315‑3319; FCC 9.029; cf DS
2885‑2888; FCC 7.032‑7.034). Dopo che il Vaticano II riconobbe un «
luogo speciale » alla comunione anglicana (UR 13) e, nel 1966, Paolo VI
incontrò l'arcivescovo di Canterbury, Michael Ramsey, nel 1967 iniziò i
lavori una Commissione Preparatoria Comune alla quale nel 1970 subentrò
la Commissione Internazionale Anglicana e Cattolica Romana (ARCIC I).
Questa produsse dichiarazioni comuni e chiarificazioni sull'Eucaristia,
il ministero e l'ordinazione, e sull'autorità nella Chiesa. Tutti questi
documenti furono pubblicati insieme nel « Rapporto Finale » del 1892.
Costituita nel 1983, ARCIC II ha prodotto documenti sulla salvezza e la
Chiesa e sulla Chiesa come comunione. Dal 1967 esiste a Roma un centro
anglicano, il cui direttore rappresenta le province della Comunione
Anglicana presso la Santa Sede. Con l'approvazione della Dichiarazione
di Meissen nel 1991, il sinodo generale della Chiesa d'Inghilterra ha
accettato un accordo di lavoro comune per l'unità visibile con le Chiese
luterane d'Europa. Cf Chiese Orientali; Communicatio in sacris;
Conferenza di Lambeth; Episcopaliani; Filioque; Luteranesimo; Metodismo;
Padri della Chiesa; Puritani; Riforma (La); Trentanove articoli (I);
Validità; Vescovo.
L'unione
spirituale che esiste tra Cristo e i cristiani, sia con quelli che sono
già in Paradiso (o in Purgatorio), sia con quelli che vivono in terra
(LG 49‑50). Cf Chiesa pellegrina; Cielo; Koinonìa; Purgatorio.
Ricevere la
comunione col desiderio quando la comunione effettiva non è possibile.
Coloro che desiderano comunicare spiritualmente al Corpo di Cristo
devono prepararsi come se stessero partecipando alla Messa (per es., col
chiedere perdono dei loro peccati, col leggere la Bibbia e col formulare
un atto perfetto di amor di Dio).
È l'insieme
dei cristiani riuniti per la preghiera, il ministero e la vita in
comune. Cf Chiesa; Comunità di base; Parrocchia; Vita religiosa.
Termine
proveniente dall'America Latina per indicare quei numerosi gruppi locali
di cristiani che cercano di rinvigorire la loro vita ecclesiale con la
preghiera e lo studio delle Scritture in comune, col fare uso dei propri
doni personali a servizio degli altri e con l'impegno nella comune
azione sociale. Questi movimenti sono stati incoraggiati dalle Assemblee
generali dei vescovi latinoamericani tenutesi a Medellín (Colombia) nel
1968 e a Puebla (Messico) nel 1979. I documenti di Puebla parlano di «
Comunità ecclesiali di base », per distinguerle da altri gruppi che
possono avere legami più tenui con le autorità ecclesiali. Cf Chiesa;
Opzione per i poveri; Teologia della liberazione.
La
celebrazione congiunta di uno stesso atto sacramentale da parte di
parecchi ministri presieduti da un celebrante principale. Questa prassi,
che si trova nella Chiesa primitiva, continuò in Oriente, mentre nel
rito Latino era limitata a pochi casi come per l'ordinazione dei
presbiteri. Il Concilio Vaticano II privilegiò la concelebrazione
dell'Eucaristia nella Chiesa d'Occidente, ma non per questo abolì le
cosiddette messe « private » o messe celebrate senza un'assemblea di
fedeli (ma preferibilmente con un serviente). Il Concilio ribadì il
carattere sociale dell'Eucaristia e l'unità del sacerdozio ministeriale,
in particolare, l'unità del vescovo con i presbiteri della sua diocesi
(SC 57‑58). Nelle Chiese Orientali, le messe « private » sono
sconosciute, e la concelebrazione una volta al giorno allo stesso altare
è la norma. Cf Communicatio in sacris; Unzione degli infermi.
L'atto con
cui Maria concepì Gesù con la potenza dello Spirito Santo e senza
l'intervento di un padre umano. Sulla base dei Vangeli (Mt 1,18‑25; Lc
1,26‑38), la tradizione cristiana e l'insegnamento del Magistero
ordinario hanno sempre ritenuto che Gesù è stato concepito così. Questo
insegnamento è perlomeno affermato implicitamente dal Simbolo
apostolico: « Fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine ».
Il fatto che Gesù sia nato da una donna sottolinea la sua umanità. Il
fatto che sia stato concepito mediante uno speciale intervento dello
Spirito Santo sottolinea la sua divinità. Egli è l'Emmanuele, il Dio con
noi » (Mt 1,23). Cf Cristologia; Incarnazione; Mariologia; Spirito
Santo.
Teoria
sorta al tempo del Grande Scisma (1378‑1417) mentre l'Occidente era
diviso quanto a fedeltà tra due papi o addirittura tre. Questa teoria
sosteneva che la massima autorità spetta ad un concilio ecumenico
indipendentemente dal papa. Il Concilio Vaticano II colloca, invece, il
Collegio episcopale con e sotto il papa. Cf Collegialità; Concilio di
Basilea; Concilio di Costanza; Concilio Ecumenico; Concilio Vaticano II;
Papa; Pentarchìa.
Cf Sobornost.
Concilio
convocato dall'imperatore Teodosio I per rafforzare l'unità di fede dopo
la lunga controversia ariana. Vi parteciparono 186 vescovi, tutti
Orientali. Non furono rappresentati né il papa Damaso I né l'Occidente.
Quando morì il primo presidente del Concilio, Melezio di Antiochia, san
Gregorio Nazianzeno assunse per qualche tempo la presidenza, ma si
dimise poco dopo. Il Concilio scelse allora come suo presidente
Nettario, vescovo di Costantinopoli. Il Concilio affermò la divinità
dello Spirito Santo contro gli Pneumatomachi e la piena umanità di
Cristo contro gli Apollinaristi. Riconobbe alla sede di Costantinopoli
il posto di onore nel cristianesimo dopo Roma. In seguito, questo
Concilio fu riconosciuto come il secondo Concilio Ecumenico, grazie in
parte a Calcedonia che promulgò il suo Simbolo (cf DS 150, 300; FCC
0.509). Cf Apollinarismo; Concilio di Calcedonia; Macedoniani;
Pentarchìa; Pneumatomachi; Simbolo Niceno; Spirito Santo.
Questo
quinto concilio generale fu convocato dall'imperatore Giustiniano I
(527‑565) per portare pace nella Chiesa d'Oriente. Per sconfiggere i
Monofisiti, Giustiniano invitò i 165 vescovi presenti (praticamente
tutti Orientali) a condannare Teodoro di Mopsuestia (circa 350‑428),
Teodoreto di Ciro (circa 393 ‑ 458 circa) e Iba di Edessa (435‑457) come
nestoriani. Dopo forti pressioni, il papa Vigilio (morto nel 555)
abbandonò la sua opposizione a queste decisioni e accettò il Concilio
(cf DS 421‑438; FCC 4.019‑4.034). Cf Monofisismo;
Neo‑calcedonianesimo; Nestorianesimo; Sinodo Trullano; Tre Capitoli (I).
L'imperatore Costantino IV convocò questo sesto Concilio generale per
risolvere il problema del monotelismo. Il papa Agatone fu rappresentato
da tre delegati che, però, non presiedettero. La presidenza fu assunta
dall'imperatore. Il Concilio riaffermò la professione di fede di
Calcedonia e insegnò, come corollario necessario, che in Cristo ci sono
due volontà distinte (quella divina e quella umana) le quali, però,
operano insieme in perfetta armonia morale (cf DS 550‑559). Cf Concilio
di Calcedonia; Concili Lateranensi; Monotelismo; Sinodo Trullano.
È
generalmente considerato dai Cattolici l'ottavo Concilio generale. Esso
affermò il primato di giurisdizione di Roma; condannò l'iconoclasmo e
cercò di sconfiggere i sostenitori di Fozio (circa 810 ‑ 895 circa).
Questi fu poi nuovamente insediato, deposto di nuovo, ma venerato come
santo dagli Ortodossi. Nel canone ventunesimo emanato dal Concilio, il
papa Adriano II riconobbe per la prima volta la priorità di
Costantinopoli su Alessandria (cf DS 650‑664; FCC 7.339‑7.341). Cf Iconoclasmo.
Convocato
dal papa Martino V (1417‑1431) e poi dal papa Eugenio IV (1431‑1447),
questo Concilio subì l'influsso del conciliarismo del precedente
Concilio di Costanza (1414‑1418). In parte per questo motivo e in parte
perché la Chiesa greca era d'accordo perché si tenesse un concilio
generale a Ferrara, il papa Eugenio IV ordinò che il Concilio venisse
trasferito colà nel 1437. Una minoranza a Basilea ubbidì, ma la
maggioranza rimase per eleggere un antipapa, Felice V. Questi mise a
dura prova la pazienza dei cristiani d'Occidente i quali affermarono la
loro fedeltà al papa Eugenio quando Basilea divenne scismatica. Felice V
abdicò nel 1449. A parte alcuni punti conciliaristi inaccettabili,
Basilea decretò una serie di riforme per la Chiesa (cf DS 1445). Cf Conciliarismo;
Concilio di Costanza; Concilio di Firenze.
È il quarto
concilio ecumenico. Si tenne nel 451 in una città chiamata oggi Kadi‑Köy
(Turchia) sul Bosforo, di fronte a Costantinopoli. Il Concilio fu
convocato per trattare dell'eresia monofisita di Eutiche (circa
378‑454). La sua forte opposizione a quanti dividevano Cristo in due
figli sembra averlo portato all'errore opposto, cioè, a ridurre Cristo
ad una sola natura, quella divina, o ad una terza natura originatasi
dalle due nature e che sarebbe rimasta l'unica dopo l'incarnazione.
Condannato nel 448 in un sinodo locale tenutosi a Costantinopoli,
Eutiche era stato riabilitato l'anno seguente in un Sinodo di Efeso
convocato dall'imperatore Teodosio II (401‑450). Il papa Leone I
(440‑461) chiamò questo Sinodo un « latrocinio » per certi atti di
violenza in esso compiuti e per la procedura non canonica che gli aveva
sottratto il diritto di giudicare. Espresse il suo pensiero nel famoso Tomo
a Flaviano, Patriarca di Costantinopoli (morto nel 449). Quando
Teodosio morì in seguito ad una caduta da cavallo, l'imperatore
Marciano, d'accordo col papa, convocò un nuovo Concilio a Calcedonia. Vi
si riunirono dai 500 ai 600 vescovi, tutti Orientali, eccetto tre legati
papali e due vescovi dell'Africa. I Padri conciliari condannarono
Eutiche. Dioscoro, Patriarca di Alessandria (morto nel 454), che era
stato il principale sostenitore del Sinodo di Efeso, fu deposto per
avere osato scomunicare il papa Leone. Il Concilio affermò l'unica
persona di Cristo in due nature, quella divina e quella umana. Confessò
« un solo e medesimo Cristo, Figlio, Signore, Unigenito da riconoscersi
in due nature senza confusione, senza cambiamento, senza divisione,
senza separazione, in nessun modo tolta la differenza delle nature per
ragione dell'unione, e anzi salva la proprietà dell'una e dell'altra
natura concorrenti in una sola persona e sussistenza; non in due persone
scisso e diviso, ma un solo e medesimo Figlio... » (DS 300‑302; FCC
4.012). Inoltre, il Concilio emanò 27 canoni di carattere disciplinare.
Gerusalemme divenne un patriarcato, il quinto, ma il papa rifiutò di
riconoscere il ventottesimo canone che assegnava a Costantinopoli, « la
nuova Roma », ampi poteri di giurisdizione e la dichiarava seconda solo
a Roma. Cf Concilio Costantinopolitano I; Concilio Costantinopolitano
II; Concilio di Efeso; Eutichianesimo; Gerusalemme; Monofisismo; Tre
Capitoli (I); Trisagio.
È ritenuto
generalmente come il sedicesimo concilio generale da parte dei Cattolici
ed è stato convocato per risolvere il Grande Scisma (1378‑1417), nella
cui ultima fase ben tre papi pretendevano l'ubbidienza dei Cristiani:
Giovanni XXIII, che convocò il Concilio dietro le pressioni
dell'Imperatore di Germania Sigismondo e che fu deposto dal Concilio;
Gregorio XII, che si dimise; e Benedetto XIII, che fu deposto. Al posto
di questi tre, fu eletto Martino V. Il Concilio condannò Giovanni
Wycliffe (circa 1329‑1384) e Giovanni Hus (circa 1369‑1415) (DS
1151‑1195; 1201‑1279; FCC 9.093‑9.098, 7.063‑7.087). Questo Concilio
definì anche che nell'Eucaristia Cristo è interamente presente sia nella
specie del pane sia in quella del vino (DS 1198‑1200; FCC 9.091‑9.092).
Cf Conciliarismo; Hussiti.
È il terzo
concilio ecumenico e il primo di cui possediamo gli atti conciliari. Fu
convocato dall'imperatore d'Oriente Teodosio II (408‑450) per dirimere
la controversia suscitata da Nestorio, patriarca di Costantinopoli, che
contestava il titolo « Theotòkos » (Gr. « Madre di Dio »), titolo
popolare dato a Maria. Senza aspettare i legati papali o i vescovi
siriani guidati da Giovanni, Patriarca di Antiochia (morto nel 441), san
Cirillo di Alessandria (morto nel 444) aprì il Concilio il 22 giugno
431. Nestorio fu scomunicato e il suo insegnamento venne condannato.
Efeso non coniò una nuova formula dogmatica, ma piuttosto sentenziò che
la seconda lettera di san Cirillo a Nestorio era consona con la fede di
Nicea (325). Cf DS 250‑268; FCC 4.003‑4.004). Col dichiarare Maria Madre
di Dio, il Concilio riconobbe Gesù Cristo come « un'unica e stessa »
persona divina. Questo insegnamento, che fu primariamente cristologico,
aprì la via alla formula di Calcedonia (451). L'« ottavo » canone di
Efeso riconobbe la Chiesa di Cipro come autocefala. Cf Apollinarismo;
Chiesa Apostolica Assiriana d'Oriente; Concilio di Calcedonia; Concilio
Costantinopolitano II; Nestorianesimo; Theotòkos; Tre Capitoli (I).
Computato
come il diciassettesimo concilio ecumenico dalla Chiesa Cattolica e
qualche volta datato dal 1431 in quanto la prima parte del Concilio di
Basilea fu una preparazione a quello di Firenze. Fu indetto dal papa
Eugenio IV (1431‑1447) soprattutto per realizzare l'unione con la Chiesa
greca. Si tenne a Ferrara (1438‑1439) quando giunsero i prelati greci e
fu trasferito prima a Firenze nel 1439 e poi a Roma nel 1443. Il 6
luglio 1439 fu firmata la Bolla di unione coi Greci; il 22 novembre
dello stesso anno fu raggiunta l'unione con gli Armeni. Il Concilio
ottenne anche la riunione coi Copti, con gli Etiopici (4 febbraio 1442)
e con altri cristiani orientali. Firenze ribadì l'insegnamento del «
Filioque » (senza, però, imporlo ai Greci per quanto riguarda la recita
del Credo). Il Concilio insegnò inoltre la visione immediata di
Dio subito dopo la morte per quanti fossero senza peccati o fossero già
purificati dai peccati commessi dopo il battesimo. Affermò il primato
del papa (in termini piuttosto generici) e l'esistenza dei sette
sacramenti (DS 1305‑1306, 1330‑1351; FCC 0.023‑0.024, 2.004‑2.005,
3.014‑3.015, 4.081, 6.072‑6.075, 7.029). Motivate in parte dalla paura
delle conquiste turche, le unioni raggiunte a Firenze non durarono a
lungo. Cf Chiese Orientali; Conciliarismo; Concilio di Basilea;
Filioque; Primato; Processioni; Scisma.
Fu
convocato dal papa Innocenzo IV per trattare di ciò che egli chiamò nel
discorso di apertura « le cinque piaghe della Chiesa »: lo stile di vita
scandaloso di molti chierici e laici; la presa di Gerusalemme da parte
dei Saraceni; la minaccia greca contro l'impero latino di
Costantinopoli; l'invasione dell'Ungheria da parte dei Mongoli; il
conflitto tra la Chiesa e l'imperatore Federico II. Oltre a ordinare ai
Greci di uniformarsi di più al rito latino e dopo avere chiarito alcuni
punti circa i sacramenti e il purgatorio (cf DS 830‑839), il Concilio
depose l'imperatore accusato di eresia e di intromissione nei diritti
della Chiesa. I Cattolici considerano questo Concilio come il
tredicesimo concilio ecumenico. Cf Concilio Lateranense IV; Crociate.
Fu
convocato dal papa Gregorio X che voleva una Crociata (per liberare la
Terra Santa dai Saraceni), un accordo coi Greci e una riforma per la
Chiesa. Vi parteciparono grandi teologi, come san Bonaventura e
sant'Alberto Magno. San Tommaso era stato invitato, ma morì nel viaggio,
dopo aver portato a termine uno studio preliminare « circa gli errori
dei Greci ». Nonostante una tassa imposta sulle entrate dei chierici, la
Crociata non fu mai attuata. I legati dell'imperatore Michele VIII
Paleologo firmarono una formula di unione (cf FCC 7.146). Questa fu
celebrata il 6 luglio con il canto del Filioque ripetuto tre
volte. L'unione, che in parte mirava a sedare la paura che Carlo di
Angiò cercasse di restaurare l'impero latino di Costantinopoli, si
rivelò effimera. La legislazione per la riforma della Chiesa comportò la
soppressione di alcuni Ordini e regole severe da osservarsi quando i
cardinali si riunivano per eleggere un nuovo papa. I Cattolici hanno di
solito ritenuto il Concilio di Lione II come il quattordicesimo concilio
ecumenico, ma nel 1974 Paolo VI ne parlò come di un « concilio generale
dell'Occidente ». Cf Crociate; Filioque.
Il primo
concilio ecumenico, convocato dall'Imperatore Costantino il Grande
(morto nel 337), e tenutosi a Nicea (oggi, Iznik, in Turchia) per
trattare dell'eresia ariana che minacciava di spezzare l'unità della
Chiesa e dell'Impero romano. Ario, sacerdote alessandrino, aveva
sostenuto che Cristo, ben lungi dall'essere pienamente e veramente
divino, era semplicemente la prima creatura di Dio. Il Concilio rispose
insegnando che Cristo è il Figlio « Unigenito » del Padre ed è omooùsios
(Gr. « dello stesso essere » o « consostanziale ») col Padre (cf DS
125‑130; FCC 0.503‑0.504, 9.041‑9.042). Il Concilio riconobbe anche i
diritti patriarcali di Alessandria, Antiochia e Roma e prescrisse per
tutti la soluzione alessandrina circa la data di Pasqua. Una stella
nascente del Concilio fu sant'Atanasio, divenuto poi vescovo di
Alessandria (morto nel 373), che vi partecipò come arcidiacono e
accompagnatore del suo vescovo Alessandro di Alessandria. Cf Arianesimo;
Concilio Ecumenico; Omooùsios; Patriarca; Simbolo niceno.
Concilio
convocato dall'imperatrice reggente Irene e presieduto da Tarasio,
Patriarca di Costantinopoli, con la partecipazione di circa 350 vescovi,
fra cui una delegazione dell'Occidente. Trovandosi sotto il dominio
islamico, i patriarchi di Alessandria, Antiochia, e Gerusalemme poterono
mandare soltanto due monaci ciascuno. Nel condannare l'eresia
iconoclasta (gr. « distruzione delle immagini »), il Concilio accolse
una lettera mandata dal papa Adriano I e distinse fra prosk_nesis (gr. «
venerazione ») o devozione manifestata alle immagini in quanto
rappresentano Dio e i Santi, e latrìa (gr. « adorazione ») o
culto dovuto a Dio solo. Il Concilio condannò anche la simonìa e
dichiarò nulle e invalide le elezioni di vescovi fatte da autorità
civili (cf DS 600‑609). Questo Concilio è ritenuto dai Greci Ortodossi
come il settimo (ed ultimo) Concilio ecumenico. Esso forma come una
sintesi e come l'epilogo dei sei concili precedenti. Cf Icona;
Iconoclasmo; Sette concili ecumenici (I); Venerazione dei santi.
Concilio
tenutosi a Sardica (oggi, Sofia, capitale della Bulgaria) e convocato da
Costante I, imperatore d'Occidente e da suo fratello Costanzo II,
imperatore d'Oriente, per sedare un diverbio tra l'Oriente e l'Occidente
causato dall'Arianesimo e dalla questione dell'ortodossia di
sant'Atanasio di Alessandria (circa 296‑373). Dopo il loro arrivo, la
maggior parte dei vescovi orientali affermarono di aver udito che il
loro imperatore aveva riportato una vittoria e si ritirarono a
celebrarla nella vicina Filippopoli. Gli Occidentali, sotto la
presidenza di Osio di Cordova, proclamarono l'ortodossia di Atanasio e
anche di Marcello di Ancira (= Ankara; Marcello morì nel 374 circa).
Questo concilio è importante anche per i suoi canoni disciplinari, dove,
tra l'altro, si ammetteva la possibilità di appello al papa (cf DS
133‑136; FCC 7.125‑7.126). Cf Arianesimo; Modalismo; Primato.
Fu
convocato da Paolo III per venire incontro alla grande necessità di una
riforma e tenuto nel Nord Italia, nella città di Trento. I cattolici lo
classificano come il diciannovesimo concilio ecumenico. Il Concilio di
Trento fu il grande concilio della Contro‑Riforma; portò precisazioni
sulla dottrina cristiana e rinnovò la disciplina. È costituito di tre
periodi. Le prime otto sessioni (1545‑1547) trattarono temi importanti
sollevati dai Riformatori, come il rapporto tra la Scrittura e la
Tradizione, il peccato originale, la giustificazione e i sacramenti (cf
DS 1500‑1630; FCC 2.006‑2.010, 3.054‑3.060, 8.053‑8.116, 9.006‑9.019,
9.048‑9.061, 9.070‑9.072). La tensione fra l'imperatore Carlo V e Paolo
III portò a una sospensione del Concilio. Questo venne ripreso sotto il
papa Giulio III in un secondo periodo (1551‑1552). I lavori dalla
sessione nona a quella quattordicesima comprendono i decreti
sull'Eucaristia e sui sacramenti della Penitenza e dell'Estrema Unzione
(chiamata oggi: « Unzione degli infermi ») (cf DS 1635‑1719; FCC
9.132‑9.159, 9.227‑9.271, 9.274‑9.284). A causa della rivolta di vari
principi contro l'imperatore, il Concilio dovette ancora una volta
essere sospeso, e infine si riunì in un terzo periodo (1562‑1563) sotto
il papa Pio IV. Le sessioni da 15 a 25 definirono le dottrine
riguardanti l'Eucaristia, i sacramenti dell'Ordine e del Matrimonio e il
Purgatorio. Le misure disciplinari riguardavano questioni come la «
forma » del matrimonio, le indulgenze, la necessità di un indice dei
libri proibiti, e tutta una serie di riforme della Chiesa (cf DS
1725‑1861; FCC 9.160‑9.191, 9.288‑9.303, 9.344‑9.359, 9.363,
7.343‑7.347). I decreti del Concilio di Trento, approvati da Pio IV nel
1564 (cf DS 1862‑1870, FCC 0.518‑0.525) diedero una base solida e chiara
per il successivo insegnamento della Chiesa, per la teologia, per le
riforme istituzionali e per il rinnovamento spirituale. Cf Anabattisti;
Battesimo; Calvinismo; Contro‑Riforma; Eucaristia; Forma del matrimonio;
Giustificazione; Grazia; Luteranesimo; Protestante; Riforma (La);
Sacramento; Sacramento della penitenza; Scrittura e Tradizione; Sola
Fede; Sola Grazia; Sola Scrittura; Unzione degli infermi; Zwinglianismo.
Questo
Concilio fu convocato dal papa Clemente V (1264‑1314) e tenuto a Vienne,
in Francia, nel Delfinato. Francese di nascita, il papa aveva trasferito
la sede papale ad Avignone, nel Sud della Francia, nel 1309 e ivi i papi
rimasero fino al 1377. Questo periodo fu chiamato la « cattività di
Avignone ». Volendo appropriarsi i beni dei Templari, un ordine di
soldati religiosi fondati da Ugo di Payens nel 1119, il re Filippo IV («
il Bello ») costrinse il papa e il Concilio a condannarli imbastendo
false accuse di eresie e di immoralità. Il Concilio condannò inoltre le
Beghine, suore che conducevano una vita comune semi‑religiosa, e la loro
controparte maschile, i Begardi che sostenevano la possibilità di vedere
Dio con gli sforzi naturali (cf DS 891‑899; FCC 7.058). Il Concilio
impose un tributo per una crociata, ma il denaro finì nelle tasche di
Filippo IV. Senza nominare Pietro Olivi (circa 1248‑1298), il capo dei
Francescani spirituali, il Concilio condannò tutta una serie di
proposizioni attribuite a lui; insegnò che Cristo realmente soffrì,
perché aveva una natura umana completa; l'anima è la forma del corpo; il
battesimo dei bambini è necessario per la salvezza (DS 900‑904; FCC
3.029). Concilio Ecumenico; Crociate; Visione beatifica.
Assemblea
straordinaria di vescovi della Chiesa universale i quali, con e sotto il
papa, insegnano e legiferano collegialmente e possono anche pronunciarsi
infallibilmente su problemi di fede e di costumi fondati sulla
rivelazione. Sulla base di un primo elenco steso da san Roberto
Bellarmino (1542‑1621), i Cattolici accettano comunemente ventun concili
ecumenici dal Niceno I (325) al Vaticano II (1962‑1965). Secondo le
norme attuali, spetta al papa convocare un Concilio, presiederlo
personalmente o attraverso i suoi legati, determinarne il programma,
estendere l'invito a persone che strettamente parlando non avrebbero il
diritto a parteciparvi, e confermare i decreti del Concilio. Un Concilio
ha bisogno di una nuova convocazione se il papa muore mentre il Concilio
è ancora aperto (CIC 337‑341). Cf Conciliarismo; Conferenza
Episcopale; Recezione; Sette Concili Ecuminici (I); Sinodo dei vescovi.
Una serie
di Sinodi e di Concili che si sono tenuti nel palazzo del Laterano,
adiacente a san Giovanni in Laterano, cattedrale del vescovo di Roma.
Nel primo millennio, tutti i concili ecumenici si sono tenuti in
Oriente; però, alcuni Sinodi del Laterano hanno goduto di una certa
importanza. Il primo fu convocato da Costantino il Grande contro i
Donatisti e fu tenuto nel 313 sotto il papa Milziade. Per combattere il
Monotelismo, un altro Sinodo famoso fu tenuto nel 649 sotto il papa
Martino I, con l'appoggio di un grande teologo orientale, san Massimo il
Confessore. Nel Medioevo, cinque concili del Laterano vennero ad essere
ritenuti ecumenici dalla Chiesa Latina. Cf Concilio Ecumenico;
Donatismo; Monotelismo; Sinodo.
Fu
convocato dal papa Callisto II per ratificare il Concordato di Worms,
che pose termine al lungo conflitto delle investiture tra la
Chiesa e lo Stato. Il punto dibattuto era il diritto degli imperatori e
dei principi di consegnare ai vescovi le insegne del loro ufficio e di
ricevere da loro un attestato di fedeltà. Il Concilio legiferò contro le
investiture da parte delle autorità civili e mediante venti canoni cercò
di riformare il clero (cf DS 710‑712). È considerato dalla Chiesa
Cattolica il nono Concilio Ecumenico.
Fu
convocato dal papa Innocenzo II la cui elezione aveva provocato uno
scisma. Questo Concilio condannò l'antipapa Anacleto II (morto nel 1138)
e i suoi seguaci. Promulgò anche vari canoni contro l'usura e la simonia
(cf DS 715‑716), e condannò coloro che simulassero i sacramenti o
addirittura li rigettassero (cf DS 717‑718; FCC 9.035, 9.197). C'era
anche una rappresentanza di Orientali. Dai Cattolici è ritenuto il
decimo Concilio Ecumenico.
Concilio
lateranense III (1179).
Concilio
voluto dal papa Alessandro II per assicurare la libertà nella Chiesa
dopo che l'Imperatore Federico I (il Barbarossa) aveva sostenuto tre
antipapi. Il decreto più importante richiedeva dai cardinali una
maggioranza di due terzi per l'elezione del papa. Questo Concilio emanò
anche decreti sul vincolo del matrimonio e sulla forma del battesimo (cf
DS 751‑758). I Cattolici lo annoverano come l'undicesimo Concilio
Ecumenico.
Il concilio
più importante dell'Occidente nel Medioevo. Fu convocato dal papa
Innocenzo III giunto al vertice del potere temporale della Chiesa. La
sua legislazione mirò ad assicurare una società cristiana universale, un
sogno nutrito dalla recente fondazione dell'Impero Latino e del
patriarcato di Costantinopoli (1204‑1263). Dando per scontato che lo
scisma fra Oriente e Occidente fosse finito, il Lateranense IV elencò i
patriarcati in questo modo: Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e
Gerusalemme. Adottando misure contro gli Albigesi, i Catari e i Valdesi,
il Concilio condannò anche alcune teorie di Gioacchino da Fiore (morto
nel 1202). Si stabilì che i predicatori avessero un permesso speciale o
« missio canonica » da parte del loro vescovo. La parola « transostanziazione »
venne usata per descrivere il cambiamento effettuato dalla consacrazione
durante la celebrazione eucaristica. Il Concilio vietò l'esistenza di
nuovi Ordini religiosi, costringendo i Domenicani ad adottare una regola
già vigente. Fu richiesta la confessione annuale per coloro che fossero
caduti in qualche peccato mortale (cf DS 800‑820; FCC 6.060‑6.068,
7.025, 9.198‑9.200). Per i Cattolici questo è il dodicesimo Concilio
Ecumenico. Cf Albigeismo; Crociate; Inquisizione; Giurisdizione;
Transostanziazione; Valdesi.
Convocato
dal papa Giulio II (1443‑1513) per combattere certe forme di
conciliarismo ed alcune teorie che sembravano negare l'individualità e
l'immortalità dell'anima. Dopo la morte di Giulio II, succedette Leone X
(1475‑1521). Furono stabilite alcune riforme molto utili, ma fu fatto
ben poco per attuarle. La Chiesa si trovò così impreparata per la forte
sfida che sorse proprio nell'anno in cui si chiuse questo Concilio: le
95 tesi pubblicate da Martin Lutero proprio nel 1517 (cf DS 1440‑1449;
FCC 0.035‑0.037, 3.031‑3.032). Per i Cattolici il Concilio Lateranense V
è il diciottesimo Concilio Ecumenico. Cf Conciliarismo; Luteranesimo;
Riforma (La).
Convocato
da Pio IX (papa dal 1846 al 1878) e con lo scopo di trattare molte
tematiche fra cui le Chiese d'Oriente. I Patriarchi ortodossi erano
stati invitati a partecipare al Concilio, ma declinarono l'invito. I
lavori furono interrotti quando le truppe italiane occuparono Roma nel
settembre 1870. Fino allora, il Concilio aveva prodotto due
Costituzioni: Dei Filius (Lat. « Figlio di Dio ») in cui si
trattava di Dio Creatore, della rivelazione, della fede e del rapporto
tra la fede e la ragione (DS 3001‑3045; FCC 3.018‑3.025, 1.061‑1.090);
e Pastor Aeternus (Lat. « il Pastore eterno »), sul primato e
sull'infallibilità del papa (DS 3050‑3075; FCC 7.176‑7.199). Contro il
fideismo e il tradizionalismo, la Dei Filius insegnò che dalle
opere della creazione si poteva conoscere Dio con certezza. Nell'AT e
nel NT c'è stata una rivelazione « soprannaturale » delle verità divine
o misteri (al plurale). La definizione dell'infallibilità pontificia
provocò lo scisma dei « Vecchi Cattolici » e fu bistrattata dal «
Cancelliere di ferro » della Germania, Otto von Bismarck (1815‑1898) nel
suo Kulturkampf (Tedesco « lotta culturale »), un tentativo di
subordinare la Chiesa all'autorità civile (cf DS 3112‑3117). Il Vaticano
I rafforzò la fede cattolica e l'autorità del papa, ma il suo
insegnamento sulla rivelazione e sull'autorità papale dovettero essere
completati dall'insegnamento del Vaticano II, rispettivamente sulla
risposta personale all'autocomunicazione divina e sulla collegialità dei
vescovi. Cf Fideismo; Infallibilità; Primato; Razionalismo;
Rivelazione; Soprannaturale; Tradizionalismo; Ultramontanismo; Vecchi
Cattolici.
Fu
convocato dal papa Giovanni XXIII (1881‑1963; papa dal 1958) ed è
ritenuto dai Cattolici il ventunesimo Concilio ecumenico. La prima
sessione si tenne sotto il papa Giovanni XXIII e le altre tre sotto il
papa Paolo VI (1897‑1978; papa dal 1963). Il Concilio intese realizzare
un aggiornamento della vita della Chiesa e delle formulazioni
dottrinali. Invece di definire nuovi dogmi, volle essere pastorale e
promuovere la causa dell'unità dei cristiani e della famiglia umana. Il
numero di vescovi non europei che vi parteciparono, fino allora mai così
grande, portò Karl Rahner (1904‑1984) a dividere la storia del
cristianesimo in tre periodi:
a) la
Chiesa delle origini coi Giudei‑cristiani;
b) la
Chiesa di una cultura specifica, Ellenica o Latina (Europea), che durò
molti secoli;
c) e la
Chiesa di tutte le nazioni, che cominciò con il Vaticano II.
Al
Concilio parteciparono oltre duemila vescovi cattolici e osservatori non
cattolici delle principali confessioni cristiane. Questo accrebbe il suo
valore e fornì una buona piattaforma per il dialogo e un punto di
riferimento per tutti. Il 7 dicembre 1965, Paolo VI e il patriarca
ortodosso di Costantinopoli Atenagora pubblicarono una dichiarazione
congiunta in cui espressero il rincrescimento per nove secoli di
divisione e la speranza in una futura riconciliazione. Il primo dei
sedici documenti del Concilio fu la Sacrosanctum Concilium (Lat.
« Il sacro Concilio ») (4 dicembre 1963), Costituzione liturgica che
decise la riforma della liturgia mediante
a) un
ritorno alle forme più antiche e più semplici e
b) l'uso
della lingua del posto.
Il
decreto Inter Mirifica (Lat. « Tra le meravigliose invenzioni »)
(4 dicembre 1963) attirò l'attenzione sui mezzi di comunicazione
sociale. La seconda sessione produsse la Costituzione dogmatica sulla
Chiesa, Lumen gentium (Lat. « Luce delle genti »), una delle
realizzazioni più importanti del Concilio. Fu approvata lo stesso giorno
(21 novembre 1964), del decreto sulle Chiese Cattoliche Orientali, Orientalium
Ecclesiarum (Lat. « Delle Chiese Orientali »), e del decreto
sull'ecumenismo, Unitatis redintegratio (Lat. « Ristabilimento
dell'unità »), documenti che affidavano alla Chiesa il lavoro ecumenico
che doveva portare frutti nei successivi dialoghi ufficiali e non
ufficiali. Nella quarta sessione, il Concilio emanò un decreto sul
dovere pastorale dei vescovi, Christus Dominus (Lat. « Cristo
Signore »), un documento che mirò a rinnovare le strutture sinodali
nella Chiesa. Lo stesso giorno (28 ottobre 1965), il Concilio promulgò
altri due decreti: Optatam totìus (Lat. « Auspicato rinnovamento
di tutta la Chiesa »), sulla formazione dei presbiteri, e Perfectae
caritatis (Lat. « Della perfetta carità ») sul rinnovamento della
vita religiosa, e due dichiarazioni: Gravissimum educationis (Lat.
« L'estrema importanza dell'educazione ») sull'educazione cristiana e Nostra
aetate (Lat. « Nel nostro tempo ») sul rapporto positivo della
Chiesa con le religioni non cristiane. Il 18 novembre 1965 il Vaticano
II approvò ancora due documenti: Dei Verbum (Lat. « La Parola di
Dio »), un importante contributo sulla rivelazione divina, che trattò
anche della fede, della Scrittura, Tradizione, verità biblica,
interpretazione dei Vangeli e ruolo delle Scritture nel rinnovamento
della Chiesa intera. L'altro documento fu un decreto sull'apostolato dei
Laici, Apostolicam actuositatem (Lat. « L'attività apostolica »).
Il 7 dicembre 1965, uscirono gli ultimi quattro documenti del Concilio:
una dichiarazione sulla libertà religiosa, Dignitatis humanae (Lat.
« Della dignità umana »); un decreto sull'attività missionaria della
Chiesa, Ad gentes (Lat. « Alle Genti »); un decreto sul ministero
e la vita dei presbiteri, Presbyterorum Ordinis (Lat. «
Dell'Ordine dei presbiteri ») e il testo più lungo del Vaticano II, Gaudium
et spes (Lat. « Le gioie e le speranze »), una Costituzione
pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. L'8 dicembre 1965, il
Concilio Vaticano II, il più grande evento nella vita della Chiesa
Cattolica di questo secolo, si concludeva con una liturgia solenne. Cf Concilio
ecumenico; Cristiani bizantini; Dogma; Lingua volgare; Sinodo; Sinodo
dei vescovi.
È la
cooperazione necessaria e continua di Dio che rende le creature capaci
di iniziare, continuare e compiere le loro azioni. Siccome le creature
razionali commettono anche peccati, sorge il problema: Come va intesa la
collaborazione di Dio in azioni che deliberatamente sono contrarie alla
volontà divina? Cf Grazia; Libertà; Molinismo; Onnipotenza;
Pelagianesimo; Sinergismo
In genere,
desiderio o avidità. Più specificamente, si riferisce al desiderio
disordinato che proviene dal peccato originale e che rimane anche dopo
il battesimo (cf DS 1515; FCC 3.059). Cf Concilio di Trento; Peccato
originale.
Assemblea
di vescovi cattolici di un determinato paese o di una data regione. Si
tiene almeno ogni cinque anni per programmare collettivamente le
iniziative pastorali che giovino al bene della Chiesa nell'intero
territorio. Quando le decisioni ottengono la maggioranza dei due terzi e
vengono confermate dalla Santa Sede, hanno forza di legge per l'intero
territorio (cf CD 38; CIC 447‑459). Cf Collegialità; Motu Proprio;
Vescovo.
Assemblee
di vescovi anglicani che cominciarono nel 1867 e sono ora tenute circa
ogni dieci anni. Avvengono generalmente a Londra nella residenza
dell'arcivescovo di Canterbury. Le decisioni di quese conferenze non
sono di per sé vincolanti, ma hanno una vasta influenza, specialmente
all'interno della comunità anglicana. Cf Comunione anglicana.
Movimento
che mira a promuovere l'unità di azione nelle varie Chiese autocefale
che costituiscono la Chiesa Ortodossa e a favorire i rapporti con le
altre Chiese. La prima consultazione panortodossa avvenne a
Costantinopoli nel 1923. La seconda, che si tenne sul Monte Athos nel
1930, discusse il programma per un futuro pre‑concilio panortodosso
destinato a sua volta a preparare un Santo e Grande Concilio
Panortodosso. La prima Conferenza Panortodossa fu tenuta nel 1961; la
seconda, nell'isola di Rodi nel 1963, discusse sull'invio di osservatori
al Concilio Vaticano II; la terza avvenne ancora a Rodi nel 1964 ed
espresse ufficialmente l'avvìo del dialogo con la Chiesa Cattolica
Romana. La quarta si riunì nel 1968 a Chambésy, presso Ginevra, e fu
deciso di aprirvi un segretariato per preparare il futuro Grande
Concilio e rivederne il programma. Temi come gli impedimenti
matrimoniali, la riforma del calendario, il digiuno e la posizione delle
Chiese Ortodosse fuori dai loro territori tradizionali vi figuravano
come temi di primaria importanza. Un incontro preparatorio ebbe luogo
nel 1971 ancora a Chambésy. Questo portò a tre conferenze Panortodosse
pre‑conciliari (nel 1976, 1982 e 1986) tenutesi nello stesso luogo per
discutere in profondità su questi temi e anche sui rapporti ecumenici
con altre Chiese. Cf Chiese Orientali; Concilio Vaticano II; Dialogo;
Ecumenismo.
Nome dato
in Occidente a uno dei sette sacramenti, e precisamente al secondo
dell'iniziazione cristiana. Il ministro impone le mani sui candidati e
unge la fronte con il crisma dicendo: « Ricevi il sigillo dello Spirito
Santo che ti è dato in dono ». In Oriente, la confermazione, chiamata
crismazione, è amministrata dal presbitero subito dopo il battesimo del
bambino. In Occidente, la confermazione è amministrata dal vescovo, e
per ragioni pastorali viene più tardi (per es., quando si ha l'uso di
ragione, o nel periodo dell'adolescenza). I convertiti adulti, comunque,
sono confermati immediatamente dopo il battesimo e prima di ricevere la
prima comunione. L'Oriente riconosce la presenza del vescovo nel fatto
che il crisma è stato benedetto da lui. In Occidente, il semplice
presbitero può essere il ministro straordinario della Confermazione (cf
CIC 882; 879‑896). Cf Battesimo; Carattere; Carismi; Crisma;
Iniziazione; RICA; Sacramento; Spirito Santo.
L'intero
sacramento della penitenza, o quella parte di esso in cui i penitenti
riconoscono i loro peccati davanti al sacerdote (CIC 959‑991; cf
915‑916). La confessione si compie di solito individualmente, ma
l'assoluzione generale (o assoluzione di un gruppo senza premettervi la
confessione) può essere data in certe circostanze (cf CIC 961). La
confessione una volta all'anno è obbligatoria a tutti i cattolici che
hanno raggiunto l'uso di ragione (CIC 989). La confessione dei peccati
veniali è raccomandata, mentre i peccati gravi vanno tutti confessati
(CIC 988): questo è un altro canone che dimostra come il Codice del 1983
parla di peccati « gravi » anziché di peccati « mortali ». Cf Assoluzione;
Attrizione; Contrizione; Concilio Lateranense IV; Sacramento della
Penitenza; Soddisfazione; Peccato.
È la prima
esposizione confessionale della Chiesa luterana. Composta principalmente
da Filippo Melantone e presentata a Carlo V nella Dieta di Augusta nel
1530, essa consiste in ventuno articoli che presentano in sintesi la
dottrina essenziale di Lutero e sette articoli diretti contro abusi
della Chiesa Romana. Nel 450o anniversario di questa Confessione (1980),
il papa Giovanni Paolo II si unì ai vescovi di Germania nel riconoscere
che la Confessione di Augusta esprime verità fondamentali della nostra
comune fede cristiana. Cf Dialogo; Luteranesimo.
Professione
di fede approvata dal Sinodo di Gerusalemme del 1672 e riconosciuta come
vincolante dalla Chiesa Ortodossa Orientale. Fu composta principalmente
da Dositèo (1641‑1707), patriarca Ortodosso di Gerusalemme dal 1669, il
quale si oppose all'influsso protestante sulla Chiesa Bizantina, e in
particolare alle idee di Cirillo Lukaris. Cf Chiese Orientali;
Ortodossia.
Professione
di fede di tendenza calvinista scritta dal patriarca di Costantinopoli
Cirillo Lukaris (1572‑1638), il teologo più importante della Ortodossia
Orientale dopo la caduta di Costantinopoli (1453). Sebbene sia stata
ripetutamente condannata nella Chiesa Orientale, la confessione esercitò
una notevole influenza sulla teologia ortodossa. Cf Calvinismo;
Chiese Orientali; Teologia Orientale.
Professione
di fede composta dal metropolita ortodosso di Kiev, Pietro Moghila
(1597‑1646), in opposizione alle tendenze calviniste di Cirillo Lukaris.
Approvata con alcune modifiche dal Sinodo di Jassy, nell'odierna Romania
(1642) e dai principali patriarchi ortodossi nel 1643, questa
confessione rimane il documento filo‑latino più importante che sia stato
accettato dagli Ortodossi.
Credenze e
pratiche provenienti dagli antichi classici cinesi e trasmessi in modo
speciale da Confucio o K'ung Fu‑tzu (circa 550‑478 a.C.). È probabile
che sia l'autore dell'ultimo dei cinque libri classici o « canonici »:
il Shu King (documenti storici), il Shih King (poemi), il Li Ki
(cerimonie e istituzioni), il Yi King, o libro del cambio, e gli Annali
di Lu. Confucio approvò la religione tradizionale del suo tempo,
privilegiando i rituali religiosi e credendo fermamente nel T'ien, una
potenza cosmica suprema che assegna alle cose e agli esseri umani le
rispettive sorti. Su questa base, Confucio sviluppò il suo insegnamento
etico. Insistette sulla sincerità, sulla fedeltà ai principi, e sulla
formazione alla gentilezza (jên) e al buon carattere. Insegnò che
la bontà interiore è espressa pienamente in tutte le relazioni umane
attraverso il decoro, la correttezza e l'osservanza dei riti (li).
I segni della vera nobiltà sono la gentilezza, la pietà filiale, la
fedeltà, la reciprocità, la corretteza e un armonioso equilibrio tra gli
estremi. Dal 200 circa a.C. al 1912 d.C., il Confucianesimo fu la
religione ufficiale di stato in Cina. Cf Buddismo; Taoismo; Zen.
L'atto
solenne con cui qualcosa o qualcuno è messo da parte per Dio. Le persone
sono consacrate per i servizi sacri; gli edifici sono destinati al
culto; il pane e il vino sono consacrati nel punto culminante della
celebrazione eucaristica.
Cf Sensus fidelium.
Tre ideali
radicali per il discepolato cristiano che comportano la scelta libera di
una vita di povertà, celibato e obbedienza per amore del Regno di Dio
(cf DS 1087‑1094, 1810, 3911; FCC 7.073‑7.074, 9.357; CIC 573; LG
43‑44). Cf Celibato; Perfezione; Povertà; Regno di Dio; Ubbidienza;
Vita religiosa.
Una
riunione di Chiese che fu formata dal sorgere del Movimento Fede e
Ordine e da quello Vita e Lavoro nella prima assemblea del Consiglio
Ecumenico delle Chiese a Amsterdam nel 1948. L'intento princpale di
questo Consiglio è quello di chiamare tutte le Chiese a raggiungere
l'unità visibile in un'unica fede e in un'unica Eucaristia. Nello stesso
tempo, il Consiglio Ecumenico considera se stesso come un'espressione
provvisoria di quella unità e come il luogo d'incontro e di
collaborazione tra le Chiese cristiane. Furono tenute assemblee generali
ad Amsterdam (1948), a Evanston USA (1954), a Nuova Delhi (1961), a
Uppsala (1968), a Nairobi (1975), a Vancouver (1983) e a Canberra
(1991). Il Consiglio Ecumenico delle Chiese con sede a Ginevra comprende
314 Chiese che appartengono a varie tradizioni: Anglicani, Ortodossi e
Protestanti. A partire dal 1965, la Chiesa Cattolica, pur non facendone
parte, ha contatti regolari con il Consiglio Ecumenico mediante il
gruppo di lavoro congiunto. Cf Dialogo; Ecumenismo; Fede e Ordine.
Cf Omooùsios.
(Lat. «
insieme alla sostanza »).
Teoria
condannata dal Concilio di Trento (1545‑1563) secondo cui, dopo le
parole della consacrazione eucaristica, la sostanza del pane e quella
del vino continuerebbero ad esistere insieme al Corpo e al Sangue di
Cristo (DS 1652; FCC 9.150). Cf Transostanziazione.
Forma di
preghiera silenziosa in cui la mente e l'immaginazione sono meno attive,
mentre il credente guarda con amore Dio e i divini misteri. Quando la
contemplazione proviene da un esercizio diligente, si chiama « acquisita
». Quando è semplicemente concessa come dono speciale di Dio, si chiama
« infusa». Cf Meditazione; Preghiera.
Caratteristica degli esseri e degli eventi che non esistono o non
accadono per necessità, ma unicamente in dipendenza, in ultima analisi,
da Dio, l'unico Essere che esiste necessariamente.
È il dolore
sincero dei peccati commessi accompagnato dal proposito di non peccare
di nuovo (cf Sal 51; Lc 15,11‑32; 18,9‑14; DS 1676‑1678; FCC
9.236‑9.238). La contrizione è necessaria affinché il sacramento della
penitenza sia valido (cf DS 1451‑1465; 1704; FCC 7.089‑7.091,
8.047‑8.049, 9.218‑9.226, 9.260). Cf Attrizione; Metànoia; Sacramento
della penitenza.
Si chiama
così la riscossa e la reazione della Chiesa Cattolica (dal 1520 circa
alla fine della Guerra dei Trent'Anni nel 1648) alle forze della
Riforma. Il termine, però, è problematico, in quanto notevoli sforzi per
riformare la Chiesa erano stati intrapresi molto tempo prima che Martin
Lutero iniziasse la sua protesta nel 1517. La Spagna era rimasta
praticamente immune dal Protestantesimo, grazie in parte alle riforme
già introdotte dal cardinale Francisco Ximénez de Cisneros (1436‑1517) e
appoggiate dalla Corte di Spagna. In Italia, Girolamo Savonarola
(1452‑1498) era morto per la causa della riforma ecclesiastica. Il
Concilio Lateranense V (1511‑1517) aveva deciso di eliminare gli abusi.
Dopo il trauma provocato dalla protesta di Lutero, le forze riformiste
all'interno della Chiesa Cattolica guadagnarono comunque terreno.
Sorsero nuovi Istituti religiosi come i Teatini, fondati da san Gaetano
(1480‑1547) e da Giovanni Pietro Caraffa che divenne poi Paolo IV
(1476‑1559), e i Cappuccini, fondati da Matteo da Bascio (morto nel
1552). Sebbene la maggior parte dei libri di testo dicano che
sant'Ignazio di Loyola (1491‑1556) abbia fondato l'Ordine dei Gesuiti
per combattere il Protestantesimo, questo non era comunque l'obiettivo
principale quando ricevette l'approvazione pontificia (1540). Egli
mirava piuttosto alla riforma della vita cattolica in Europa e
all'apostolato nelle terre di missione. Più tardi, specialmente con san
Pietro Canisio (1521‑1597), i Gesuiti si impegnarono maggiormente nel
tenere unite nell'unica Chiesa Cattolica la Germania, l'Austria, la
Polonia, l'Inghilterra e altri paesi. In seguito, tra i personaggi
importanti della Controriforma, spiccano: san Filippo Neri (1515‑1595),
san Carlo Borromeo (1538‑1584), san Francesco di Sales (1567‑1622) e
Maria Ward (1585‑1645). Il Concilio di Trento ebbe un'importanza enorme
nel restaurare eo nel riformare un'intera serie di punti dottrinali e di
costumi della Chiesa. Una trattazione completa della Controriforma deve
anche tener conto dell'influsso esercitato dai Collegi dei Gesuiti,
dalla cultura barocca, dalle missioni nelle Americhe, in Asia ed in
Africa, e dai regni di Carlo V (1500‑1558) e di Filippo II (1527‑1598)
di Spagna. Cf Calvinismo; Concilio di Trento; Concilio Lateranense V;
Inquisizione; Luteranesimo; Presbiterianesimo; Protestante; Puritani;
Riforma (La); Tubinga e le sue scuole.
(Gr. «
sofferenza di Dio »).
È una
controversia che durò dal V secolo fino a dopo il Costantinopolitano II
(553) e che riguardava le asserzioni sul Figlio di Dio che soffre e
muore per noi. Siccome Dio in quanto Dio non può soffrire, l'unione
della natura divina e di quella umana nell'unica persona di Gesù Cristo
giustifica la confessione di quei monaci Sciti che in una visita a Roma
verso il 519 dichiararono: « Uno della Trinità ha sofferto ». Giovanni
II tolse ogni ambiguità quando, nel 534, aggiunse « nella carne » come
parte fissa della formula (cf DS 401; FCC 5.012). Cf Communicatio
idiomatum; Concilio Costantinopolitano II; Sofferenza di Dio; Trisagio.
Abbandonare
l'affetto al peccato per ritornare a Dio in un modo che abbracci sia
l'integrità della persona, sia il bene della comunità cristiana. La
conversione è richiesta con la venuta del regno di Dio (Mc 1,15; Mt
4,17). Cf Metànoia.
Cf Cristianità copta.
Si tratta
del modo di classificare gli angeli in nove Cori. Questa classificazione
va ben oltre i dati limitati della Bibbia. È diventata popolare per
opera dello pseudo‑Dionigi, uno scrittore cristiano anonimo del V o VI
secolo. I suoi nove Cori di Angeli furono suddivisi in gruppi di tre: i
Serafini, i Cherubini e i Troni; le Dominazioni, le Virtù e le Potestà;
i Principati, gli Arcangeli e gli Angeli. Cf Angeli; Angeli custodi.
Termine che
indica:
a) il
corpo umano di Gesù;
b) il
Cristo risorto presente nell'Eucaristia;
c) la
Chiesa (o Corpo Mistico di Cristo) costituita da quanti sono incorporati
a Cristo mediante il battesimo e lo Spirito Santo;
d) la
festa celebrata nel rito romano dopo la domenica della Trinità per
onorare il Santissimo Sacramento.1 Cf Chiesa; Santissimo
Sacramento.
Cf Corpo di Cristo.
Una festa
della Chiesa d'Occidente che si celebra il giovedì o la domenica dopo la
Solennità della Trinità e in cui si commemora il dono che Cristo fa di
sé nell'Eucaristia. L'istituzione di questa festa deve molto alla beata
Giuliana di Liegi (morta nel 1258). Cf Corpo di Cristo; Eucaristia;
Santissimo Sacramento.
(Lat. «
Corpo del Diritto Canonico »).
È la
raccolta principale di leggi della Chiesa Cattolica fino a quando il
papa Benedetto XV promulgò il Codice di Diritto Canonico nel 1917. Il Corpus
Iuris Canonici fu composto in sei tappe:
a)
Graziano, un monaco di Bologna del XII secolo creò la disciplina del
diritto canonico col mettere insieme in maniera sistematica leggi
emanate da Concili, da papi e da Padri della Chiesa. Fece questo nella
sua Concordia discordantium canonum (Lat. « Concordanza di canoni
discordanti »), chiamata comunemente Decretum Gratiani (Lat. «
decreto di Graziano ») (1141).
b) Il
papa Gregorio IX (circa 1148‑1241) incaricò il famoso canonista san
Raimondo di Peñafort (1185‑1275) di completare il Decreto di
Graziano. Si ebbe come risultato il Liber decretalium extravagantium (Lat.
« Libro delle decretali non ancora incluse »). Quest'opera fu divisa in
cinque libri e promulgata per autorità del papa.
c)
Bonifacio VIII (circa 1234‑1303) aggiunse un sesto libro nel 1298, il Liber
sextus decretalium.
d) In
connessione con il Concilio di Vienne (1311‑1312), Clemente V
(1264‑1314) aggiunse altre leggi. Queste decretali furono promulgate nel
1317 e sono note come Decretali Clementine.
e) I
decreti dil papa Giovanni XXII (1249‑1334) furono riuniti e pubblicati
come Extravagantes Johannis XXII.
f)
Infine, le Extravagantes communes, o decretali papali emanate tra
il 1261 e il 1471, entrarono nel Corpus Iuris Canonici che fu
riveduto e promulgato dal papa Gregorio XIII (1502‑1585). Cf Codex
Iuris Canonici.
Questo
titolo si applica a Maria per esprimere la sua cooperazione all'opera
della salvezza. Pur rimanendo strettamente subordinata a Cristo che è
l'unica fonte della grazia, Maria coopera all'Incarnazione (Lc 1,26‑38)
e si unisce al sacrificio redentore del suo Figlio sulla croce (Gv
19,25‑27) (cf DS 3370; FCC 5.032). Cf Eva; Incarnazione; Nuova Eva;
Redenzione; Riscatto.2
Con questo
termine, i Calvinisti affermano che gli esseri umani sono stati
radicalmente corrotti dal peccato originale. Cf Caduta (La);
Calvinismo.
È la
capacità di valutare e scegliere il proprio agire in base alla legge che
Dio ha scritto nei nostri cuori (Rm 2,12‑16). La coscienza non va
identificata semplicemente con la legge di Dio, perché può venire meno
alla guida dello Spirito Santo per scrupolosità, o lassismo, o
insensibilità. Cf Cuore; Teologia Morale.
È
un'espressione forgiata da Bernard Lonergan (1904‑1984) per descrivere
come la cultura condizioni la conoscenza nel suo progredire da una
conoscenza ingenua ad una conoscenza filosofica. La coscienza classica è
una forma sviluppata di conoscenza che ritiene una cultura come
normativa e criterio supremo per giudicare le altre esperienze e
espressioni culturali. Dopo aver dominato per parecchi secoli in
Occidente, la coscienza classica ha ceduto il posto a una coscienza
pluralistica, che è più descrittiva che normativa. In teologia, ciò
vuol dire che molte risposte classiche, anche se non sono
necessariamente invalidate, non possono più essere conservate come
interpretazioni esclusive della fede cristiana. Cf Metodi in
teologia; Pluralismo.
(Gr. «
mondo », « ornamento »).
L'universo
nel suo complesso ordinato. Nel NT, la parola « cosmo » può indicare
semplicemente le forze che reggono il nostro mondo (Gal 4,3), oppure il
mondo in quanto ostile a Cristo (Gv 1,10). Nella teologia orientale, per
cosmo si intende la bellezza del creato contrapposta alla bruttezza
causata dal caos (cf Gn 1,1-2,4). Cf Doxa; Mondo; Teologia della
bellezza.
Interpretazione sistematica dell'universo nella sua origine
fondamentale, nella sua natura, nel suo ordine e nel suo fine. Cf Argomento
cosmologico; Creazione; Escatologia; Protologia.
Cf Concilio costantinopolitano.
Cf Concilio di Costanza.
Tutto ciò
che non è Dio e che dipende nell'esistenza da Dio. Mentre tutte le
creature partecipano della bontà divina (Gn 1,31), gli esseri umani sono
stati creati ad immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26‑27) e si
realizzano pienamente con l'amare sinceramente Dio e il prossimo. Cf
Immagine di Dio.
L'atto con
il quale Dio con libertà sovrana e dal nulla ha dato vita e conserva
nell'essere tutto ciò che esiste (DS 800; 3002; FCC 6.060, 3.019). La
Bibbia è meno interessata al punto iniziale che al prodotto finale della
creazione: l'universo creato per la gloria di Dio (per es., Is 43,7; Sal
8; cf DS 3025; FCC 3.025). Cf Causalità; Contingenza; Deismo;
Evoluzionismo; Panteismo.
a) È la
dottrina secondo cui ogni anima umana è creata direttamente da Dio (cf
DS 3896; FCC 3.033) e non è generata dai genitori, come vorrebbe il
traducianesimo.
b) Il
creazionismo (chiamato in questo caso anche « fissismo ») è la teoria
che si oppone all'evoluzionismo. Secondo il creazionismo, o fissismo, i
racconti del Genesi vanno intesi in maniera fondamentalista, cioè, alla
lettera: il nostro universo è venuto all'esistenza mediante una serie di
interventi divini ben separati. Cf Anima; Evoluzionismo;
Fondamentalismo.
Cf Simbolo apostolico; Simbolo
atanasiano.
Cf Confermazione.
Nella
Chiesa d'Occidente, indica l'olio che il vescovo consacra (assieme ad
altri oli) il Giovedì Santo durante la Messa del Crisma al mattino. È
composto comunemente di una mescolanza di olio d'oliva e di balsamo;
viene usato nel battesimo e nella cresima, per consacrare presbiteri,
vescovi, chiese e altari. Nella Chiesa d'Oriente, questo olio è chiamato
myron (Gr. « olio per ungere »). La « crismazione » corrisponde a quello
che la Chiesa Latina chiama sacramento della Confermazione. Cf Unzione.
È la
religione di coloro che fanno parte delle Chiese e comunità cristiane.
Cf Farsi cristiano.
I seguaci
di Cristo. Questo termine fu usato per la prima volta ad Antiochia di
Siria (At 11,26).
Termine
usato da Karl Rahner (1904‑1984) per designare coloro che sono salvati
dalla grazia di Cristo, anche se (non per colpa loro) rimangono non
battezzati e fuori dalla comunità cristiana (cf LG 16 e GS 22). Il
Rahner sviluppò questa espressione e questa tesi alla luce della volontà
salvifica universale di Dio (1 Tm 2,4). Cf Chiesa; Salvezza.
ome che si
dà comunemente ai cristiani che appartengono alla tradizione liturgica,
canonica, spirituale e teologica che si formò quando, nel 330,
Costantino il Grande trasportò la sua capitale da Roma a Bisanzio sul
Bosforo e cambiò il nome di questa città in quello di Costantinopoli.
a) Bizantini
Greci. Rivendicando, a partire dal 381 e soprattutto nel 451, una
posizione seconda soltanto a Roma, Costantinopoli divenne il centro
indiscusso per la maggioranza dei cristiani dell'Oriente. Nel 1054, il
suo patriarca e i legati del papa si scomunicarono reciprocamente. Dopo
che i turchi espugnarono la città nel 1453, i patriarchi hanno
continuato a godere un primato di onore su tutti gli Ortodossi
Orientali. Nel 1965, il papa Paolo VI e il patriarca Atenagora tolsero
reciprocamente la scomunica che comunque era stata spesso ignorata.
b) Cristiani
Bizantini‑Slavoni. Sono quei cristiani di tradizione bizantina che
nella loro liturgia usano lo slavone della Chiesa antica anziché il
greco. Ci sono Chiese in comunione con Costantinopoli (per es., i Russi,
gli Ucraini, i Serbi, i Bulgari, i Ruteni, ecc.), e controparti che sono
in comunione con Roma. La missione dei santi Cirillo e Metodio nell'863
diede inizio alla conversione al cristianesimo dei popoli slavi. Cirillo
escogitò un alfabeto per la vecchia Chiesa slavonica, il Glagolitico,
sostituito poi dall'alfabeto « cirillico », non creato dal santo, ma che
da lui prese il nome, e che è tuttora in uso. Col battesimo del principe
Vladimiro di Kiev nel 988, il cristianesimo divenne la religione
ufficiale della Rus'di Kiev.
c) Altri
cristiani bizantini. Oltre ai bizantini di lingua greca e quelli di
lingua slava, ci sono parecchi altri gruppi etnici che comprendono i
Georgiani, alcuni Arabi e, più consistenti, i Rumeni che oggi
costituiscono la seconda grande Chiesa ortodossa. Cf Chiese
Orientali; Concilio di Calcedonia; Concilio Costantinopolitano I;
Ruteni.
Cf Cristiani Malabarici.
Sono gruppi
di cristiani di rito orientale che risiedono nel Kerala (Sud‑Est
dell'India). Sono noti come « cristiani di san Tommaso », in quanto
ritengono di essere stati convertiti dall'apostolo san Tommaso e
venerano la sua tomba nei pressi di Madras. Anticamente, facevano parte
di quella che ora è chiamata la Chiesa (Assiriana) dell'Oriente, ma che
era spesso nota come Chiesa nestoriana o caldea, o Chiesa Siriana
Orientale (= Oriente dell'impero bizantino). Quando i Portoghesi
giunsero in India, nel XVI secolo, i cristiani malabarici rinunciarono
alla loro unione col patriarcato di Mesopotamia e abiurarono gli errori
nestoriani nel Sinodo di Diamper nel 1599. Però, la latinizzazione del
loro rito portò molti a separarsi da Roma. Sorsero così tre comunità
principali:
a) un
gruppo si staccò da Roma nel 1653 e si unì alla Chiesa Siriana
Ortodossa. È tuttora conosciuto da molti come la Chiesa Giacobita e usa
la liturgia siriana‑occidentale;
b) un
gruppo si staccò da Roma nel 1652, ma ritornò nel 1662. Con leggere
modifiche, fu loro permesso di usare la Liturgia nestoriana di Addai
e Mari, caratterizzata dalle parole piene dell'epìclesi e
dall'assenza delle parole dell'istituzione;
c) un
gruppo di Giacobiti si unirono a Roma nel 1930 e formarono la Chiesa
(dell'Unione) Malancarese. Malankar è un altro nome che indica il
Kerala. Hanno conservato la loro antica liturgia siriana e l'hanno
tradotta in Malayalam.
Cf Chiesa
Apostolica assiriana d'Oriente; Epiclesi; Liturgia; Monofisismo; Rito.
Nome
collettivo dato ai criastiani, ai paesi cristiani e all'influsso
culturale e religioso del cristianesimo.
È uno Stato
diviso oggi tra la Turchia, l'ex Unione Sovietica e l'Iran. L'Armenia fa
risalire la sua evangelizzazione agli apostoli Taddeo, Bartolomeo,
Simone e Giuda. Sebbene il cristianesimo sia arrivato alla fine del I
secolo, tuttavia la fondazione certa di questa cristianità va attribuita
a san Gregorio l'Illuminatore (circa 260 ‑ circa 328). Egli convertì il
re che proclamò il cristianesimo religione di Stato nel 301. Era la
prima volta che succedeva una cosa del genere. La guerra impedì
all'Armenia di mandare delegati al Concilio di Calcedonia (451). Rimase
unita a Costantinopoli fino al 518 quando questo patriarcato finì per
accettare Calcedonia. Dopo questa data, l'Armenia rimase non
calcedonese. Durante le Crociate (1198) e nel Concilio di Firenze
(1439), fu raggiunta un'unione temporanea con Roma (cf DS 1006‑1020;
1310‑1328; 1344‑1345; FCC 9.002‑9.005, 9.044‑9.047, 9.084‑9.086,
9.128‑9.131). Nel 1743, una parte della Chiesa Armena riconobbe il papa
(cf DS 1534; FCC 8.067). Il suo primate, o Catholicos, risiede
nel Libano. Cf Chiese Orientali; Concilio di Calcedonia; Concilio di
Firenze; Monofisismo.
(Arabo:
« qubti », dal Gr. per « egiziano »).
È quella
Chiesa che fa risalire le sue origini all'evangelista Marco il quale
avrebbe subìto il martirio ad Alessandria nel 68 d.C. Verso la fine del
II secolo, questa Chiesa assunse una sua identità propria e dopo il
Concilio di Calcedonia (451) proseguì per la sua via col conservare una
forma verbale di monofisismo. Da quando l'arabo è diventato la lingua
del luogo, il copto, una forma tardo‑antica della lingua egiziana, è ora
usato soltanto nella liturgia. Grazie agli sforzi per una comunione più
ampia, una Chiesa copta che riconosce Roma è sorta verso la fine del
XVIII secolo (cf DS 1330‑1353; FCC 6.072‑6.075; 2.004‑2.005; 7.027). Il
compito che hanno da affrontare tutti i Copti è quello di mostrare come
la loro forma di cristianesimo, ricco di monachesimo e di letteratura,
può contribuire a contrastare il predominio dell'Islamismo in Egitto. Cf Chiese
Orientali; Melkiti; Monofisismo; Ortodossi Orientali.
Fondata da
due Siriani, san Frumenzio e Edesio, la Chiesa etiopica finì sotto il
patriarca di Alessandria quando Frumenzio fu consacrato vescovo da
sant'Atanasio di Alessandria. Il cristianesimo divenne presto religione
di stato, con la capitale religiosa ad Axum e un metropolita o « abuna »
(« padre nostro »). Mediante il collegamento egiziano e i « Nove Santi »
probabilmente monaci siriani che erano venuti in Etiopia perché erano
contrari al Concilio di Calcedonia (451), la Chiesa etiopica divenne non
calcedonese in modo pacifico. L'unione raggiunta con Roma nel Concilio
di Firenze (1442) fu di breve durata (cf DS 1330‑1353; FCC 6.072‑6.075;
2.004‑2.005; 7.027). La conversione dell'imperatore al cattolicesimo nel
1621 finì con la sua abdicazione nel 1632. Nel secolo XX, l'imperatore
Hailè Selassiè riformò la Chiesa e promosse l'instaurazione di un
patriarcato etiopico indipendente nel 1959. Il patriarcato Orientale
Ortodosso di Alessandria ritiene di avere un primato d'onore sulla
Chiesa etiopica. La cristianità etiopica orientale è caratterizzata da
certi elementi giudaici, come la pratica della circoncisione e
l'osservanza del sabato. La lingua usata per la liturgia è il classico
Ge'ez. Un piccolo gruppo di cristiani etiopici in comunione con Roma
forma la Chiesa Cattolica Etiopica, usa il rito etiopico, e, a partire
dal 1961, ha la sua sede metropolita in Addis Abeba. Cf Autocefalo;
Chiese Orientali; Concilio di Calcedonia; Cristianità copta;
Monofisismo; Ortodossi Orientali.
Cf Messia.
È la
focalizzazione sistematica di tutta la teologia e della vita devozionale
sulla persona e l'opera di Gesù Cristo.
Espressione
che vuole indicare il divario che esiste tra i risultati provenienti da
uno studio puramente storico di Gesù e la posizione della fede che
accetta Gesù come Figlio di Dio e Salvatore del mondo. Cf Gesù
Storico.
(Gr. «
manifestazione dell'Unto »).
La
rivelazione di Gesù come l'Unto di Dio, o Messia. Ciò accadde non solo
nel battesimo di Gesù nel Giordano (Mt 4,16‑17; Mc 1,9‑11; Lc 3,21‑22) e
nella sua Trasfigurazione sul Monte Tabor (Mt 17,1‑13; Mc 9,2‑8; Lc
9,28‑36), ma soprattutto nelle apparizioni pasquali. Cf Apparizioni
del Signore risorto; Messia; Trasfigurazione; Unzione.
È
l'interpretazione teologica di Gesù Cristo che approfondisce chi e che
cosa è Gesù in sé per coloro che credono in lui. In modo meno
sistematico, il NT contiene già vari approcci cristologici a Gesù. Cf Cristologia
funzionale; Soteriologia; Unione ipostatica.
Tipo di
cristologia che si sviluppa da un approfondimento della storia umana di
Cristo, specialmente come viene presentata dai « Vangeli sinottici ». Cf Teologia
antiochena; Cristologia del Logòs; Anthropos.
Tipo di
cristologia che viene sviluppato dal tema del Verbo o Figlio di Dio,
preesistente, che scese nel nostro mondo (Gv 1,14). Cf Cristologia
del Lògos‑Sarx; Teologia Alessandrina.
(Gr. «
Parola‑uomo »).
Si chiama
così una cristologia dal basso, caratteristica di Teodoro di Mopsuestia
(circa 350‑428) e della Scuola di Antiochia, interessata a difendere la
piena umanità di Gesù Cristo. Siccome gli Antiocheni partivano dalla
dualità delle nature (la piena natura umana di Cristo e la sua natura
divina), dovevano affrontare la questione: Come la divinità e l'umanità
di Cristo sono unite nell'unico soggetto agente? La loro cristologia
poteva deviare abbandonando la reale unità di Cristo e finendo con
l'ammettere due soggetti: il Verbo assumente e l'uomo Gesù che è
assunto. Cf Concilio di Calcedonia; Cristologia dal basso;
Nestorianesimo; Teologia alessandrina; Teologia antiochena.
Una
cristologia « dall'alto », caratteristica di Origene (circa 185 ‑ circa
254) e di san Cirillo di Alessandria (morto nel 444), centrata sul Lògos che,
preesistente da tutta l'eternità, scese nel mondo. La scuola
alessandrina riuscì generalmente a conservare la divinità genuina e la
vera unità di Cristo come unico soggetto agente. Per alcuni
Alessandrini, il punto più serio stava nel mostrare la sua umanità reale
e affrontare la questione: Come ha potuto la Parola eterna di Dio
assumere un modo di agire genuino e pienamente umano? Riguardo alla
cristologia del Lògos‑sarx nel suo rapporto con la cristologia
del Lògos‑ànthropos, Alois Grillmeier (nato nel 1910) ha messo in
evidenza che non è possibile identificarle rispettivamente con la
cristologia alessandrina e quella antiochena, in quanto ci sono casi
discordanti di non lieve importanza. Cf Concilio di Efeso;
Neo‑Caleedonesimo.
Si
distingue dalla « cristologia ascendente ». La cristologia « discendente
sottolinea la divinità di Cristo. Questa distinzione non va confusa con
un'altra distinzione: cristologia implicita e cristologia esplicita. Cf Cristologia
dall'alto; Cristologia dal basso.
Una
cristologia che si concentra sull'attività salvifica di Cristo e in
questo modo coincide largamente con la Soteriologia. Tuttavia, implica
necessariamente una cristologia ontologica che consideri chi e che cosa
Cristo è in se stesso. Cf Cristologia; Soteriologia.
Si chiama
così la ricerca moderna di una comprensione più ricca della Bibbia
seguendo, da parte degli studiosi, vari approcci. La critica testuale
cerca di stabilire, fin dove è possibile, le parole originali della
Scrittura. La critica storica si propone di chiarire la data, il primo
contesto e l'intento di ogni libro biblico, servendosi dell'apporto di
altre scritture e fonti esterne, come possono essere i reperti
archeologici e la letteratura extra‑biblica. La critica delle forme
analizza e classifica i generi del linguaggio e dello scritto biblico
(per es., le parabole e i racconti di miracoli). La critica delle
tradizioni indaga sul modo con cui sono entrate nei libri della Bibbia
le tradizioni orali e scritte così come le possediamo ora. La critica
delle redazioni studia:
a) le
motivazioni e i propositi degli autori biblici nel pubblicare le
tradizioni ereditate e
b) il
significato e il messaggio che desideravano trasmettere ai loro
specifici destinatari.
La
critica letteraria tratta del valore e dell'impatto dei testi biblici in
quanto opere di letteratura (cf DS 3829‑3831; FCC 2.069). Cf Ermeneutica;
Parabola; Quelle; Redaktiongeschichte; Sensi della Scrittura; Vangeli
sinottici.
Cf Critica biblica.
Segno
cristiano caratteristico, che esprime la morte di Cristo per la nostra
salvezza ed è usato da Paolo per sintetizzare il suo messaggio (1 Cor
1,17‑18). La festa dell'Esaltazione della Santa Croce il 14 settembre,
la venerazione della Croce il Venerdì Santo, il segno di croce e, nella
tradizione latina, le Stazioni della « Via Crucis », sono alcuni dei
tanti modi per ricordare la morte di Cristo in croce. Inoltre, la croce
è sempre ricordata e ri‑presentata mediante i sacramenti della Chiesa.
Cf Icona; Theologia Crucis.
Spedizioni
militari intraprese dai cristiani d'Occidente per liberare dalla
dominazione islamica la terra dove Gesù visse e morì. Tra il 1096,
quando Pietro l'Eremita predicò la prima Crociata, e il 1270, quando
quella che è comunemente considerata l'ultima Crociata terminò con la
morte di san Luigi IX, ci furono cinque Crociate principali. Le
spedizioni dei cristiani contro i Turchi continuarono nei secoli
successivi. Le Crociate hanno acceso la fantasia di scrittori e pittori,
ma i loro effetti negativi hanno prodotto una frattura profonda tra
l'Oriente e l'Occidente. Nel 1204, quando i Crociati saccheggiarono
Costantinopoli e fondarono l'Impero e il Patriarcato Latino, fu messo
praticamente il sigillo allo scisma tra Roma e Costantinopoli. D'altra
parte, è un fatto che le Crociate favorirono i contatti culturali. Cf Aristotelismo;
Cristiani bizantini; Scisma.
Adorazione
di Dio che si esprime nella lode, nel ringraziamento, nell'offerta di
sé, nel pentimento e nell'impetrazione di grazie. Il culto personale di
Dio può avvenire dovunque e in ogni tempo (Gv 4,21‑24). Il culto
cristiano pubblico è la liturgia che è centrata su Cristo, il quale come
Sommo Sacerdote ha offerto per la nostra salvezza il sacrificio della
Nuova Alleanza (Eb 4,14-10,25). Il nostro culto consiste nel partecipare
all'atto sacerdotale di Cristo per la nostra salvezza (SC 7) e questo
comporta il sacrificio vivente della nostra esistenza quotidiana (Rm
12,1). Cf Adorazione; Alleanza; Iperdulìa; Liturgia; Liturgia delle
Ore; Pasto cultuale; Preghiera impetratoria; Sacerdoti; Sacrificio;
Virtù della penitenza.
Per la
Bibbia, è il centro interiore della conoscenza, dei sentimenti e delle
decisioni dell'uomo (Is 65,14; Ger 24,7; Lc 2,19). Il cuore è la sede
dei pensieri buoni e cattivi (Mc 7,21; Lc 6,45), e può essere la sede
della sapienza (1 Re 3,12) e lo strumento della fede (Rm 10,10). Lo
Spirito Santo abita nel cuore dei giustificati (Rm 5,5). Questo tema è
sviluppato dai Padri ed è tuttora un concetto fondamentale per
l'antropologia orientale. La Scolastica occidentale, pure apprezzando il
valore biblico del termine, lo ritenne tuttavia troppo generico e
preferì esprimersi in termini di facoltà dell'anima (intelletto,
volontà, passioni). Cf Antropologia; Cardiognosi; Esicasmo; Preghiera
del cuore; Preghiera di Gesù; Sacro Cuore; Scolastica.
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